mercoledì 15 gennaio 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

MANO NELLA MANO


Io guardo ad Heidelbach come a una divinità mentre a Könnecke come a un vicino di casa, per questo mi sembra perfetto questo quattro mani con Carla, che Heidelbach me l’ha fatto conoscere lei. 
Questo libro inizia come un film horror coi fiocchi con la leggiadra mano di Ole: una famigliola felice, mamma e papà che stanno per uscire e i due pargoli, Boris e Celeste che, mano nella mano, sulla porta di casa li salutano felici. 
Boris è pettinato bene, Celeste è a piedi nudi. 


I piedi nudi non fanno mai presagire quiete e calma. La prima battuta di papà è rivolta al nostro fratellone: “Fai il bravo con tua sorella, Boris” 
Perché papà dice a Boris di fare il bravo, mi chiedo. Ma ha visto i piedi nudi di Celeste? Ha visto? Forse Boris si vuole vendicare di tutte le malefatte di Celeste? 
La mamma aggiunge: “Sul tavolo in cucina ci sono sogliola e spinaci.” 
Sogliola e spinaci? Ma io dico questi due conoscono i loro figli? Temo di no. 
Giriamo pagina e infatti.


Nelle due pagine successive niente Heidelbach, nemmeno un segnetto piccolino, tutto Könnecke col suo tratto magistralmente pulito e precisamente espressivo. 
La tensione sale per noi lettori, perché se arriverà Heildelbach, e arriverà, chissà come la prenderanno i due frugoletti. 
La serata dei due fratelli rotola velocemente verso la storia della buona notte che sarà, eccerto, una storia da brividi. Ci siamo. 
Da questo momento in poi il libro ha una tavola a sinistra di Heidelbach e una a destra di Könnecke. Boris racconta storie sempre diverse, ma Celeste non sembra per niente toccata, anzi. Lo scambio di battute tra fratello e sorella è veloce, lampante, sbalorditivo. 
Tanto a sinistra il tempo pare fermo e fiabesco, così a destra il ritmo è incalzante e imprevedibile. 
Con pochi dialoghi Könnecke riesce a raccontarci esattamente come sono Boris e Celeste e qual è il loro rapporto: Boris è al bivio che lo porterà nel giro di poco nel mondo degli adulti, è agli sgoccioli dell’infanzia, Celeste invece è nel pieno dell’esplosione bambina: pare ascolti Boris e invece va a chiedergli di un particolare (apparentemente?) insignificante, improvvisamente si mette a saltare, a urlare, a giocare, piange, ride a crepapelle, si intenerisce è incontenibile nella sua imprevedibilità. 


Boris ha un obiettivo chiaro e preciso, Celeste sguscia via ogni secondo: due infanzie ben diverse raccontate in modo magistrale e divertente. 
Boris alza sempre più il tiro delle sue storie, lasciandosi alle spalle la paura di non far addormentare la sorella, ma raccogliendone la sfida (questo fanno i fratelli!). Tanto più lui diventa davvero il maestro dell’horror, tanto più lei si stacca dalla realtà per entrare in pieno nel mondo della sua fantasia. Boris e Celeste lottano a colpi di storie e alla fine Celeste avrà l’ultima parola: si sono divertiti in questa lotta. 
Continuo a pensare, Carla, che Boris e Celeste siano un po’ come Könnecke e Heidelbach e che anche loro si siano divertiti. 
Ma ci siamo divertite anche noi. Vorrà dire qualcosa? 

La genesi di questo libro nasce nella testa di Nikolaus Heidelbach e nasce dalla constatazione di una rivalità, un po' simile a quella tra Boris e Celeste, che di fatto esiste tra i due autori. 
Si conoscono e si stimano da più di vent'anni, ma le loro storie, i loro libri sono in qualche modo in competizione. Sempre. 
Condividono un genere - il libro illustrato - e un pubblico - i bambini. 
Così un giorno Heidelbach ragiona sul fatto che sarebbe divertente mettere sulle pagine di uno stesso libro la loro competizione. Suggerisce un soggetto all'amico Ole: un fratello maggiore racconta storie a una sorellina, che però si annoia. A questo punto Ole corregge di poco il tiro, suggerendo all'amico che le storie raccontate dal fratello maggiore siano tutte storie di paura. I due si mettono a lavorare in parallelo: Heidelbach aveva già un testo, ma quando gli arriva quello di Könnecke il suo si accartoccia e si butta da solo nel cestino. 
La cosa che convince entrambi a mettersi vicini sulla pagina è il senso finale dell'intera storia, ossia l'innegabile piacere che si prova nell'aver paura. Sensazione che i grandi sembrano voler negare, ma che invece i ragazzini cercano come l'aria. 
Se questo è lo scheletro, è inevitabile che a uno tocchi l'aspetto perturbante e all'altro la comicità della situazione. In questo senso, Heidelbach, ha dichiarato, si sente molto riconoscente nei confronti dell'amico e del suo testo così ricco, per il materiale così vario che gli mette a disposizione: fantasmi, animali giganti, figure deformi, creature che stanno nell'ombra, piante carnivore, draghi figure di pietra inquietanti, dame senza testa. E via andare... 
Così come si è creato uno felice scambio tra Colonia e Amburgo, così altrettanto naturalmente ne è nato uno tra Cantù e Roma. Io, per storia personale e affinità elettive, scrivo di Heidelbach e delle sue creature ad acquerello, ossia guardo solo le pagine di sinistra che, già solo a vederle affiancate, stridono un bel po' con il fumetto che occupa quelle di destra. A destra, un costante cicaleccio, a sinistra invece incombe il silenzio, un silenzio pieno di presagi. 
Si susseguono le tipiche immagini 'frizzate' di Heidelbach nell'istante prima che qualcosa succeda. 


La bambina sul ponte di corda ha davanti un fantasma, ma la cosa che più terrorizza, ovviamente non è il fantasma, ma è quella lama di coltello luccicante che la ragazzina brandisce volitiva. Cosa potrebbe tagliare? Le corde del ponte o il tessuto bianco del fantasma? 
Ecco, l'Heidelbach che conosciamo e amiamo e che tanto solletica i ragazzi e tanto destabilizza i grandi. Quel suo dono innato di saper essere, con un segno serissimo e sapientissimo, ironico, addirittura comico, ma nel contempo inquietante. Indubitabilmente attraente. 
Se Könnecke gli offre con il testo un rospo gigante, Heidelbach se lo immagina incombente e silente alle spalle di una ragazzina, così piccola che ha bisogno di uno sgabello per cuocere la sua padellata di zampe di rana... ignara. 
Per ogni tavola, si rinnova il perturbante, molto più che la paura pura, che si percepisce nell'immagine nel suo complesso, ma che spesso trova conferma negli sguardi in tralice dei protagonisti in scena: uno su tutti quello della principessa in posa che di quel bel fiore rosa, citato nel testo, avverte la potenziale e imminente pericolosità. 
Ah, Heidelbach e questa sua straordinaria capacità di lavorare sul dettaglio, su quell'angolino che nessuno aveva notato, per creare il brivido: un cubetto di ghiaccio lungo la spina dorsale, qualsiasi cosa disegni. Altro che i racconti di Boris che non incantano neanche Celeste... 
Quella bambina che nuota ignara di ciò che la profondità dell'acqua nasconde, è lui stesso a raccontarlo, ha qualcosa di orrorifico ma anche di molto sensuale: il modello ispiratore, per questa immagine in particolare, ci dice Heidelbach, è stato un film degli anni Cinquanta che in Italia è uscito con il titolo Il mostro della laguna nera. Va da sé che l'autore tedesco ne consiglia caldamente la visione... 


E dunque Valentina cara, mi pare così inaspettato e nello stesso tempo divertente essere qui a scrivere a quattro mani con te di uno dei miei autori preferiti che si è messo in coppia con un altrettanto amato autore, che qui, solo apparentemente, fa la parte di quello "lieve" e "scanzonato", ma al contrario si dimostra ancora una volta un profondo conoscitore delle emozioni che attraversano l'infanzia. E non solo. 
Dunque: divertimento e sorpresa, per questo pezzo di strada che facciamo assieme, credo abbiano guidato anche quei due. Così diversi nei loro linguaggi figurativi, così diversi nei loro testi eppure felicissimi di essere assieme. Un po' come capita a quei due fratelli così agli antipodi, eppure imprescindibili l'uno per l'altra e viceversa. Così come il "mio" Heidelbach, si sente riconoscente nei confronti di Könnecke per quel testo così stimolante e divertente, e per quei disegni così pieni di tenerezza e attenzione per l'infanzia, così io ti sono grata di aver accettato, in quel giorno di metà novembre in cui mi whatsappavi Heidelbach secondo me è tuo, di scrivere questa recensione a 4 mani. 
Chiuderei così: Könnecke e Heidelbach han dichiarato che se non fossero stati assieme mai ce l'avrebbero fatta. Possiamo pensare lo stesso di noi? 

Valentina & Carla 

"Niente draghi per Celeste", Nikolaus Heidelbach, Ole Könnecke
trad. Chiara Belliti, Beisler editore 2024

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