IMPARARE A RESPIRARE
Mary e il mostro. Amore e ribellione
Come Mary Shelley creò Frankenstein, Lita Judge (trad. Rossella
Bernascone)
Il Castoro, 2018
NARRATIVA ILLUSTRATA
PER GRANDI (dai 13 anni)
"Il vento è
mio amico
l'acqua è mia
sorella,
la bruma beve le mie
lacrime,
e le stelle
proteggono le mie speranze.
Mille burrasche
infuriano
prima che mio padre
insista
che devo tornare a
casa.
Non sono più una
bambina
stremata dalle
delusioni.
Sono diventata
roccia,
e vento, e mare
impetuoso."
La
piccola Mary, orfana di madre, nel 1812 viene mandata, come una
lettera da non restituire al mittente, in Scozia. La seconda moglie
del padre, una donna terribile, la vuole lontana da casa. Come nelle
fiabe, la matrigna vuole far spazio alle sue figlie e per Mary,
appena quattordicenne, non c'è posto.
Su
quella nave che la allontana da casa lei si porta il ricordo di un
padre affettuoso, ma debole e sopraffatto dai rovesci finanziari e di
sorelle e sorellastre piene di dolcezza. Ha anche negli occhi il
volto arcigno della nuova signora Godwin, che la considera una
ragazzina terribile.
In
Scozia ad accoglierla una famiglia piena di premure che le dà
nuovamente il calore umano negatogli a Londra. Per Mary è una
seconda venuta al mondo.
Suo
padre glielo aveva ripetuto tante volte che la sua nascita era stata
illuminata dal passaggio della cometa di Herschel e che la sua vita
avrebbe segnato un nuovo corso.
La
sua permanenza in Scozia lontana da casa ne tempra il carattere, ma
l'aiuta a maturare una libertà di pensiero, rara se non unica per
quei tempi. Degna figlia di tanta madre, nel suo nido d'aquila
scozzese, Mary legge tutto ciò che trova, e cresce, e forgia il suo
carattere d'acciaio.
Nel
1814, il ritorno a Londra. Un'altra dolorosa separazione, ma la Mary
di sedici anni è ormai una ragazza matura con una precisa
consapevolezza di sé. Sa cosa volere. E il primo desiderio a cui non
rinuncia è proprio l'amore per il giovane poeta Percy Bysshe
Shelley.
Un amore proibito, perché lui è un uomo sposato. Una
gravidanza fuori dal matrimonio. Un amore che tutti osteggiano, ma
che ha la potenza travolgente di una grande passione. Che non la
abbandonerà mai, nonostante tradimenti, allontanamenti, lutti,
solitudini, dubbi, povertà che ne segnano la storia.
L'intesa
profonda tra Mary e Percy, costruita su un ideale di vita di assoluta
libertà, ispirazione e passione per l'arte dello scrivere, non
cederà mai il passo alle convenzioni di una società che nei loro
confronti ha saputo dimostrarsi solo ottusamente ostile.
La
loro meravigliosa risposta alle crudeltà e alle bassezze
dell'umanità risiede nelle pagine che hanno scritto.
Mary
Wollstonecraft, madre di Mary Shelley, scrive nel 1792: Gran
parte della infelicità che si è diffusa, in forme odiose, in tutto
il mondo, trova la sua origine nella negligenza dei genitori.
Con
questa frase che dà una precisa chiave di lettura si apre questo
libro tanto originale per prospettiva di racconto.
Il
taglio narrativo, una sorta di diario (in realtà a due voci perché
anche la creatura parla di sé) in versi liberi che supera le
trecento pagine, non può lasciare indifferenti i suoi lettori.
Questa scelta narrativa rende magicamente fluida una biografia
complessa per gli argomenti che tocca e piena di lati in ombra.
Proprio questi ultimi, che con coraggio e onestà vengono indagati,
assumono però la leggerezza della poesia, diventando godibili anche
da lettori o lettrici in crescita.
L'altra
grande attrattiva per i lettori più giovani è il grande nero che
avvolge le tavole della Lita Judge. Esso funziona magnificamente come
palcoscenico, o meglio come buio in sala, per portarli a ragionare su
una storia letteraria di grande presa accanto a questioni ben più
profonde che vanno al di là degli aspetti più strettamente formali,
di un acquerello cupo e di un componimento in versi, di un racconto
'gotico'.
Il
difficoltoso percorso di crescita di una adolescente (coetanea di chi
legge) ai primi dell'Ottocento che per amore sfida le convenzioni e
per sconfiggere la propria infelicità si affida alla scrittura
diventa nelle mani di Lita Judge un diario - tanto immaginario quanto
reale - di Mary Shelley alle soglie del Frankestein.
Dal
1812 al 1823, cinque anni dopo la pubblicazione anonima del romanzo.
L'attendibilità
storica di Mary e il mostro,
con il suo apparato di fonti a fine libro, è
l'ulteriore valore che gli va riconosciuto. Quattro o addirittura
cinque anni di duro e approfondito studio e vaglio di tutte le fonti,
una scrittura organizzata nel pieno rispetto dell'originalità di
Frankenstein, ovvero
con più voci personali che raccontano, l'attenzione posta sul
carattere rivoluzionario che il racconto della Shelley ha
rappresentato per l'epoca.
A
parte gli aspetti più strettamente storico-biografici, Mary
e il mostro è anche
qualcos'altro: una stratificata e articolata riflessione su quella
che è la genesi di un testo che fin dalla prima pubblicazione ha
avuto il merito di muovere le coscienze di lettori e lettrici.
Molte
sono le scelte innovative e intelligenti di Lita Judge.
Prima
fra tutte volontà di non creare una graphic novel, quanto piuttosto
un albo illustrato di dimensioni enormi, in cui parole e immagini si
fondono per creare qualcos'altro.
Intelligente
è stato mettere sotto gli occhi di chi legge alcuni nessi tra la
vita di Mary Shelley e quella della sua creatura. Agghiacciante
il confronto fra il rifiuto dei suoi familiari e il rifiuto che
patisce la sua Creatura o ancora la formazione di Mary dai Baxter e
quella della Creatura con i DeLacey.
Che cosa
ci sta dicendo la Shelley attraverso Frankenstein e perché?
Donna,
giovanissima, esclusa ed emarginata per le sue posizioni, la Shelley
potrebbe essere faro nella notte buia di molte ragazze e ragazzi di
oggi, sull'orlo della lobotomia.
Sarebbe
cosa buona e giusta.
Carla
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