RICORDARE PER RACCONTARE
Grilli e rane,
Barbara Ferraro, Alessandra Lazzarin
Edizioni corsare 2019
NARRATIVA PER MEDI
(dai 7 anni)
"La incontravo
sulla collina, oltre i pini; mi aspettava tra le ginestre, aveva
scelto lei il posto.
La scorgevo
accucciata, ma mi accoglieva in piedi, scodinzolante.
Le ginestre non
erano quelle americane. Mia nnonna dice che qui in Sila le hanno
seminate con gli aerei per rendere meno brutta la guerra che aera
arrivata anche in Calabria."
Ogni
giorno queste due - una bambinetta in vacanza e una cana randagia -
si danno appuntamento per vedersi. Ci scappa qualche polpetta per
conquistarla e qualche corsa assieme 'facendo finta' di appartenersi
l'una all'altra. Poi ognuna di loro riprende la strada del ritorno.
La bambina torna a casa dove nonno e nonna l'aspettano e il cane
invece va chissadove.
E
così ogni giorno.
Ma
quella notte, mentre tutti dormono, un rumore sospetto sveglia e
mette in allarme tutti gli abitanti della casa. La bambina esce da
sotto le tante coperte con cui la nonna ogni notte la protegge dal
freddo di una casa grande e poco riscaldata e si dirige verso la
fonte del rumore, verso il portone di casa. I nonni, svegliatisi
anche loro, armati di luci e bastoni, si incontrano con la bambina
dietro quella porta. Spetta a loro, sono gli unici adulti di casa, ad
affrontare con coraggio il rumore sospetto...che si rivela molto meno
pericoloso del previsto, sebbene faccia luce su un segreto...
Questo
è il primo dei tre brevi racconti che hanno come centro l'estate di
quella bambina, ospite a casa dei nonni in Calabria. Lo seguono il
racconto della sua caccia alle rane per poi farle gareggiare, e
quella ai grilli, raccolti in bottiglia per far colpo su mamma e
papà. Queste tre piccole perle fatte di ricordi sono legate tra loro
da un unico filo: quello di un'infanzia che trascorre. E' un' estate,
evidentemente non l'unica, in cui la libertà, più grande rispetto a
quella invernale e cittadina, si scolpisce nell'anima di quella
bambina e che, a distanza di trent'anni, diventa racconto da mettere su
carta e condividere con gli altri.
Ed
è proprio il piacere per il ricordo che emerge e che diventa
immediatamente racconto. Lo conferma il tono sommesso e un
vaghissimo senso di nostalgia. Nonostante il fatto che sia un testo
scritto, che è stato preceduto evidentemente da un attento vaglio
delle parole, tuttavia Grilli e rane mantiene una leggerezza
che invece è propria del parlare, del raccontare a chi ha voglia di
stare a sentire.
Va detto che è un po' complicato far finta di non
conoscere Barbara Ferraro e Roberto ed Elisa ed è altrettanto
difficile non immaginare quella stessa Barbara Ferraro che proprio a
loro due, a cui Grilli e rane
è dedicato, stia raccontando frammenti della propria infanzia.
Questo
doppio registro è forse una delle caratteristiche che più colpisce
nella lettura: una ricercatezza delle parole inusuali, tutta
meridionale, a cui però fanno da contraltare continue
ellissi nel discorso che sono invece tipiche del racconto orale.
Un linguaggio che sembra non aver tempo e che spesso mischia il
presente di un adulto narrante con un passato di bambina calabrese.
Il secondo pregio sta nella capacità di restituire a chi legge, a
chi sulla Sila non c'è mai stato, colori e odori e rumori di quei
posti. Con altrettanta naturalezza, terzo pregio, riesce a costruire
lo spessore dell'essere bambini. In questo senso ci sono i tipici
passaggi repentini del pensiero che spazia dal minuscolo al grande,
dal personale al generale, dal vero all'immaginato.
Idee
e sensazioni che saettano nella testa come lampi.
Insomma
c'è tutta l'onestà di chi quelle sensazioni le ha provate davvero e
quei pensieri davvero ne hanno attraversato la testa.
La
fortuna è stata quella di non dimenticare.
La
cattura dei grilli in bottiglia ne è un esempio molto chiaro.
Se
da una parte tanta leggerezza di racconto sembrerebbe sposarsi alla
perfezione con i rarefatti acquerelli di Alessandra Lazzarin,
tuttavia ci sono alcuni tratti in cui ciò che è disegnato sembra
lasciare indietro ciò che è scritto.
E
senza motivo apparente che giustifichi la scelta.
E'
cosa nota che la relazione tra figura e testo è cosa complessa e
articolata. Ma è altrettanto vero che deve avere senso la eventuale dissonanza tra i due codici. La
complessità di rapporto tra figura e testo può essere anche molto
articolata e apparentemente contraddittoria, con l'intento di creare
quella ambiguità necessaria (addirittura figure che hanno il compito
programmatico di smentire ciò che le parole dicono), ambiguità che
è generatrice di attenzione e curiosità nel lettore, che ha via via
lo scopo di farlo ridere, piangere, pensare e interrogarsi.
Ma
in Grilli e rane a me sfugge un po' quale sia la ragione per non dare alla cagnetta le
orecchie che le spettano: 'piccole e nere' e il perché di sdraiare
nell'erba Betta che sceglie di stare 'ritta in piedi nella radura'?
La costante e meticolosa ricerca delle parole, avvertibilissima, non
mi pare presenti altrettanta perseveranza nel disegno: molte tavole
sono 'perfette' nella composizione e intelligenti nelle inquadrature, altre (poche)
invece sembrano 'distrarsi' per andare altrove, molte sono felici
raffigurazioni di bambini in movimento (roba difficile da disegnare),
altre (poche) sembrano 'distrarsi' e dimenticarne un po' le
proporzioni.
Poco
male, perché comunque in quegli acquerelli si respira a pieni
polmoni l'aria di quell'estate di bambina, passata felicemente 'a
grilli e a rane'.
Carla
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