AI GIOVANI PINI
La foresta,
Riccardo Bozzi, Violeta Lópiz, Valerio Vidali
Terre di Mezzo, 2018
ILLUSTRATI
"È una foresta
enorme, antichissima e non ancora del tutto esplorata. All'inizio non
è che un boschetto di giovani pini, generalmente privo di pericoli e
piuttosto divertente da percorrere. Si dice che abbia un limite certo
davanti a sé, e che sia sconfinata ai lati. Qui gli esploratori si
avventurano con più gusto e curiosità."
Chi esplora il
boschetto di giovani pini, di solito, ama attardarsi su formiche e
farfalle e non si cura del tempo che passa. Ma più ci si addentra
nel fitto più cresce la difficoltà che va di pari passo con la
fascinazione. Ed è qui che di solito gli esploratori si accorgono di
non essere soli. E di non essere unici: come gli animali, anche tra
gli esploratori ci sono differenze evidenti. Ed è qui che nascono
tra loro amicizie, alleanze e anche amori. Di sicuro in questa parte
della foresta, forse perché davvero molto fitta e intricata, sentono
la necessità di fermarsi e, per tenere a distanza le paure e le
bestie feroci, ballando intorno a un unico fuoco, si raccontano
storie. E in questo le attitudini degli esploratori sono diverse: chi
scrive, chi disegna o incide sulle rocce. Ma non tutte le storie
raccontate, scritte o disegnate saranno utili a chi verrà.
Una cosa è certa,
anche di fronte al massimo intrico che il cuore della foresta
presenta non si può retrocedere. Ma fortunatamente dopo l'intrico si
allargano le radure, che sembrano fatte apposta per tirare il fiato
per fare l'ultimo tratto di percorso. In salita.
Sembra impossibile e
quasi ridicolo che dopo tanto cammino, il finale sia sempre lo
stesso. Eppure dal precipizio nel quale immancabilmente tutti
precipitano non si ha modo di vedere cosa ci sia al di là della
foresta. Si ipotizza...un boschetto di giovani pini.
Si contano sulle dita
di una mano i suoi libri pubblicati da case editrici per le giovani
generazioni. Un linguaggio comune ne tiene assieme alcuni, un
linguaggio di poche ma esatte parole che racconta per metafore.
Già Per mare
aveva preso a prestito l'idea del viaggio per raccontare un percorso
di crescita. Ora si attraversa una foresta, secondo tappe
riconoscibili come quelle che l'umanità deve fare nel corso
dell'esistenza. Ammesso e non concesso, che si arrivi alla vecchiaia
e non si muoia ancora 'da giovani pini'... (ma questa sarebbe
un'altra storia).
La metafora, figura
retorica che più di altre porta in sé il senso dell'immagine, è
costruzione narrativa elettiva per rivolgersi a chi abbia necessità
o attitudine a leggere il mondo attraverso le figure. Per chi sia
sufficientemente agile nell'attraversare piani diversi di un
discorso, senza perdersi o confondersi. Ideale per chi dei simboli ha
assoluto bisogno per orientarsi.
E non sono forse i più
giovani quelli che 'giocano' grazie alle metafore, e che attraverso
la metafora cercano di interpretare la realtà?
E non a caso,
Bozzi ha eletto questo registro simbolico per parlare di alcune
grandi questioni.
Se è vero quanto detto
prima, cioè che la chiave metaforica, più di qualsiasi altra, è
legata all'immagine e all'immaginazione, in questo libro essa si
potenzia nei suoi aspetti figurativi, ovvero attraverso
l'illustrazione.
I due linguaggi, quello
testuale e quello visivo, in un percorso di scambio vicendevole, si
potenziano l'uno con l'altro.
Ma d'altronde con i
buoni libri illustrati non dovrebbe essere sempre così?
In questo caso la
figura riempie con delicatezza tutti i numerosi 'non detti' del
testo. Si insinua a svelare attraverso l'uso integrato di tre
tecniche figurative: l'acquerello (o ecoline), la stampa a secco e la
fustellatura delle pagine.
Ancora una volta, come
era già stato notato in Per mare, a sostenere il testo entra
in gioco una qualità decisamente alta dell'illustrazione, e in
questo particolare caso, della sua grande potenzialità.
Con un testo così
dichiaratamente simbolico il pericolo di cadere nel 'precipizio'
della retorica, del luogo comune, della generalizzazione,
dell'appiattimento e della banalizzazione è lì a un passo.
Fortunatamente, più di una volta, a tenere a distanza il frangente e
a mantenere una rotta che rimanga in alto, ci pensano le pagine
disegnate piene di tanto colore (verde e blu e nero) che crescendo, si infittisce e crea
profondità nell'atto di avvolgere chi lo attraversa, e di tanto
bianco che invece accentua il senso di superficie, quasi immobile. A
ben vedere, però, anche quei visi, sebbene un po' stereotipati e
irrigiditi dalla stampa a secco, sanno mutare anche loro, lentamente
e impercettibilmente, fino a sparire o quasi. Per diventare qualche
altra cosa: terra fertile, per i giovani pini che verranno.
Carla
Noterella al margine.
Questo libro fa di tutto per essere notato. Frutto di un progetto
complesso e ambizioso, è un oggetto molto particolare che però
solleva una questione: in che mani metterlo? Non resta che affidarlo a brave insegnanti e vedere cosa succede. Oggi pomeriggio lo faccio. Ma nel frattempo elaboro ipotesi: i grandi, lo so già, lo
apprezzano esteticamente per le soluzioni insolite e per il racconto,
ovvero il tema trattato. Ai più piccoli, presumo, come spesso
accade, il tema passerà sulle teste, e rimarranno solo la foresta e
gli esploratori, che non è poco. Ma a loro più che ad altri capiterà di
accarezzarlo per toccare con mano lo stupore dello loro sguardo
rapito in quelle tavole, piene di foglie verdi e creature bianche.
A
coloro che sono in mezzo a un certo punto si svelerà il significato
nascosto dalla metafora e, come per ogni scoperta, sarà un bel
momento.
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