mercoledì 22 gennaio 2020

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


QUELLO CHE I BAMBINI NON DOVREBBERO CONOSCERE



Quello che Sophie Adriansen ci racconta in ‘Il giorno speciale di Max’ è un episodio realmente accaduto: si tratta del rastrellamento degli ebrei parigini il 16 luglio del 1942.
Il protagonista è Max, un ragazzino che proprio il 16 luglio deve compiere otto anni; ha appena ricevuto in dono un bel pesce rosso, perché è il più bravo della classe e si aspetta la festa, col clafoutis di ciliegie e i regali che i genitori e la sorella, nonostante la guerra, sono riusciti a preparargli.
Max porta una stella gialla cucita sulla camicia e non gli dispiacerebbe nemmeno, se non fosse per gli insulti che riceve dai compagni di scuola. E’ del tutto ignaro del significato delle discriminazioni cui è sottoposto, così come è impreparato a quella strana avventura che si chiama rastrellamento.
L’autrice ci mostra i diversi passaggi, che dal rastrellamento portano ai campi di concentramento, attraverso gli occhi ingenui di un bambino, che mai, nel corso del racconto, coglie appieno il significato di quello che sta accadendo. Lui è preoccupato per il suo pesce rosso, che ha lasciato a casa, quando l’ha dovuta abbandonare in tutta fretta.
La vita nei campi di raccolta è dura, bisogna fare la fila anche per andare in bagno; ed è durante una di queste file che Max viene attirato da un pesciolino argentato che si muove vicino al muro; a tirare il filo che fa muovere il pesciolino di carta è un uomo che, appena Max si avvicina incuriosito, lo prende e lo carica in una macchina dove ci sono degli sconosciuti. Un rapimento? No, un salvataggio. Max arriva in una casa di campagna, dove ci sono altri bambini; cambia nome, impara a nascondere la propria identità.
Qui, finalmente, avrà la sua festa, con il clafoutis di ciliegie e un nuovo pesciolino da allevare. Qui aspetterà, invano, di poter riabbracciare i genitori e la sorella.
Sophie Adriansen ha scritto questa storia partendo da un episodio raccontatole da una conoscente, che era riuscita a sfuggire al rastrellamento del Velodromo, il primo luogo in cui le persone sono state raccolte, insieme a i figli. E’ tutto vero: il 16 luglio del ‘42 13.152 ebrei, di cui 4.115 bambini, sono stati presi dalle loro case e rinchiusi nel Velodromo. Vengono poi portati in campi di concentramento in Francia e poi deportati in Germania. Di quei 13.152 ebrei sono sopravvissuti in un centinaio, nessun bambino.
E’ altrettanto vero che in Francia la resistenza aveva costruito una rete di famiglie che nascondevano famiglie ebree.
Dunque, anche in questa piccola storia, riconosciamo i sommersi e i salvati, i giusti e i carnefici e soprattutto gli indifferenti.
Tutto questo, successo in fondo pochi decenni fa, è potuto accadere anche perché in pochi si sono opposti a quello che è stato il più grande sterminio di massa nella storia recente.
La storia di Max ci racconta tutto questo con l’ingenuità di un bambino che non comprende, non può e non dovrebbe mai succedere che possa farlo, quello che accade, cosa gli sta capitando e ci restituisce, in questo modo, tutta l’inumanità che quel genocidio, e tutti gli altri, rappresenta.
Le bambine e i bambini non dovrebbero mai sapere cos’è un genocidio, la discriminazione, l’abuso, la costrizione in campi di detenzione o di concentramento.
Ma siamo circondati anche oggi da esempi di infanzia violata: i bambini nei campi profughi, sui barconi, nelle guerre, nei campi di detenzione a breve distanza da noi.
Anche noi siamo malati di indifferenza?

Eleonora

“Il giorno speciale di Max”, S. Adriansen, ill. di I. Zanellato, De Agostini 2020


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