lunedì 18 dicembre 2017

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


SERVE BEN POCO ALL'ERBA...

Haiku Poesie per quattro stagioni più una, Silvia Geroldi, Serena Viola
Lapis 2017




POESIA

"Salto le foglie
ma solo quelle gialle.
Cioè quasi tutte. [...]

Raccolgo fiori
e li farò seccare.
Belli per sempre. [...]

Sogno battaglie.
È piena di promesse
la prima neve. [...]

Uova azzurrine.
Dentro il mio rosmarino
quattro prìncipi."


Bambini e bambine, un certo numero di cani, un ragno che è fuori, varie farfalle, il sole, la luna, diversi uccellini, molti alberi, rane, carpe e papaveri: sono loro che abitano le pagine di questo libro.
Talvolta le attraversano a gran velocità, come per esempio i cuccioli che giocano con un bastone e una palla o la bambina che salta le foglie o che capriola sul tappetto di casa, sognando sia un prato.


In altri casi sulla pagina si spande l'acqua di un lago di carpe o di rane assenti, oppure è inondata dal mare o dal volo di farfalle spaventate da un taglia erba.
Il più delle volte però il bianco fa da sfondo al rosso dei papaveri, al viola delle viole, al grigio dell'asfalto, al blu di un lago, al verde dei cespugli. Che sono soprattutto grandi macchie di colore.
Quaranta haiku che raccontano lo scorrere del tempo, delle quattro stagioni e della quinta: l'infanzia, la stagione del gioco.


L'haiku, come quasi tutto ciò che ha radici in Giappone, è un oggetto di precisione. Una opera d'arte bonsai, dove la bellezza è racchiusa in una forma minuscola.
Esatto, votato a un preciso ordine interno, l'haiku è un'espressione artistica fatta di delicatezza e attenzione.
Sommamente semplice nella forma e profondo nel contenuto.
Un meccanismo perfetto, ideato per raccontare - in estrema sintesi - le suggestioni del tempo e della natura. O per meglio dire, della relazione tra i due. L'haiku, nei tre versi che lo compongono e nella scansione ritmata di cinque, sette e di nuovo cinque sillabe (in realtà si tratta di more), nasce in Giappone nel XVII secolo con lo scopo di raccontare in un lampo, in sole tre righe, suggestioni, vibrazioni dell'anima. Di un'anima immersa nella natura, compartecipe.


L'elemento che mi pare più intrigante in un haiku, uno dei suoi caratteri peculiari, è quello di contenere in sé, nonostante la concisione che lo distingue, la possibilità di uno scarto di prospettiva.
Per chiarire cosa si intende, spesso appare citato uno degli haiku più noti, quello di Mizuta Samahide, che dice:
Il tetto si è bruciato:
ora
posso vedere la luna.
E proprio riguardo a questo meraviglioso scarto, repentino cambio di prospettiva nel leggere la realtà,mi pare che il libro di Silvia Geroldi e di Serena Viola, contenga elementi di interesse.
Va detto che non tutti gli haiku di questo libro la assecondano, questa 'deviazione' inaspettata, tuttavia quando essa accade al lettore risulta più semplice e naturale spiccare il proprio volo immaginativo.
In questa prospettiva,gli haiku che aprono questa pagina possono essere esemplificativi.


E se ancora vogliamo ragionare di scarto, possiamo notarne un secondo, altrettanto interessante. Quello che esiste tra testo e immagine.
Laddove il testo -suppongo- è il frutto di un lento lavoro di limatura, di perfezionamento, di ponderazione e riflessione, in sostanza è l'esito di un'operazione di cesello della lingua espressiva, il disegno invece è quanto di più immediato, spontaneo, attivo, estemporaneo si possa immaginare.
Parole scelte e misurate, disposte con calma secondo un ordine preciso che si alternano a gesti pittorici forti, improvvisi, agitati, mai definitivi.
Alle asciutte tre righe rispondono macchie di colore dato a larghe pennellate materiche, segni a matita frettolosi e imprecisi.


A una parola che si esprime con parsimonia risponde un disegno abbondante, pirotecnico.
Eppure questi due codici che tra loro sono divisi da un evidente scarto sono quanto di più armonico si possa immaginare.
Perché accade?
Da un lato c'è la convergenza di testo e immagine verso un ritmo che deve essere fulmineo, ma dall'altro credo che la ragione principale sia nel nocciolo più profondo che ogni buon haiku racchiude in sé: in quelle tre righe si assiste al disvelamento di un mondo tutto nuovo.
Non è forse questo uno degli eventi più vivaci e folgoranti cui la nostra mente possa assistere? Evviva i 'fuochi d'artificio' di Serena Viola.


Carla

Noterella al margine. Per rispetto della precisione giapponese e delle menti dei lettori, sarebbe stato bello che nell'introduzione Silvia Geroldi avesse spiegato meglio il canone metrico della sillabazione di un haiku. Da me, perduta, che contavo con le ditina le sillabe, è arrivata in soccorso Chiara Stancati con la sua sinalefe.

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