giovedì 2 maggio 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

A CHE PENSI?

La vita comincia alle medie 1.Caterina
, Alice Butaud, Lisa Chetteau, 
(trad. Silvia Turato) 
La nuova Frontiera Junior 2024 


NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni) 

"A lasciare le elementari ci sono anche dei vantaggi come quello della mensa. Prima avevi il tuo piatto e basta. Se non ti piaceva qualcosa, peggio per te, ti attaccavi e ti tenevi la fame per il resto della giornata. Adesso quelli della mensa ci lasciano scegliere, possiamo prendere più di questo e niente di quello. E' una cosa che ti cambia la vita. La prima media è come entrare in un mondo dove spetta a te la scelta. Non è che sia proprio la rivoluzione, è solo l'anticamera, una specie di sala d'attesa. Hai un assaggio di cosa significa essere una persona ed essere considerata come tale, con libero arbitrio sulle patatine fritte o i fagioli." 

L'altra grande novità è l'estinzione della cartella. Alle medie, solo zaini. 
Le medie sono un'altra cosa. 
A Caterina, appena arrivata nella nuova scuola, con i suoi amici - la Banda dei Tonni - e tra questi Esther, la sua miglior amica da sempre, la vita sta cambiando parecchio. Non ultimo per il fatto che le è appena nato un fratello, Jonas che, come tutti i neonati, conosce bene come catalizzare su di sé tutta l'attenzione in casa. Madre e padre sono sfiniti dalle molte notti insonni, dalle pappe, dai rigurgiti, dai cambi di pannolino andati male e dai molti pianti inspiegabili del bebè. I due non hanno molte energie residue da dedicare alla primogenita, Cat, tuttavia a con quel fil di voce che ancora dimostrano di avere, non smettono di chiederle "a che pensi?" e soprattutto le ribadiscono che per lei l'autonomia, e una sua vita privata, arriverà solo a quindici anni: fino a quel momento saranno loro a vegliare su di lei, senza darle la password per poter usare il computer. 
Ma tutto questo è prima. Prima di scoprire che nella nuova scuola c'è Azamat, che nella vita può essere utile mentire ma soprattutto prima di ricevere in regalo dalla signora More, ospite della casa di riposo Gli Amaranti, dove da due mesi anche i suoi nonni soggiornano felicemente, un brutto cappello piuttosto dotato. E solo per essersi finta sua nipote Yolanda con il fine di salvarla da una noiosa lezione di tango... 

George Saunders ha elaborato una interessante teoria riguardo a quello che succede nella nostra testa quando leggiamo. 
Detto in parole molto povere, la nostra mente mentre scorriamo una storia sulle pagine di un libro si barcamena in un continuo trattare tra il nostro esserci dentro e il nostro sentirci fuori, tra l'essere coinvolti e l'essere espulsi. Ossia, più e più volte capita di leggere un frammento di un testo che ci convince a tal punto dal venire percepito come una acquisizione (vuoi per immedesimazione, vuoi perché dice meglio ciò che noi abbiamo in mente ma in una forma più confusa, vuoi...) e altrettanto può capitare di leggere parti in cui siamo noi a sentirci respinti (vuoi perché lo troviamo quel prevedibile, vuoi retorico, vuoi...). Insomma, siamo sempre lì in questo curioso meccanismo per cui durante la lettura non facciamo altro che riempire una borsa ideale di crediti e poi la svuotiamo in nome di debiti che l'autore contrae con noi. 
Alla fine della lettura, se ci siamo sentiti coinvolti e convinti, succede che quel libro entra nel nostro cuore o quanto meno nella nostra biblioteca ideale. Ma a ben vedere in questa continua trattativa la cosa che si scopre è il nostro profilo personale di lettori. Guardando quello che ci convince, capiamo chi siamo. Ma questa è un'altra questione. 
Invece, a proposito di convincimento, mi vengono in mente le parole di Gottschall nel suo ultimo libro Il lato oscuro delle storie, dove tutto converge su un unico punto: noi scriviamo e raccontiamo storie per convincere gli altri. Come al solito, per me il suo pensiero è inoppugnabile. 
Tutto questo pippone teorico è per dire che La vita comincia alle medie mi ha convinto e coinvolto, ovvero nel leggerlo ho guadagnato più di quanto invece io possa aver perso. Infatti ne scrivo. 
Volendo dare concretezza al ragionamento di Saunders e un po' anche a quello di Gottschall forse sarebbe utile mettere in elenco i punti in cui mi sono detta: sì, mi hai convinto, è proprio così. Insomma annotare qui di seguito ciò che mi è piaciuto e che quindi vorrei sostenere. Per convincere gli altri. 
Il primo su tutti: l'elogio della bugia. Se ne trovano di vario tipo e anche i mentitori sono di diverso genere. Per esempio, la signora More è una mentitrice professionista: per non partecipare alle attività sociali della casa di riposo, si inventa una nipote fittizia, Yolanda. Di conseguenza mente anche Cat, impersonando Yolanda. Lei stessa ammette, a proposito: "Personalmente non ho nessun problema con le bugie. Sono come il lievito in una torta. Ne metti un po' per far gonfiare la pasta. Senza bugie la vita sarebbe piatta." Mentono, complici, anche i suoi nonni, alla grandissima. 
 Il secondo: l'elogio del candore, ovvero quella dote che hanno quelle poche persone che credono, a prescindere. Una "ingenuità" che non dubiterebbe mai di un mago o di una veggente o ancora, aggiungo io, che "sa" che i pupazzi sono creature viventi (cfr. il teorema del peluche di Chiara Valerio). 
Appartiene allo stesso candore dell'infanzia (e non solo) quel gioco che Cat fa con se stessa in cerca della prova provata che Azamat la ama: "Se papà si sta lavando i denti quando entro in bagno, allora Azamat mi ama. Se mamma è ancora in pigiama, allora Azamat mi ama. Se Jonas ha sporcato il pannolino, allora Azamat mi ama..." E via andare. 
Il terzo: il lessico famigliare. Per esempio, il gioco che padre e figlia fanno in macchina: "E se non tornassimo a casa?" risposta "E per andare dove?" O ancora, la "carezza colpevole": un genitore dice qualcosa di poco carino a un figlio e poi lo accarezza per farsi perdonare. O ancora, la domanda di una madre, che dovrebbe funzionare come passepartout: "A che pensi?" 
Il quarto: la teoria estetica secondo cui "il bello è già stato di moda. Adesso va il brutto". Secondo detta teoria tutto è molto più comodo perché qualcosa di brutto lo riconosci all'istante. Sul brutto non ci si arrovella nel dubbio, sul bello, sì. Moltissimo. 
Il quinto, complice Baudelaire: "La bellezza è sempre strana". "Non c'è bellezza banale, altrimenti non è vera bellezza." E per rimanere nello stesso ambito, per disegnare, bisogna "guardare tanto prima". 
Il sesto, quello in cui si vede con chiarezza quanto un piccolo che sta diventando grande abbia tutti gli strumenti per mandare a zampe all'aria un genitore. Questo succede per esempio a p. 124... 
Il settimo: come montare un muso nei confronti di un amico e come cercare di uscirne, annaspando. 
A parte questi sette motivi, per convincervi ancora di più, segnalo un piccolo gioiello dell'assurdo, che luccica nel dialogo delirante tra un lattante e sua sorella, a proposito della parola nessuno... 
Degno del miglior Ionesco. 

Carla

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