venerdì 25 maggio 2018

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)



IL SENSO DEL DESTINO


Lauren Wolk ha portato a termine un progetto ambizioso, un romanzo per ragazzi che riprendesse le tematiche de Il buio oltre la siepe e le riproponesse.
L’anno in cui imparai a raccontare storie è un gran bel romanzo, di quelli che danno soddisfazione al lettore e alla lettrice, che facilmente si immergono nel racconto ricco di suspense e di avventura. Nello stesso tempo è un romanzo ‘a tema’, privo però di qualsiasi retorica, di qualsiasi finale rassicurante.
Il tutto comincia nell’autunno del ‘43, in piena guerra, in una cittadina americana, che vive di agricoltura e allevamento. Nella scuola, una sola classe dove vanno bambini e bambine di diversa età. L’io narrante è una ragazzina di dodici anni, Annabelle, con una vita tranquilla: vive nella fattoria di famiglia con i genitori, i nonni, i due fratelli più piccoli e una zia puntigliosa e petulante. In una baracca poco lontana, in mezzo al bosco, vive una sorta di vagabondo, Toby, isolato da tutti, e solo la famiglia di Annabelle ha contatti con lui.
La serenità di questa vita, funestata dalle notizie della guerra, con i suoi morti e feriti, si interrompe con l’arrivo di una ragazzina di poco più grande, Betty, che metterà fine non solo alla tranquillità ma anche all’infanzia della protagonista.
Betty è una bulla, prepotente, violenta e bugiarda. Non solo più volte aggredisce Annabelle, ma arriva a compiere atti più radicali. Colpisce con un sasso la piccola Ruth, che perderà un occhio, prepara una trappola per i due fratellini e in tutto questo tesse una tela di menzogne, per incolpare di tutto Toby. E’ facile incolparlo, è un diverso, uno ‘strano’ che gira con tre fucili a tracolla senza sparare mai un colpo; un tipo che si fa prestare la macchina fotografica per catturare gli istanti di vita nel bosco. Un tipo taciturno, di cui nessuno conosce la storia. Solo Annabelle, con i suoi genitori, crede veramente nella sua innocenza e cerca di salvarlo dalla caccia all’uomo che nel frattempo è stata organizzata: perché Betty è scomparsa e ancora una volta tutti incolpano Toby, la vittima sacrificale perfetta in una piccola comunità che non riesce a superare i suoi pregiudizi.
Annabelle è una ragazzina intelligente e intraprendente, riesce a nascondere Toby e a conoscere parte della sua storia, tragicamente legata all’esperienza fatta durante la Prima Guerra Mondiale. Nella sua giovane età ha più buonsenso di tutti, ma per scagionare Toby dovrà imparare a mentire, a dissimulare, a ingannare anche le persone più vicine. E a farsi carico dell’immenso dolore che annichilisce la vita di Toby.
Impossibile dire altro, perché la trama riserva diverse sorprese e colpi di scena.
L’anno in cui imparai a raccontare storie è un romanzo denso, che affronta in modo efficace tematiche impegnative: la prima, la più evidente, è relativa al pregiudizio, all’esclusione sociale, alla funzione quasi fisiologica di ‘cattivi’ che gli emarginati assolvono, loro malgrado, all’interno di una comunità. E’ facile trovare colpevoli in chi non ha gli strumenti per difendersi; è facile farlo quando si ha a che fare con comportamenti inconsueti, col rifiuto delle regole sociali più banali. Ma è anche presente la tematica del bullismo, qui interpretato da una ragazzina dalla vita difficile, incapace di controllare le conseguenze delle sue azioni.
Per tutto il libro c’è la sensazione che quello che sta accadendo è inscritto nell’incipit, il momento in cui Betty colpisce per la prima volta Annabelle.
La protagonista si dibatte nei dubbi, cerca una propria soluzione a una situazione divenuta drammatica, ben al di là della sua possibilità di intervento. Si può discutere a lungo se Annabelle esca sconfitta dalla vicenda di cui è protagonista. Sicuramente le cose non vanno come lei vorrebbe, ma è anche vero che è l’unica ad aver tenuto un comportamento coerente, lontano dai pregiudizi e dai luoghi comuni. Non è molto, quando è in gioco la vita delle persone , ma è un buon punto di partenza per crescere da persona onesta.
Come si vede c’è molto di cui discutere con ragazzi e ragazze dai dodici anni in poi, con la speranza di sollevare il gravoso e difficile tema della responsabilità.

Eleonora

“L’anno in cui imparai a raccontare storie”, L. Wolk, Salani 2018


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