Carissima
Formica!
Sono
veramente sconcertato! Non solo non mi consoli, anzi, sembra quasi
che tu dia ragione a quel coccodrillo, giustificando il suo
comportamento!
E
io che mi aspettavo da te almeno un po’ di solidarietà!
Certo,
si sa che i coccodrilli amano sbranare gazzelle e compiere altre
nefandezze simili, ma da che mondo è mondo esiste uno strumento per
evitare che la propria natura straripi oltre i limiti della civiltà:
l’educazione! Ci sono cose che si fanno e altre no!
A
questo servono certi libri! A far comprendere a quali parti di sé
lasciar spazio, e quali invece chiudere (a mio parere saggiamente) in
un cassetto per dimenticarsene. Mi parli di coccodrilli che si
permettono di mangiare pulcinotti e di altri così sconsiderati da
non voler condividere il loro fiume con un uomo, ma lasciami dire che
questo non ha proprio nulla di educativo!
Nei
libri che ho letto io, il coccodrillo non fa queste cose!
Mi
viene in mente ad esempio Guij Guij, scritto e illustrato da
Chih-Yuan Chen1,
in cui non si sa come il coccodrillo Guji Guji finisce per nascere in
una famiglia di papere. Ebbene, quando una volta cresciutello si
trova di fronte a dei suoi simili intenzionati a mangiarsi la sua
famiglia, egli non ci mette molto a decidere che cosa fare. Non
riconosce come propri nessuno degli istinti predatori che sembrano
dominare quelli della sua specie, respinge in toto la possibilità di
essere come loro! Non solo, ma si adopera per sgominare la loro
banda. Lui sì che aveva ricevuto una buona lezione e aveva sconfitto
la parte più deteriore della sua natura.
Certo un coccodrillo innocuo è comodo per me che sono
uno scoiattolo… ma te ne devo dare atto: che tristezza un
coccodrillo che non può permettersi di essere un coccodrillo! Tanto
più quando a distrarlo dalla sua voce interiore sono la buona
educazione, i modelli da imitare, o lo sguardo giudicante della
società che sempre lo preferirà buono e giusto e innocuo…o magari
le aspettative di mamma e papà.
Ad
esempio in Mangerei volentieri un bambino2
i genitori del piccolo coccodrillo Achille fanno di tutto per
distoglierlo dall’intenzione di mangiare un bambino. Gli offrono
torte al cioccolato, squisite e succose salsicce e un casco di
dolcissime banane, sembrano tanto premurosi eppure, a ben vedere, non
ascoltano mai il proposito chiaro e determinato di Achille…il
quale, dopo alcune avventure in riva al fiume con una bambina troppo
grande (per ora) e dopo essere sceso a patti con le banane per
diventare grande, riesce a ribadire le sue più irriducibili
intenzioni solo nell’ultima pagina, in cui i genitori sono assenti.
Quanto
dovrà aspettare il piccolo Achille per essere libero di mangiare un
bambino? Riuscirà ad attraversare indenne l’età dell’educazione
o il suo desiderio di mangiare un bambino sarà schiacciato da monti
di banane che lasceranno sulla pagina sempre meno spazio per lui?
Perché
sai Formica…forse davvero l’educazione che si vuole impartire
proprio ai coccodrilli e ai lupi e a tutte le creature selvagge non è
che il desiderio imperioso dei grandi di calmierare un istinto, una
natura che potendo esprimersi anche da sola, li renderebbe superflui.
Ed è forse proprio per questo che Guji Guji non può accettare la
somiglianza con i suoi simili e Achille deve imparare a tenere a bada
il suo indecente appetito nascosto in angolino del libro…
La
natura sussurra con una voce segreta inequivocabile e ai bambini
dovrebbe essere garantito anche questo per diritto...la possibilità
di sentire la propria natura e di pronunciarla, quale essa sia.
E
se c’è una cosa che mi fa arrabbiare più di un coccodrillo
affamato, sono le persone che non sanno ascoltare.
Ma
tu sei Formica, e sai ascoltare benissimo
Scrivimi
presto
Scoiattolo
PS.
Avevo letto un buffo libro, in cui una signora era accecata dal suo
desiderio di avere un gatto remissivo e coccolone di cui disporre
liberamente, da non vedere la natura fiera del gatto irriducibile che
le era toccato in sorte… Eppure quel gatto trionfava, e la sua
natura non smetteva di sussurrare in lui nemmeno per un attimo….3
Ti
chiedi una cosa che mi colpisce, Scoiattolo: quanto spazio sulla
pagina vien lasciato a chi vuole seguire la propria natura?
Stai
pensando ai libri che piacciono a noi, a quei libri che finiscono in
piccole mani e piccole zampe, a quei libri che dovrebbero contribuire
a costruire una corretta idea del mondo per chi del mondo è nuovo,
giusto?
Hai
ragione, sono rari, ma esistono.
Un
lungo muso di lupo, in primissimo piano, letteralmente compresso tra
i margini della pagina, squadra il lettore, come a dire: ehi tu,
guardiamoci negli occhi e non diciamoci bugie.4
Io
sono un lupo, sono nato nel bosco: "il bosco è la mia casa.
Dentro c'è tutto quello che mi serve per vivere: papere, maialini,
cerbiatti e altre golosità. Molti dicono che sono cattivo, ma la mia
non è malvagità. Noi lupi siamo fatti così. È nella nostra natura
mangiare altri animali. Non possiamo farci niente."
Questo
lupo sente forte il bisogno di dirlo al suo lettore perché sente il
peso del suo giudizio. Lui, il lupo, consapevole e abituato alla
preconcetta visione che si ha di lui. Da Cappuccetto rosso in poi per
il lupo è sempre stato molto difficile farsi accettare per quello
che è.
Però
però però, caro Scoiattolo, la prima volta che lui assurge agli
onori della cronaca fiabesca, ovvero quando Perrault ne scrive per le
dame di corte, il giudizio sembra circoscritto alla sua innata
pericolosità.
A
ben guardare, l'unica cosa che di lui si racconta è che nella sua
indole c'è l'istinto di predare. Non è forse la verità? E se il
pranzo o la cena sono una vecchia donna e una bambina, dipende dal
fatto che Perrault, in chiave metaforica, gliele mette sul percorso
per dimostrare che il mondo per le giovani donne può essere pieno
di insidie...
Il
lupo è chiamato dentro le fiabe a rappresentare il pericolo della
ferocia.
Perrault
si serve di lui per poter dimostrare che chi 'sconfina' nel suo
territorio, chi decide di attraversare il bosco, lo fa a proprio
rischio e pericolo.
Cappuccetto
Rosso, non prendere la strada del bosco, perchè c'è il lupo che è
pericoloso...
Solo
in un secondo momento è arrivato il cacciatore, mandato tra quegli
alberi dai fratelli Grimm, a fare giustizia, la giustizia degli
uomini che tutto vuole governare. Lo scopo filantropico dei fratelli
tedeschi è quello di tranquillizzare i piu' piccoli, dicendo loro
che comunque, pur avendo 'sgarrato', a casa sani e salvi si torna
sempre.
Mangiare
per autentica fame una nonna e una bambina che ha preso la strada
vietata diventa reato, e se il reo è il lupo, tocca a lui pagare il
fio.
Fucilata
e via.
E
il lupo da feroce diventa mostro.
Ah,
anche da Formica, sai quanto mi ci arrabbio ogni volta a
ripensarci...
Ma
fammi tornare al punto di partenza: in In bocca al lupo la
scelta, o forse sarebbe meglio dire la consapevolezza, di quello che
si è costituisce il primo snodo del racconto. Il secondo snodo è
l'incontro con l'altro, in questo caso, l'altra. L'invaghirsi di
quella bambina dal lungo cappuccio rosso e il successivo e naturale
assecondare il proprio sentire, è al di là di ogni cultura di
appartenenza.
Il
lupo, forse perché selvatico e scevro da ogni condizionamento, non
ha dubbi sul seguire il proprio istinto di amare: lo asseconda e si
concede di vivere questa nuova condizione accanto a quella primigenia
dell'esser lupo.
Scontando
fino in fondo la propria meravigliosa ingenuità.
Assecondare
ciò che si è - qualunque cosa si decida di essere - non è
esercizio facile nella vita vera e, anche nei libri, di rado trovi
storie che ragionino di questo.
Però
però però, caro Scoiattolo, ora che ci penso, un libro ci
sarebbe...
Lafcadio,
il leone che mirava in alto 5 proprio
da ciò prende l'avvio per arrivare a una conclusione piuttosto
inaspettata che non ti voglio anticipare.
Ti
basti sapere che il giovane leone nella savana, dopo aver mangiato un
cacciatore piuttosto incapace e parecchio autoreferenziale, ne
eredita il fucile. Come spesso accade, è il caso che cambia il corso
di una vita. Così Lafcadio nella savana in mezzo ai leoni
infastiditi con quel fucile si allena e si allena, fino a diventare
il miglior tiratore del mondo.
E
qui viene il meglio. Nonostante il branco degli altri leoni gli
ricordi la sua natura, la sua appartenenza al mondo dei grandi felini
predatori, lui decide di non farsi condizionare e di essere
qualcos'altro (al di là di quello che tutti possono pensare di lui):
per l'appunto un gran tiratore. Il migliore.
Sai
cosa significa questo? Una lenta ma inesorabile trasformazione di un
leone in un essere umano. Non sono forse loro gli unici a usare i
fucili su questa terra?
Tua
Formica disarmata, per ora...
1Chih-Yuan
Chen, Guji Guji (testo italiano A. Stoppa), Bohem Press 2015
2S.
Donnio, D. De Monfreid, Mangerei volentieri un bambino (trad. F. Rocca), Babalibri
2012
3L.
Segal, P.O. Zelinski, La storia della Signora Filadritto e del gatto
Pussavia (trad. B. Lazzaro), Donzelli 2016
4F.
Negrin, In bocca al lupo, Orecchio acerbo 2003
5S.
Silverstein, Lafcadio. Il leone che mirava in alto (trad. E.
Fantasia), orecchio acerbo 2009
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