martedì 11 luglio 2017

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)


Carissima Formica!
Sono veramente sconcertato! Non solo non mi consoli, anzi, sembra quasi che tu dia ragione a quel coccodrillo, giustificando il suo comportamento!
E io che mi aspettavo da te almeno un po’ di solidarietà!
Certo, si sa che i coccodrilli amano sbranare gazzelle e compiere altre nefandezze simili, ma da che mondo è mondo esiste uno strumento per evitare che la propria natura straripi oltre i limiti della civiltà: l’educazione! Ci sono cose che si fanno e altre no!
A questo servono certi libri! A far comprendere a quali parti di sé lasciar spazio, e quali invece chiudere (a mio parere saggiamente) in un cassetto per dimenticarsene. Mi parli di coccodrilli che si permettono di mangiare pulcinotti e di altri così sconsiderati da non voler condividere il loro fiume con un uomo, ma lasciami dire che questo non ha proprio nulla di educativo!
Nei libri che ho letto io, il coccodrillo non fa queste cose!
Mi viene in mente ad esempio Guij Guij, scritto e illustrato da Chih-Yuan Chen1, in cui non si sa come il coccodrillo Guji Guji finisce per nascere in una famiglia di papere. Ebbene, quando una volta cresciutello si trova di fronte a dei suoi simili intenzionati a mangiarsi la sua famiglia, egli non ci mette molto a decidere che cosa fare. Non riconosce come propri nessuno degli istinti predatori che sembrano dominare quelli della sua specie, respinge in toto la possibilità di essere come loro! Non solo, ma si adopera per sgominare la loro banda. Lui sì che aveva ricevuto una buona lezione e aveva sconfitto la parte più deteriore della sua natura. 


Però sai, mentre dico queste cose un pensiero si insinua a intristirmi…


Certo un coccodrillo innocuo è comodo per me che sono uno scoiattolo… ma te ne devo dare atto: che tristezza un coccodrillo che non può permettersi di essere un coccodrillo! Tanto più quando a distrarlo dalla sua voce interiore sono la buona educazione, i modelli da imitare, o lo sguardo giudicante della società che sempre lo preferirà buono e giusto e innocuo…o magari le aspettative di mamma e papà.
Ad esempio in Mangerei volentieri un bambino2 i genitori del piccolo coccodrillo Achille fanno di tutto per distoglierlo dall’intenzione di mangiare un bambino. Gli offrono torte al cioccolato, squisite e succose salsicce e un casco di dolcissime banane, sembrano tanto premurosi eppure, a ben vedere, non ascoltano mai il proposito chiaro e determinato di Achille…il quale, dopo alcune avventure in riva al fiume con una bambina troppo grande (per ora) e dopo essere sceso a patti con le banane per diventare grande, riesce a ribadire le sue più irriducibili intenzioni solo nell’ultima pagina, in cui i genitori sono assenti.
Quanto dovrà aspettare il piccolo Achille per essere libero di mangiare un bambino? Riuscirà ad attraversare indenne l’età dell’educazione o il suo desiderio di mangiare un bambino sarà schiacciato da monti di banane che lasceranno sulla pagina sempre meno spazio per lui? 


Perché sai Formica…forse davvero l’educazione che si vuole impartire proprio ai coccodrilli e ai lupi e a tutte le creature selvagge non è che il desiderio imperioso dei grandi di calmierare un istinto, una natura che potendo esprimersi anche da sola, li renderebbe superflui. Ed è forse proprio per questo che Guji Guji non può accettare la somiglianza con i suoi simili e Achille deve imparare a tenere a bada il suo indecente appetito nascosto in angolino del libro…
La natura sussurra con una voce segreta inequivocabile e ai bambini dovrebbe essere garantito anche questo per diritto...la possibilità di sentire la propria natura e di pronunciarla, quale essa sia.

E se c’è una cosa che mi fa arrabbiare più di un coccodrillo affamato, sono le persone che non sanno ascoltare.
Ma tu sei Formica, e sai ascoltare benissimo
Scrivimi presto

Scoiattolo

PS. Avevo letto un buffo libro, in cui una signora era accecata dal suo desiderio di avere un gatto remissivo e coccolone di cui disporre liberamente, da non vedere la natura fiera del gatto irriducibile che le era toccato in sorte… Eppure quel gatto trionfava, e la sua natura non smetteva di sussurrare in lui nemmeno per un attimo….3



Ti chiedi una cosa che mi colpisce, Scoiattolo: quanto spazio sulla pagina vien lasciato a chi vuole seguire la propria natura?
Stai pensando ai libri che piacciono a noi, a quei libri che finiscono in piccole mani e piccole zampe, a quei libri che dovrebbero contribuire a costruire una corretta idea del mondo per chi del mondo è nuovo, giusto?
Hai ragione, sono rari, ma esistono.
Un lungo muso di lupo, in primissimo piano, letteralmente compresso tra i margini della pagina, squadra il lettore, come a dire: ehi tu, guardiamoci negli occhi e non diciamoci bugie.4
Io sono un lupo, sono nato nel bosco: "il bosco è la mia casa. Dentro c'è tutto quello che mi serve per vivere: papere, maialini, cerbiatti e altre golosità. Molti dicono che sono cattivo, ma la mia non è malvagità. Noi lupi siamo fatti così. È nella nostra natura mangiare altri animali. Non possiamo farci niente."


Questo lupo sente forte il bisogno di dirlo al suo lettore perché sente il peso del suo giudizio. Lui, il lupo, consapevole e abituato alla preconcetta visione che si ha di lui. Da Cappuccetto rosso in poi per il lupo è sempre stato molto difficile farsi accettare per quello che è.
Però però però, caro Scoiattolo, la prima volta che lui assurge agli onori della cronaca fiabesca, ovvero quando Perrault ne scrive per le dame di corte, il giudizio sembra circoscritto alla sua innata pericolosità.
A ben guardare, l'unica cosa che di lui si racconta è che nella sua indole c'è l'istinto di predare. Non è forse la verità? E se il pranzo o la cena sono una vecchia donna e una bambina, dipende dal fatto che Perrault, in chiave metaforica, gliele mette sul percorso per dimostrare che il mondo per le giovani donne può essere pieno di insidie...
Il lupo è chiamato dentro le fiabe a rappresentare il pericolo della ferocia.
Perrault si serve di lui per poter dimostrare che chi 'sconfina' nel suo territorio, chi decide di attraversare il bosco, lo fa a proprio rischio e pericolo.
Cappuccetto Rosso, non prendere la strada del bosco, perchè c'è il lupo che è pericoloso...
Solo in un secondo momento è arrivato il cacciatore, mandato tra quegli alberi dai fratelli Grimm, a fare giustizia, la giustizia degli uomini che tutto vuole governare. Lo scopo filantropico dei fratelli tedeschi è quello di tranquillizzare i piu' piccoli, dicendo loro che comunque, pur avendo 'sgarrato', a casa sani e salvi si torna sempre.
Mangiare per autentica fame una nonna e una bambina che ha preso la strada vietata diventa reato, e se il reo è il lupo, tocca a lui pagare il fio.
Fucilata e via.
E il lupo da feroce diventa mostro.
Ah, anche da Formica, sai quanto mi ci arrabbio ogni volta a ripensarci...
Ma fammi tornare al punto di partenza: in In bocca al lupo la scelta, o forse sarebbe meglio dire la consapevolezza, di quello che si è costituisce il primo snodo del racconto. Il secondo snodo è l'incontro con l'altro, in questo caso, l'altra. L'invaghirsi di quella bambina dal lungo cappuccio rosso e il successivo e naturale assecondare il proprio sentire, è al di là di ogni cultura di appartenenza.
Il lupo, forse perché selvatico e scevro da ogni condizionamento, non ha dubbi sul seguire il proprio istinto di amare: lo asseconda e si concede di vivere questa nuova condizione accanto a quella primigenia dell'esser lupo.
Scontando fino in fondo la propria meravigliosa ingenuità.
Assecondare ciò che si è - qualunque cosa si decida di essere - non è esercizio facile nella vita vera e, anche nei libri, di rado trovi storie che ragionino di questo.
Però però però, caro Scoiattolo, ora che ci penso, un libro ci sarebbe...
Lafcadio, il leone che mirava in alto 5 proprio da ciò prende l'avvio per arrivare a una conclusione piuttosto inaspettata che non ti voglio anticipare.
Ti basti sapere che il giovane leone nella savana, dopo aver mangiato un cacciatore piuttosto incapace e parecchio autoreferenziale, ne eredita il fucile. Come spesso accade, è il caso che cambia il corso di una vita. Così Lafcadio nella savana in mezzo ai leoni infastiditi con quel fucile si allena e si allena, fino a diventare il miglior tiratore del mondo.
E qui viene il meglio. Nonostante il branco degli altri leoni gli ricordi la sua natura, la sua appartenenza al mondo dei grandi felini predatori, lui decide di non farsi condizionare e di essere qualcos'altro (al di là di quello che tutti possono pensare di lui): per l'appunto un gran tiratore. Il migliore. 

 
Sai cosa significa questo? Una lenta ma inesorabile trasformazione di un leone in un essere umano. Non sono forse loro gli unici a usare i fucili su questa terra?

Tua Formica disarmata, per ora...















1Chih-Yuan Chen, Guji Guji (testo italiano A. Stoppa), Bohem Press 2015
2S. Donnio, D. De Monfreid, Mangerei volentieri un bambino (trad. F. Rocca), Babalibri 2012
3L. Segal, P.O. Zelinski, La storia della Signora Filadritto e del gatto Pussavia (trad. B. Lazzaro), Donzelli 2016
4F. Negrin, In bocca al lupo, Orecchio acerbo 2003
5S. Silverstein, Lafcadio. Il leone che mirava in alto (trad. E. Fantasia), orecchio acerbo 2009

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