giovedì 12 giugno 2014

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


SE QUESTA E' LA GUERRA


Ecco un bel libro, del tutto privo di retorica, sulla Prima Guerra Mondiale, di cui si celebra, ed è un paradosso, il centenario dell'inizio delle ostilità.
Si tratta di La notte in cui la guerra si fermò, di James Riordan, e racconta di due amici, Jack, il protagonista, e Harry, catapultati entrambi dalla squadra di calcio del Portsmouth alle trincee del continente a soli diciassette anni.
Diciassette anni dell'inizio del Novecento non sono certo gli stessi di ora, ma si era comunque ragazzi. E con gli occhi ingenui da ragazzo Jack guarda a quello che gli accade intorno, le marce, le trincee, le granate che fanno a pezzi i corpi dei suoi commilitoni. La guerra di trincea viene raccontata con realismo, ma senza nessuna concessione all'orrore o al sentimentalismo. Come in guerra, non c'è tempo di piangere e il lettore o la lettrice, bisogna dirlo piuttosto maturi, vengono presi da questa sequenza senza fine di sentimenti forti e primordiali, la paura, l'attaccamento alla vita, la nostalgia e la rabbia. La rabbia contro chi quella guerra l'ha imposta al proprio popolo, infliggendo infinite sofferenze. Lo dice ad un certo punto il protagonista, la guerra non è solo contro il nemico dichiarato, i crucchi nelle trincee di fronte, è anche contro chi li sta mandando al macello.
Dura, durissima verità, spesso occultata nella retorica bellica, nel ricordo deformato che ricorda le vittorie e non il prezzo che se ne è pagato in termini di vite umane.
Dunque il racconto si snoda nei lunghi mesi passati nel fango, fra cadaveri e lettere dei familiari, fino alla vigilia di Natale del '14, in cui i sottufficiali di entrambi gli eserciti decidono una tregua, e saranno giustiziati per questo. In questa breve sospensione in cui l'umanità ritrova se stessa, nasce l'idea di una partita di pallone, che coinvolge i soldati di entrambe le parti, episodio realmente avvenuto.
Nel rotolarsi nel fango, ma questa volta con allegria, i soldati fraternizzano e rendono visibile quello che era già chiaro: dall'una e dall'altra parte stanno i poveracci, compresi i battaglioni di truppe indiane, mandati a morire nelle imprese più disperate. Le ragioni vere della guerra sono altrove, nei salotti buoni di quella borghesia che si spartisce il territorio.
A raccontare in forma di flash back tutta questa triste storia è Jack, diventato nonno e in visita al sacrario che custodisce le ossa di tanti commilitoni. E Jack finalmente racconta la storia di una guerra che fu un'immensa carneficina e che è stato solo un antipasto delle tragedie che hanno segnato il Novecento.
Leggendo il libro mi sono chiesta più volte se il realismo del racconto lo rendesse adatto ai nostri ragazzi/e. Sicuramente richiede l'interlocuzione e la spiegazione da parte di adulti disposti a raccontare le atrocità delle guerre, così come richiede anche la spiegazione di come sia possibile che la guerra sia ancora lo strumento principale di soluzione dei conflitti. Ma in fondo, si, è una lettura giusta, la consiglio a quelli che passano il tempo giocando a video game cruentissimi, in cui vince chi ammazza di più, in cui si dispiegano le armi più potenti e il sangue è solo una macchia di colore.
No, la guerra non è un gioco, e questo libro può aiutare a capirlo. E se non fosse sufficiente, ricordo il bel libro di Dowswell, di cui ho parlato qui.
 
Eleonora


“La notte in cui la guerra si fermò”, J. Riordan, Mondadori 2014



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