SE QUESTA E' LA
GUERRA
Ecco un bel libro, del tutto privo di
retorica, sulla Prima Guerra Mondiale, di cui si celebra, ed è un
paradosso, il centenario dell'inizio delle ostilità.
Si tratta di La notte in cui la guerra
si fermò, di James Riordan, e racconta di due amici, Jack, il
protagonista, e Harry, catapultati entrambi dalla squadra di calcio
del Portsmouth alle trincee del continente a soli diciassette anni.
Diciassette anni dell'inizio del
Novecento non sono certo gli stessi di ora, ma si era comunque
ragazzi. E con gli occhi ingenui da ragazzo Jack guarda a quello che
gli accade intorno, le marce, le trincee, le granate che fanno a
pezzi i corpi dei suoi commilitoni. La guerra di trincea viene
raccontata con realismo, ma senza nessuna concessione all'orrore o al
sentimentalismo. Come in guerra, non c'è tempo di piangere e il
lettore o la lettrice, bisogna dirlo piuttosto maturi, vengono presi
da questa sequenza senza fine di sentimenti forti e primordiali, la
paura, l'attaccamento alla vita, la nostalgia e la rabbia. La rabbia
contro chi quella guerra l'ha imposta al proprio popolo, infliggendo
infinite sofferenze. Lo dice ad un certo punto il protagonista, la
guerra non è solo contro il nemico dichiarato, i crucchi nelle
trincee di fronte, è anche contro chi li sta mandando al macello.
Dura, durissima verità, spesso
occultata nella retorica bellica, nel ricordo deformato che ricorda
le vittorie e non il prezzo che se ne è pagato in termini di vite
umane.
Dunque il racconto si snoda nei lunghi
mesi passati nel fango, fra cadaveri e lettere dei familiari, fino
alla vigilia di Natale del '14, in cui i sottufficiali di entrambi
gli eserciti decidono una tregua, e saranno giustiziati per questo.
In questa breve sospensione in cui l'umanità ritrova se stessa,
nasce l'idea di una partita di pallone, che coinvolge i soldati di
entrambe le parti, episodio realmente avvenuto.
Nel rotolarsi nel fango, ma questa
volta con allegria, i soldati fraternizzano e rendono visibile quello
che era già chiaro: dall'una e dall'altra parte stanno i poveracci,
compresi i battaglioni di truppe indiane, mandati a morire nelle
imprese più disperate. Le ragioni vere della guerra sono altrove,
nei salotti buoni di quella borghesia che si spartisce il territorio.
A raccontare in forma di flash back
tutta questa triste storia è Jack, diventato nonno e in visita al
sacrario che custodisce le ossa di tanti commilitoni. E Jack
finalmente racconta la storia di una guerra che fu un'immensa
carneficina e che è stato solo un antipasto delle tragedie che hanno
segnato il Novecento.
Leggendo il libro mi sono chiesta più
volte se il realismo del racconto lo rendesse adatto ai nostri
ragazzi/e. Sicuramente richiede l'interlocuzione e la spiegazione da
parte di adulti disposti a raccontare le atrocità delle guerre, così
come richiede anche la spiegazione di come sia possibile che la
guerra sia ancora lo strumento principale di soluzione dei conflitti.
Ma in fondo, si, è una lettura giusta, la consiglio a quelli che
passano il tempo giocando a video game cruentissimi, in cui vince chi
ammazza di più, in cui si dispiegano le armi più potenti e il
sangue è solo una macchia di colore.
No, la guerra non è un gioco, e questo
libro può aiutare a capirlo. E se non fosse sufficiente, ricordo il
bel libro di Dowswell, di cui ho parlato qui.
Eleonora
“La notte in cui la guerra si fermò”,
J. Riordan, Mondadori 2014
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