SENTIRE GLI ALTRI
Scritto nel 1992, ‘ Golfo’ è
l’unico romanzo che Robert Westall dedica a un conflitto in corso.
E, per spiegare il senso vero del sentirsi partecipi a eventi anche
lontani, sceglie un modo ellittico, indiretto.
Il romanzo breve, tradotto da Sara
Saorin per i tipi di Camelozampa, racconta di una famiglia inglese
normale, molto affiatata, descritta in prima persona dal
protagonista, Tom: lui ha un amico immaginario, Figgis, che scompare
quando nasce il fratello più piccolo, Andrew. E’ lui a ereditare
il nomignolo e tutto sembra filare liscio se non fosse per quelle
giornate ‘strane’ che colpiscono Figgis e lo rendono
ipersensibile rispetto ai fatti più disparati: uno scoiattolo caduto
da un albero o un bambino africano affamato entrano nella sua mente
fino a diventare un’ossessione. Di queste creature lontane e
diverse, Figgis percepisce lo stato d’animo, le paure, il dolore.
Questa sorta di telepatia si acuisce
quando si approssima la Guerra del Golfo e Figgis entra in uno stato
di fusione con un coetaneo iracheno, svegliandosi nel cuore della
notte parlando arabo. La famiglia, già provata dagli episodi
precedenti, non regge di fronte a questa novità e decide di
ricoverarlo in una clinica, dove, per fortuna, viene accolto dal
dottor Rashid, che comprende la situazione, anche se non sa
spiegarsela: notte dopo notte Andrew diventa Latif e in una sorta di
trance descrive all’incredulo e addolorato fratello le sofferenze
che patisce, a causa della guerra, insieme ai suoi compagni, padri di
famiglia, persone normali, catapultate in una situazione più grande
di loro. Quella storia ha un finale obbligato, mentre Tom e suo
fratello cercano di riconquistare una sorta di normalità; Andrew,
dopo l’epilogo drammatico, non ricorda quello che ha vissuto come
Latif.
Il ritorno alla normalità è un evento
del tutto positivo? Che cosa ha perso Andrew rientrando nella sua
routine quotidiana?
Qui sta il nocciolo di questo racconto:
perdere, o meglio rinunciare alla capacità di immedesimarsi nelle
vite e nei problemi delle altre persone comporta di certo meno dubbi,
meno difficoltà, ma rappresenta una sorta di anestesia mentale che
rende indifferenti a tutto, incapaci di comprendere le ragioni degli
altri e di trovare vie di dialogo e di comprensione.
Detto in altri termini, comprendere gli
altri è faticoso, doloroso, quando si è coinvolti in vicende
drammatiche, ma è anche l’unica condizione che ci consente di
restare umani anche nei più tetri contesti bellici.
Westall a più riprese ha descritto la
guerra, raccontandola ad altezza bambino, o addirittura ad altezza gatto,
senza mai indulgere in un pacifismo ideologico e preferendo mostrare
quanto è dura la realtà della guerra, quanto dolore, quante
solitudini, quante lacerazioni comporta.
Qui mi sembra soprattutto orientato a
combattere l’indifferenza con cui molti di noi accolgono le notizie
di guerra: oramai assuefatti a un’informazione globale che tutto
mescola e confonde, perdiamo di vista la concretezza, la brutalità
di eventi nemmeno tanto lontani.
E’ più umano Figgis/Latif, che
condivide le esperienze del suo alter ego, o l’Andrew ritrovato, un
ragazzo normale, dalle aspirazioni normali, che poco o nulla si sente
coinvolto dalle cronache di un mondo percepito con indifferenza, un
mondo lontano.
Su questo dilemma tutt’altro che
semplice possono cimentarsi ragazze e ragazzi a partire dai dodici
anni, con una lettura che, al di là della semplicità formale, pone
questioni davvero importanti.
Eleonora
“Golfo”, R. Westall, Camelozampa
2020
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