mercoledì 5 novembre 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

È ANCORA LECITO SOGNARE? 


I protagonisti di questa vicenda sono Giorgio, Joëlle, Florence e Max, rispettivamente padre, madre, bambina e bambino. Sono i componenti di una famiglia che attraversa una situazione dolorosa: il padre è detenuto in carcere con l’accusa di rapina (presumibilmente a mano armata, considerata la misura della pena). 
Giorgio non appartiene a una banda armata, la sua storia non è quella di un delinquente seriale, ma è semplicemente la vicenda eccezionale di un uomo assolutamente comune, che conduce una vita cosiddetta normale. È accaduto qualcosa che ha rotto un fragile equilibrio e l’uomo gentile e padre affettuoso si è improvvisamente trasformato in un bandito. 
Condannato a 20 anni di reclusione, Giorgio riceve le visite dei bambini, accompagnati dall’assistente sociale, poiché la moglie Joëlle chiede immediatamente il divorzio all’indomani dell’arresto. Con loro cerca di intrattenere una corrispondenza e un rapporto fatto anche di doni che realizza in carcere durante le lunghe giornate. 
Ma i figli non reagiscono allo stesso modo: il piccolo Max è l’unico a possedere una fiducia nel padre che non viene minimamente scalfita da quanto accaduto, il bambino gli scrive lettere affettuose e accoglie sempre con grande gioia i modellini di imbarcazioni che Giorgio realizza. 
Florence, al contrario, si chiude prima in un solido mutismo, dopo, la sua rabbia e l'impossibilità di accettare quanto accaduto sfociano in un atteggiamento aggressivo e nel rifiuto totale di avere alcun rapporto con il padre. Ognuno procede per la propria dolorosa strada e il racconto si sviluppa nell’arco di 20 anni mostrando da una parte Giorgio che si ostina a costruire barche e a cercare di vivere il proprio presente nel modo meno doloroso possibile, dall’altra figli e moglie che tentano di ricucire una ferita di cui dimensioni forse lo stesso Giorgio non ha piena consapevolezza. 
Una storia complessa e attraversata da sentimenti e vissuti così profondi non è facile raccontarla, soprattutto se a disposizione si hanno solo le poche pagine di un albo illustrato. Ma Germano Zullo e Albertine (una coppia di autore e illustratrice già molto rodata) sono maestri nella sottrazione, nel ricondurre, cioè, anche i contenuti più ardui a poche frasi e illustrazioni di grande pregnanza. 
La prima doppia pagina ci propone Giorgio, 30 anni, e una lettera in cui dichiara il proprio dispiacere per quanto accaduto e il suo amore, oltre alla speranza che il tempo possa aiutare le ferite a guarire. 
La pagina successiva è il ritratto di Joëlle, anch’essa trentenne, che risponde alla lettera di Giorgio chiedendogli però di non scriverle più e di continuare a farlo solo ai bambini. 


Le pagine che seguono sono quadri che ritraggono, alternandosi, la vita in prigione dell’uomo e quella del resto della famiglia, ognuno affiancato da una lettera scritta alternativamente da uno di loro. In questo senso il libro potrebbe definirsi un romanzo epistolare, poiché composto unicamente dagli elementi di corrispondenza e, come nella tradizione del genere, nessun elemento narrativo si somma alle informazioni che ricaviamo dalle missive. E questo è vero se ragioniamo unicamente sul piano verbale. 


Se invece allarghiamo la questione includendo le informazioni che provengono anche dalle immagini, ci rendiamo conto che quella definizione di genere non è più calzante. Perché qui un racconto esiste eccome, e dalle tavole dalle linee morbide di Albertine riusciamo a rimettere insieme i pezzi di una condizione esistenziale complicata e in continua evoluzione. Quello con cui gli autori giocano sono le ellissi temporali, in alcuni casi anche molto ampie, quadri che mostrano quanto accade in cella e nel quotidiano del resto della famiglia. 


Non siamo di fronte a un romantico bandito, né tantomeno a un fascinoso cattivo. Giorgio piuttosto sembra essere un uomo scollegato dal presente, un uomo del quale la moglie prova quasi compassione e la figlia ostilità. Unico che sembra riuscire a rimanere vicino a lui è il piccolo Max che condivide con il padre un sogno irrealizzabile, a prescindere dalle conseguenze concrete e disastrose che ha generato. Si legge della sua vicenda e si guarda a tutta la storia con la tenerezza che si concede a un bambino convinto di essere un supereroe solo perché provvisto di mantello. 
 

Non si propone una lettura di tipo storico del presente, non si cerca, cioè, di recuperare, attraverso la strampalata iniziativa di questo padre sognatore, gli antefatti rintracciabili di un contesto sociale. E restano quindi molti interrogativi sui quali sarebbe bello confrontarsi con gli autori. 


Scegliere di scrivere una storia di questo tipo, ambientata evidentemente nel nostro “moderno e civilissimo” Occidente quali riflessioni induce? 
Forse l’intento degli autori è quello di provocare nel lettore un sottile disagio, che arriva subito dopo la compassione. E quel disagio nasce proprio nel momento in cui si realizza che oggi una storia così ce la aspetteremmo ambientata in altri luoghi, dove ancora il desiderio e il sogno smisurato hanno una legittimazione, dove il necessario manca e si è autorizzati ad aspirare a tutto. Da dove salta fuori in Europa, oggi, un padre che verosimilmente ha un lavoro, che, a giudicare dalla casa in cui vivono moglie e figli, non vive di stenti e che nonostante questo compie un gesto sconsiderato per girare il mondo in barca? Che il senso della storia allora non sia proprio nella natura assolutamente irrazionale del sogno e nell’impossibilità di accettarlo qui, nel mondo che noi conosciamo e che lo scricchiolante benessere degli ultimi decenni non riesce più a riconoscere? 

Teodosia 

"Non tutte le barche prendono il mare", Germano Zullo, Albertine (trad. Beatrice Masini) Timpetill 2025

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