I
FRAMMENTI DI UN'ESTATE
Niente paura, Little
Wood!, Jason Reynolds (trad.
Giuseppe Iacobaci)
Terre
di Mezzo 2018
NARRATIVA
PER MEDI (dai 9 anni)
"'Sputa il
rospo.'
Adesso tutti
guardavano Genie. Ad eccezione di Ernie, che era troppo impegnato ad
ammonticchiare quel che gli restava nel piatto sull'ultimo pezzetto
di toast. La mamma annuì, come a dire che Genie poteva dire
qualunque cosa gli stesse passando per la testa.
'Uhm', cominciò a
dire, un po' in imbarazzo. 'Beh, è solo che...' Genie guardò di
nuovo la madre, tanto per essere sicuro. Lei annuì di nuovo. 'È
solo che la mamma dice sempre che non si potrebbero portare gli
occhiali da sole in casa. Dice che fa male agli occhi e che si sembra
matti.'"
Genie conosce solo due
persone al mondo che non si tolgono gli occhiali da sole in casa: suo
fratello di 14 anni, Ernie, che lo fa per sembrare più fico e suo
nonno, il padre di suo padre. Di fronte al quale adesso si trova per
la prima volta, nella sua casa in Virginia. Esattamente alla vigilia
di un mese di vacanza che passerà con i nonni, perché i suoi
genitori sono in partenza per la Giamaica, nel tentativo di
recuperare il loro matrimonio un po' strinato.
La risposta che di lì
a pochi secondi gli darà il nonno lo spiazzerà parecchio quasi
quanto sapere che il quella casa in cima alla collina non c'è rete
per connettersi a Google in cerca di risposte alle mille domande che
ossessivamente si appunta sul suo taccuino.
Si prospetta una
vacanza davvero insolita con i due nonni, affettuosi ma piuttosto
originali, e sostanzialmente sconosciuti, con il fratello maggiore
che per dimenticare le pene d'amore si innamora dell'unica ragazzina
nel raggio di chilometri, Tess.
In un continuo
intreccio tra passato e presente, Genie non può che constatare che
la vita a Brooklyn è ben diversa da quella che da oggi con il
fratello maggiore farà al fianco di una nonna coltivatrice di
baccelli e un nonno cieco che gira con un revolver in tasca, tra case
abbandonate nel bosco e gabbiette di uccelli, un po' vuote, un po'
piene.
In un meraviglioso
percorso iniziatico, i due fratelli passeranno un'estate
indimenticabile.
E noi con loro.
L'estate, intesa come tempo di un passaggio, è un topos letterario
molto utilizzato nei libri per infanzia e adolescenza. Ma se in
letteratura è un tempo adatto per la costruzione di belle storie,
talvolta veri romanzi di formazione, lo è altrettanto nella vita
vera. Ed è forse questa coincidenza, tra letteratura e vita vissuta,
che ne decreta il successo e il continuo riproporsi.
L'estate, nella vita
vera, è il tempo della libertà per antonomasia, il momento della
rottura con le consuetudini. È un tempo elettivo per l'esperienza
del nuovo e quindi per la misura di se stessi: i primi amori, i primi
viaggi con gli amici, le prime esperienze di autogestione (seppure
parziale), le prime lontananze dalle sicurezze di casa e famiglia, le
prime esperienze di lavoro...
In letteratura sono
infiniti gli esempi di estati 'giganti'. In Niente paura Little
Wood si rispetta il canone classico: due ragazzini mollati dai
nonni quasi sconosciuti, in un luogo piuttosto sperduto che incita
alla scoperta, ritmi e attività totalmente altri rispetto a quelli
consueti, dunque vecchi vs giovani - Brooklyn vs Virginia. Su questo
impianto, che comunque già da solo basterebbe a garantirne la
qualità, si innestano una serie di varianti tematiche molto
interessanti e portatrici di questioni da mettere sul tavolo.
La prima, forse la meno
riuscita, è quella che vede profilarsi un vero e proprio rito di
iniziazione da parte di Ernie che sta per compiere gli anni e che,
per seguire la tradizione di famiglia, deve sparare il suo primo
colpo di pistola. La seconda, molto più risolta, sta nella
particolarissima personalità del nonno. Senza voler prendere in
esame il tema dei vecchi e dei giovani, dell'esperienza degli uni e
dello stupore degli altri, mi pare bella perché autentica la
personalità di questo vecchio nei confronti del suo controverso
passato e del mondo che adesso lo circonda. La sua cecità,
condizione del tutto nuova per Genie, lo trasforma in oggetto di
studio da parte del nipote, in una sorta di voyeurismo tra scienza e
affetto, questo nonno non si sottrae e diventa icona di fierezza e
nello stesso tempo di fragilità agli occhi di questo bambino. La
loro relazione affettiva cresce ed è palpabile: all'aperto nel buio
delle notti stellate o al chiuso alla luce della stanza 'degli affari
suoi', o davanti a un barattolo di tè freddo troppo zuccherato.
Attraverso questa
prospettiva originale, tutta giocata sui sensi, nonno e nipote si
legano indissolubilmente: come deve essere stato un po' di estati fa
quando il vero Jason Reynolds passò del tempo con il vero nonno
Ernest Reynolds, citato nella dedica. La terza questione che merita
menzione è la latente ansia che attraversa l'intero periodo e che dà
spessore alla figura di Genie. Che sia un bambino attento e sul chi
vive lo si capisce dal suo taccuino pieno di domande che compare,
forse anche troppo spesso, nel corso del romanzo. Ma l'ansia è una
condizione quasi naturale in cui il bambino si trova, quasi a suo
agio: riguarda in profondità la paventata separazione dei suoi,
l'incidente dell'autopompa rossa, il ricordo dello zio Wood, la
rondine uccisa a semini di mela, il terrore di dover mangiare piselli
tutta l'estate, l'idea di non avere connessione di rete per un mese
intero...La quarta variante al tema che consolida l'idea che questo
libro sia un gran libro, deriva in qualche misura dalla terza,
l'ansia, ed è l'uso della bugia. Paradigmatico il frammento di
rotellina che scompare....
Mentire è l'unico
mezzo che i piccoli hanno a disposizione di fronte al potere dei
grandi. La bugia come strumento necessario per guadagnare un tempo
utile alla soluzione dei problemi, per mettere a posto ciò che a
posto non è.
La bugia dunque non
stigmatizzata, anzi utilizzata come strumento di maturazione, di
crescita e, a conti fatti, di assunzione di responsabilità.
E intorno all'ansia e
alle bugie, Reynolds costruisce piccoli gioielli letterari, che danno
al lettore una percezione visibile dello sguardo di quel bambino: il
rosso dell'automobilina dei pompieri, l'argento della sua ruota, e il
blu della livrea di una rondine sotto un cesto. Bello.
Carla
Noterella al margine:
non mi stupisco che quel trentaquattrenne pieno di dreads e pieno di
energie, che è Jason Reynolds, sia diventato autore di culto negli
Stati Uniti. Mi pare che finora stia riuscendo a mantenere fede al
suo obiettivo, non scrivere libri noiosi, e c'è da essere grati a
Giuseppe Iacobaci per aver saputo rispettare questa energia.
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