Caro il mio Scoiattolo
pieno di dubbi e di domande.
Scusa, ma mi pare che
nella tua testolina regni una gran confusione.
E forse è giusto che
sia così.
Io, da parte mia, credo
che tutto debba passare per la cruna dell'ago.
Io riprenderei il
discorso dalla ghianda che contiene in sé la quercia... sarà per
deformazione professionale?
Non posso che darti
ragione: ognuno di noi contiene in sé una buona parte di sé, il
resto è educazione, condizionamenti, esperienze e molto altro
ancora.
Se così stanno le
cose, è compito di ognuno imparare a convivere con il proprio sé,
ovvero, passare per la cruna dell'ago.
Ti racconto brevemente
la storia letta in un libro pazzesco con un solo tratto nero che
disegna ogni cosa sul bianco del foglio.1
È la storia di uno che era convinto di non essere completo. Per
questo motivo decide di cercare il suo spicchio mancante.
Alla fine lo trova,
sai? Eppure, nonostante la momentanea gioia, la convivenza fin
dall'inizio si rivela difficile, a tal punto che il pezzo 'mancante'
viene di nuovo abbandonato e lasciato al suo destino. Questo è per
dirti che spesso le convenzioni e gli stereotipi sono d'impaccio per
la felicità delle creature semplici.
Il voler essere a tutti
i costi belli e perfetti si nutre e cresce su stereotipi e
convenzioni, o no?
Portando con sé il
pezzo mancante, quel poveretto non poteva più cantare, guardarsi
intorno, fare le cose con calma, annusare il profumo dei fiori.
E allora, meglio essere
imperfetti che infelici. Accettarsi per ciò che si è, con un pezzo
che manca.
Ed ecco la cruna si fa
ancora più stetta.
Sta a sentire, però,
perché la storia non finisce qui. Questo libro ha un seguito, anche
questo con un solo segno nero che attraversa le pagine candide.2
Rammenti il pezzo abbandonato, quello che poteva essere il pezzo
mancante di qualcuno ma non lo è stato? Bene, lui al momento, causa
l'essere stato abbandonato, causa la sua crescita inaspettatata, vive
una profonda crisi di identità.
Sta lì pieno di angoli, lui che
invece vorrebbe essere tondo (ha visto la rotondità e gli è
piaciuta).
Come è capitato
all'Orso che non c'era, anche lui nell'incontro con l'altro trova un
po' di risposte e forse anche la soluzione dei suoi problemi.
Qui, giovane amico mio,
la cruna dell'ago, come ti dicevo, si stringe: non si tratta di
accettare se stessi, ma piuttosto di lavorare su se stessi al punto
di arrivare a essere altro.
"Ealzaespingiesbattiealzaespingiesbatti"
tu come credi che sia andata a finire?
Sto divagando? Vuoi che
torni ai lupi di partenza? Lo posso fare sai, perché conosco bene
la storia di un altro che - "Ealzaespingiesbattiealzaespingiesbatti"
- da cane si è fatto lupo. Avrai letto la storia di Buck, suppongo.3
Parrebbe che quel
cagnone lo faccia per necessità: la ferocia del branco da cui
difendersi, la lotta per la sopravvivenza, la fame (vedi che torna?).
O molto più
sottilmente, deriva dalla capacità di questo intelligente cane di
dare ascolto a quella parte di sé che la vita sociale accanto
all'uomo in lui aveva quasi del tutto soffocato?
Non è forse un
richiamo che sente verso la Wilderness?
Ti ricordi Rex, il
piccolo cane che era lacerato da due impulsi "l'impulso
innato di cacciare e uccidere, e l'arcano, secondario, tardivo
impulso di amare e obbedire" ? Ecco, anche qui, con il
possente cane Buck, succede la medesima cosa.
È la natura che si fa
consapevolezza.
Scusami, ma non posso
resistere e non citarti un altro fantastico esempio di 'richiamo',
ovvero di natura che prende il sopravvento al di là di ogni
convenzione sociale.
Tu che sei animale del
profondo Nord conoscerai il mito della donna foca che, ambivalente
per natura, vive nel mare con il suo branco e solo nelle notti di
luna piena arriva a terra per ballare al suo chiarore, spogliandosi
della sua pelliccia.
Abbandona su una roccia il vessillo del suo
essere selvatico, la pelle di foca, che un contadino, colpito dalla
bellezza della donna, trova e nasconde. Lo fa per amore - di nuovo
l'amore, accidenti - e tiene con sé la fanciulla.
Dopo la disperazione
iniziale, insieme mettono su famiglia e il lato ferino della donna
sembra dimenticato, sopito. Fino al giorno in cui suo figlio ritrova
per caso la pelle rubata e scomparsa...
Ti mostro la versione
che ne ha dato un genio dell'illustrazione, Nicholaus Heidelbach.4
Dai Scoiattolo, la fine
la puoi intuire. E se non la immagini, vai e documentati (parti dalla
parola Selkie e poi vai sempre diritto).
Io nel frattempo vado
diritto a letto e mi schiaccio un pisolino.
Formica
Carissima
Formica…
Ti accorgi
che quando si parla di consapevolezza si parla anche di viaggio? Come
se afferrare la natura e farla propria fosse possibile solo tramite
uno spostamento, un cambio di contesto essenziale per prendere
coscienza di cose prima invisibili. Così è stato per l’Orso che
non c’era, per il cerchio del Pezzo mancante e anche per Buck.
Quando
citi Buck, e io ho la tentazione di non dire più nulla al suo
cospetto, tanto grande è stato il suo cambiamento, tanto grande la
sua consapevolezza. Anzi no, qualcosa potrei dire…
L’evoluzione
di Buck, cara amica, prende l’avvio da avvenimenti non dipendenti
da lui. Non sappiamo mai quanto siamo alti finché qualcuno non ci
chiede di alzarci diceva una poetessa5,
e sicuramente Buck ha scoperto di essere Buck perché la sua storia
gli ha imposto di alzarsi.
Cosa
sarebbe stata la vita di Buck senza la scoperta dell’oro o senza
l’intervento del sottoposto col vizio del gioco non possiamo
saperlo, ma sappiamo per certo che alcuni il cambiamento se lo vanno
proprio a cercare.
Mi
hai parlato di crune di
aghi che mi fanno venire in mente i cammelli, e mi sa che uno lo ho
conosciuto anche io… la sua storia era in un libro6:
un tranquillone che lavorava in un circo,
e che si annoiava del tran tran quotidiano. Un bel giorno prende e
decide di andare in città, per cambiare vita,
come Lafcadio.
E quando gli si presenta l’opportunità di lavorare come cavallo
per i giardini comunali, non se lo fa dire due volte. Del resto nulla
gli manca: ha gli zoccoli, quattro zampe un muso con due narici,
proprio come un cavallo. Le gobbe? sono solo il brutto ricordo di un
incidente con due noci di cocco. Il muso tozzo? Solo la scivolata
contro un muro. Ecco, questo cammello trova allegramente il modo di
infilarsi in una esistenza che sente più adatta per sé, ancora
una volta come Lafcadio.
Le regole, le convenzioni sono solo steccati che possono essere
saltati a piè pari per poter essere ciò che si è, anche la propria
storia può subire qualche piccola rettifica!
Sai cosa
penso anche però? Che parliamo tanto di quelli che vanno in cerca di
consapevolezza della propria natura, senza spendere una parola su
quelli che invece decidono
di tornare dopo il viaggio.
Per
fortuna c’è anche chi non dimentica il punto da cui è partito.
Ed è un
altro libro su un
coccodrillo quello a cui penso.7
Cornelio, si chiama, ed è nato che già sapeva camminare su due
zampe, abitudine riprovevole tra i coccodrilli. Nessuna domanda per
lui, ma subito una partenza, un passo via l’altro. E sono incontri,
e cambiamenti, come ad esempio appendersi agli alberi con la coda,
altra cosa disdicevole per i coccodrilli.
E se
questi si ostinano a rifiutare il loro compagno un
po’ fuori dalle righe, (che tra loro non rimane, eh), il
cambiamento fa breccia nelle tradizioni coriacee della sua famiglia,
come se la consapevolezza, il processo di mescolamento tra natura e
cultura, attraverso i più coraggiosi, potesse diffondersi a una
intera società.
Comunque,
comprendo con più facilità chi si imbarca in un processo di
esplorazione di sé quando spinto dalla insoddisfazione. Prendi il
Signor Tigre, ad esempio.8
Se la città era stata una risorsa vitalizzante e liberatoria per il
cammello, per lui è stretta e soffocante. C’è qualcosa nei
disegni che esprime molto bene questa specie di
gabbia in cui è incastrato: sono le linee rette che abbondano sia
per gli edifici sia per gli altri
abitanti. Il disegno è ordinato, regolare, rigido.
Non sono
sbarre esterne e visibili, quelle che condizionano Tigre, ma qualcosa
di più profondo che alla fine si rivelerà irrinunciabile. Infatti,
dopo essere uscito nella selva, finalmente a quattro zampe e senza
vestiti il
Signor Tigre si sente solo, e scopre che
la pura Wilderness non è per lui.
Non solo
di sbarre è fatta la civiltà, infatti, ma anche di relazioni, ed è
proprio dei suoi amici che sente la mancanza. E per loro, torna. Non
è una disfatta: è il trionfo di una consapevolezza matura e
rilassata, che contempla il difficile realizzarsi del compromesso
equilibrato tra natura e cultura. Potete essere voi stessi anche in
mezzo alle regole, sembra dire Tigre, ruggire indossando il frac,
usare il righello e inventare storie.
Adesso
basta però...
So che non
vedi l’ora di leggere le mie parole, sento nell’aria il vibrare
delle tue sottili antenne e non voglio deluderti…
Scoiattolo
P.S.
Senti, ma te la ricordi quella magnifica balena sperimentatrice che voleva farsi crescere un giardino sulla schiena?9
1 S.
Silverstein, Alla ricerca del pezzo perduto (trad. D. Abeni),
Orecchio acerbo 2013
2 S.
Silverstein, il pezzo perduto incontra la grande O (trad.D. Abeni),
Orecchio acerbo 2015
3 J.
London M. Quarello, Il richiamo della foresta (trad. D. Sapienza),
Orecchio acerbo 2016
4 N.
Heidelbach, Wenn ich gross bin, werde ich Seehund, Beltz und Gelberg
2011
5 E.
Dickinson, F1197 - J1176, da Tutte le poesie, Mondadori 1997
6 B.
Friot, G. Tessaro, Io sono un cavallo, Il Castoro 2015
7 L.
Lionni, Cornelio, Babalibri 2010
8 P.
Brown, Il Signor Tigre si scatena, Il Castoro 2017
9 T.
Tellegen, A. Haeringen, Van de tuin van de walvis, Em Querido's
Kinderboeken, Amsterdam 2015
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