mercoledì 23 maggio 2018

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


LA BAMBINA TRASGRESSIVA

Katitzi, Katarina Taikon (ill. Johanna Hellgren)
(trad. Laura Cangemi, Samanta K. Milton Knowles)
Iperborea, 2018


NARRATIVA PER MEDI (dai 9 anni)

"Pelle e Gullan andarono in avanscoperta per controllare non ci fosse nessuno nei paraggi. Ma non c'era da aver paura: erano tutti nel bosco a cercare e chiamare. Si sentivano lontano un miglio.
Katitzi corse a più non posso fino alla casa e alla porta sul retro. Poi salì di soppiatto le scale, silenziosa come un topolino in una dispensa. Arrivata a metà, però, vide aprirsi una porta.
'Katitzi?'"

Beccata! La breve fuga di Katitzi si ferma davanti alla signorina Kvist, l'unica persona adulta gentile di tutto l'istituto, diretto dalla severissima e implacabile signorina Larsson. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questa bambinetta vivace di otto anni, sta scappando dall'idea di dover tornare a casa con papà Taikon, che come gli altri, ora la sta cercando per ogni dove.
Nonostante la Larsson e la piccola Rut, detta da tutti Brut, Katitzi non patisce così tanto la vita in orfanotrofio da desiderare di andare con il papà che per lei è quasi uno sconosciuto. E soprattutto non ha nessuna intenzione di lasciare i suoi due cari e unici amici. La partenza è solo rimandata. Due settimane dopo la piccola fa la sua valigia e sale su quella macchina squadrata che la porterà verso una vita tutta nuova.
Katitzi è rom come suo padre e i suoi numerosi fratelli che vivono, con la nuova moglie svedese di lui, in un carrozzone e per vivere fanno i giostrai.
Il cambiamento per questa ragazzina è enorme. Persi gli amici, trova ad aspettarla al campo due affettuose sorelle poco più grandi di lei, da cui presto impara le nuove abitudini e un diverso modo di intendere la vita. Impara la bellezza di una famiglia grande in cui tutti sono chiamati a fare la loro parte, ma conosce anche la fatica di essere sempre guardata con sospetto e tenuta a distanza e ai margini della società: ai rom gli svedesi chiudono le porte di ogni servizio sociale, di scuole, di case, di terreni dove piantare le tende.
In perenne fuga dalle prepotenze e dal pregiudizio, l'infanzia di Katitzi va avanti, nonostante tutto. Questa è la sua storia. Ed è sostanzialmente vera.

Dietro il soprannome, Katitzi, piccola Kati in lingua romanì, c'è il nome di Katarina Taikon. Figlia di padre rom e di madre svedese, la Taikon fu una donna speciale - e bellissima - che per tutta la vita combatté per i diritti dei rom. Nel 1953, con la sua battaglia civile, riesce a far abolire il bando sui rom in Svezia. Ma non è ancora sufficiente. Capisce che se vuole demolire il pregiudizio e far trionfare le sue idee, deve rivolgersi alle giovani generazioni. Comincia così, alla fine degli anni 60, la sua professione di scrittrice per l'infanzia: in tredici romanzi racconta la sua vita, davvero difficile e dura, di bambina e ragazza rom.
Un'altra lezione che arriva dal Nord, che genera un paio di riflessioni preliminari.
La prima è proprio su questo Nord che, inaspettatamente, fatica anch'esso - sebbene in netto anticipo sui tempi - a liberarsi da stereotipi e pregiudizi etnici.
La seconda riguarda l'origine stessa del romanzo: raccontare la propria infanzia come investimento che si vuol fare nei confronti dei piccoli che da lì a poco diventeranno grandi. Insomma, alludo alla lungimiranza di voler curare oggi l'educazione dei piccoli in un'ottica che contribuisca a renderli buoni adulti domani. Non si può dire sia un'idea rivoluzionaria, tuttavia il modo in cui questo processo educativo è stato messo in atto dimostra di essere di non poco interesse.
Per capirne appieno il valore credo occorra riflettere su cosa e su come scrive la Taikon.
Il primo fattore è l'assenza totale di retorica che invece, visto l'argomento, poteva essere lì a portata di mano.
Il racconto corre per la sua strada senza mai cedere alla tentazione di diventare didascalico o solutorio.
La seconda peculiarità è data dalla serena consapevolezza della Taikon nel descrivere la distanza che esiste tra il mondo degli adulti e quello dei bambini.
Anche tenendo conto che sono altri anni da questi, ciò nonostante l'infanzia in questo romanzo è tutt'altra cosa rispetto al mondo dei grandi. Tra le due sfere c'è comunicazione ma non permeabilità. Tra loro si confrontano, ma i grandi (quasi tutti) agli occhi dei piccoli rappresentano l'autorità, la forza, il potere e non c'è discussione o margini di trattativa su questo. 
A loro bisogna obbedire e basta.
Sebbene non si dimostrino mai rassegnati, i bambini della Taikon non sono ribelli. Dove trova sfogo allora il loro malumore? Altrove, ovvero in quello spazio di onnipotenza che l'infanzia porta in sé e che è la sua forza ultima e invincibile.
Le bambine rom della Taikon non sono ribelli, ma di certo trasgressive, nel senso che sanno 'attraversare', andare al di là del mondo degli adulti.
D'altronde, se così non fosse stato, questo romanzo non esisterebbe.
Katitzi e la Taikon si inseriscono senza difficoltà nel solco delle 'bambine del Nord' e delle scrittrici del Nord' di cui Giordana Piccinini scrive nel numero 44 di Hamelin dedicato ai racconti di infanzia.
Sulla base di un ragionamento che già Giovanna Zoboli fece su Doppiozero, Giordana Piccinini individua una serie di caratteri distintivi delle bambine letterarie del Nord, da Pippi in poi.
A loro va assegnata la conoscenza del mondo attraverso l'esperienza e la sua continua ri-creazione. 'La misura del mondo viene continuamente rinegoziata dal loro sguardo. È un rapporto con le cose altamente creativo che richiede una forza fisica, un'energia mentale, un'intelligenza, un'attenzione e una fiducia straordinarie.' Prendendo a prestito le parole di Giovanna Zoboli sui personaggi della Lindgren, si potrebbero definire analogamente anche i bambini della Taikon. 'I suoi bambini sanno vivere: nella gioia e nel dolore, in salute e malattia, a ogni pagina celebrano il loro matrimonio con la vita, per niente intimoriti dalla propria piccolezza.'
Al pari di altre bambine del Nord, anche Katitzi e le sue sorelle hanno quella capacità tutta infantile di vivere il tempo attraverso lo spazio: in questo romanzo si avvicendano due ritmi di vita diversissimi che prendono forma in due luoghi agli antipodi, un asfittico orfanotrofio e un indefinito campo rom. Katitzi li attraversa entrambi senza mai smettere di sognare per sé un futuro.
Non resta che gioire per un'altra bella storia del Nord recuperata da Iperborea, bella storia di infanzia, bella perché vera.
Chissà se gli adulti che lo vorranno condividere con i più piccoli, lo faranno solo per coglierne l'aspetto strumentale, cavalcando il 'politicamente corretto'? E chissà che invece non decidano di essere loro stessi 'trasgressivi', etimologicamente parlando, capaci di andare oltre? Chissà.


Carla

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