lunedì 18 marzo 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IN MEMORIA
Ad A, D e V

River il cane nero, Suzy Lee (trad. Giuseppe Solinas)
Corraini 2019


ILLUSTRATI

"Ci sono dei momenti che devono essere catturati immediatamente: la storia di River è uno di questi. Mio figlio e mia figlia (Mountain e Sea) singhiozzavano nel guardare la pila di disegni dedicati alla nostra cara cagnolina. Una volta finito il libro, hanno detto: 'Da ora in poi staremo bene'. So che non staranno bene, ma so anche che il ricordo di River rimarrà scolpito nella loro memoria."



Chiusa in una gabbia, la cana (è una femmina!) soffre la fame e soffre la sete. La vicina di casa del suo padrone si intenerisce e talvolta la va a trovare fino al giorno in cui se la fa dare, perché è stanca di vederla maltrattata così. Ma non sarà lei a tenerla: ha già April con sé. L'affiderà invece a una famiglia che saprà offrirle quello di cui ha bisogno un cane: affetto, cibo e un po' di spazio. E così la cana conosce i due bambini di quella famiglia, Mountain e Sea, il gatto del nonno, Cloud, e i cani dei vicini, Lightning e Thunder, Lampo e Tuono. Ottiene un nome, River. Smette di avere fame e sete e non si annoia più. Corre, salta, gioca con loro. Arriva la neve e altri giochi. Arriva però anche il momento in cui bisogna separarsi. Ma - è una promessa dei bambini - sarà solo per poco. La famiglia lascia River a casa del nonno che di lei continua a prendersi cura. Ma giocare con Mountain e Sea è un'altra cosa. E così per River comincia l'attesa, il tempo scorre e con esso la malattia.
Una nuova nevicata è in arrivo...

Cani e bambini: binomio perfetto. Non è una novità.
Nelle poche parole di introduzione, che potrebbero passare inosservate, si capiscono una serie di cose importanti per capire e apprezzare a fondo questo libro.
La prima, River è una femmina. Peccato, perderselo nel racconto.
La seconda, è una storia vera. E questo coinvolge chi legge al massimo grado.
La terza, questo è un libro-epitaffio, nato - come capita a ogni epitaffio - dal desiderio di non dimenticare. È costruito, si deduce dalle poche parole, a posteriori, attraverso una selezione fatta tra i moltissimi disegni, quasi schizzi, fatti nel corso della loro convivenza, a River e ai due bambini.
Ma soprattutto è concepito sull'onda del ricordo e della nostalgia.
La quarta, questo è un libro-ponte per cercare di attraversare un dolore. In realtà, con grande onestà, pare rappresentare solo una prima tappa di avvicinamento.
Superarlo, il dolore, elaborare la perdita di quel cane, è decisamente più complesso, e non bastano i disegni. È lei stessa a dichiararlo, ma aver disegnato River che gioca con loro, avergli restituito forma, colore, spazio e tempo ripercorribili, seppure 'in vitro' (per quanto può essere in vitro una storia vera fermata sulle pagine di un libro) tutte le volte che lo si voglia fare, può riempire parte del vuoto lasciato.


River, se da un lato è un omaggio al ricordo di quella canetta, lo è anche a Gabrielle Vincent e al suo Un jour, un chien a cui evidentemente Suzy Lee pensa quando disegna (e non solo qui).
Non è un mistero che Gabrielle Vincent abbia rappresentato fin dagli esordi di Suzy Lee un imprescindibile modello, in particolare per la capacità di gestione della pagina bianca, per l'uso del bianco e nero, e per il tipo di disegno a matita, che porta in sé l'immediatezza del gesto, del tratto e del 'non finito', dello schizzo. Entrambe hanno una potenza nel segno che deriva da una grande capacità tecnica di disegnare il movimento di umani e animali e oggetti (diceva Pietro Manzoni, Non c'è nulla da dire: c'è solo da essere).


Entrambe sanno essere evocative, al limite della commozione, attraverso il silenzio (o un testo ridotto ai minimi termini come in questo caso) e il contrasto tra il bianco e il nero. 


Entrambe sanno costruire un respiro narrativo che le parole renderebbero solo più asfittico. In questo senso, la loro assenza (qui quasi totale) ha lo scopo e la capacità di potenziare le molteplici strade di lettura e di interpretazione. Attenzione, però: molteplici, non infinite. In entrambi i libri, il gap finale - questo sì silenzioso anche anche in River - in cui il lettore è invitato a tuffarsi, è sotto gli occhi di tutti.


Si tinge di azzurro, assumendo un senso, in Suzy Lee e in Gabrielle Vincent si ferma una frazione di secondo prima di un atto finale che nessuno può prevedere.
Entrambe hanno una capacità innata di illustrare per tutti.
In tal senso,  silenzio o rare parole sono ancora una volta 'linguaggio' eloquente.

Carla

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