WHERE THE WILD THINGS ARE
L'isola schifosa,
William Steig (trad. Daniela Magnoni)
Rizzoli 2019
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
"C'era una
volta un'isola bruttissima, brullissima, schifosissima. Era ricoperta
a perdita d'occhio di pietre aguzze e vulcani che ruttavano fumo e
fiamme, vomitavano lava bollente, sputavano dardi velenosi e rane a
due teste.
Sulle piante
sbilenche, deformi e spinose dell'isola non sbocciava mai neppure
l'ombra di un fiore."
E
questa isola brulla era squassata da terremoti e da eruzioni di
vulcani, tempeste di sabbia, cicloni. Durante la notte, tutto
ghiacciava, per poi ricominciare a muoversi il mattino seguente.
Su
quest'isola, circondata da un mare infestato da ogni genere di
animale orribile e pericoloso, compresi i granchi dalle chele
giganti, vivevano altrettante creature terribili. Con forme tra loro
molto diverse: rachitici o giganteschi, con speroni, artigli e
tentacoli, con occhi e altre parti sistemate a casaccio sui corpi.
Gli insetti erano grandi come barracuda e il loro aspetto era
terribile. Le creature cenavano l'una con l'altra, ovvero si
divoravano a vicenda e ogni volta che si incrociavano sputavano,
sibilavano. Tra loro non c'era simpatia reciproca: al contrario erano
invidiose e gelose della loro bruttezza. Vivevano nei vulcani oppure
nuotavano inquinando le acque del mare con il loro veleno.
La
sofferenza degli altri generava in loro puro piacere. Le creature
schifose vivevano felici, facendosi del male a vicenda. In qualche
modo quell'isola era il loro paradiso.
Finché
un giorno dal terreno roccioso sbocciò qualcosa di mai visto: un
fiore bellissimo. Tutti lo guardarono con sospetto, quindi paura e
poi rabbia. Fu subito guerra: serpeggiava il dubbio che fossero gli
altri a piantare qui e lì fiori magnifici per diffondere il terrore.
C'è chi andò fuori dai gangheri, chi fuori di testa e fu scontro
totale di tutti contro tutti. Questo provocò l'estinzione dei mostri
sull'isola che, fiore dopo fiore, pioggia dopo pioggia, smise di
ghiacciare la notte e cominciò invece a essere un luogo
meraviglioso, circondato da un bel mare blu.
Steig
al suo quarto libro, pubblicato per la nascente casa
editrice Windmill. Siamo nel 1969 quando esce per la prima volta con
il titolo The Bad Island
(il titolo fu poi cambiato, in una edizione successiva, in Rotten
Island).
Steig
non è certo agli esordi della sua carriera di vignettista del New
Yorker per il quale lavora già dal 1930, ma sta muovendo i primi
passi, per nulla incerti, nel mondo dell'editoria per bambini. Ha già
all'attivo CDB! - un
capolavoro di scrittura criptata, intraducibile- Roland the
Minstrel Pig e soprattutto
Sylvester, ovvero
Silvestro e il sassolino magico,
forse il suo capolavoro che lo ha fatto entrare nell'empireo degli
autori classici e che gli ha fatto vincere la Caldecott Medal, l'anno
successivo.
L'isola schifosa
è per certi aspetti un unicum nella sua produzione, ma ha in sé
anche molti dei caratteri della sua poetica. Un unicum forse per il
fatto che è una storia corale e forse anche perché attinge a un
immaginario di creature inventate e non fa riferimento al più
consueto e frequentato mondo degli animali parlanti che popolano la
stragrande maggioranza dei suoi bellissimi libri.
Altra
caratteristica che la rende unica è l'uso del colore e del disegno
che sembra non volere confini o limitazioni. In questo senso, la
storia che comunque ha una sua morale interna, sembra essere terreno
fertile per far crescere un disegno sempre più incalzante e sempre
più divertito e folle.
Lo
stesso accade con il linguaggio. Ma in questo caso, la vulcanica
atmosfera offre spunto per un racconto carico ed esuberante,
costruito spesso sull'elencazione e sull'accumulo di dettagli
raccontati.
Tuttavia
Steig conferma il sapientissimo uso della sua lingua, leggerlo in
inglese fa la differenza, che nonostante la follia raccontata non
perde mai il proprio rigore, la propria esattezza e sincerità. La
sua lingua, non sempre rispettata in questa traduzione, sa essere
immaginifica e precisa allo stesso tempo: gioca con i suoni, ma mai
bamboleggia con parole inventate o diminutivi o accrescitivi che
avrebbero lo scopo di blandire, fare l'occhietto a chi legge.
Non
è impresa facile tradurre bene Steig, ovvero trovare e rispettare la
vena lirica che compare talvolta e quella più concreta che però ha
il merito di renderla unica e indimenticabile (per intenderci la
balena Boris che giace sulla spiaggia è 'breaded', impanata. Il più
asettico 'spiaggiata' così come è arrivato a noi, perde parecchia
della originaria corporeità).
E
a proposito di espressività, L'isola schifosa,
è uno straordinario repertorio di disegni totalmente folli, che
tanto ricordano quelli dei bambini che inventano davanti a un foglio
bianco di carta e che per questa ragione forse sono stati di
ispirazione per quelli che ha disegnato nel 1989 Quentin Blake per
il testo di Russel Hoban, Mostri).
Il
lavoro che Steig fa con il disegno e il colore ha radici profonde. Se
il colore è meraviglia pura -e non sembrerebbe un azzardo pensare
che dai fauves, dalle
belve, dai selvaggi, abbia preso a prestito la gamma cromatica e
l'uso da Braque - per quanto attiene al disegno ci sono tracce di un
gusto per la scomposizione che deriva dal suo amore dichiarato per
Picasso,ma anche una freschezza creativa di un'infanzia mai
dimenticata.
Carla
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