IL LORO CANTO LIBERO
LA ZAMPA DELL'OMBRELLO, Alice Umana, Agostino Iacurci
Orecchio Acerbo, 2011
ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)
"L'ombrello appartiene alla famiglia del pipistrello. Ce lo conferma una certa assonanza di suoni ancor prima che alcune precise caratteristiche fisiche comuni. Le ali palmate, per esempio, con pelle lucida e impermeabile, il muso stretto e appuntito, la tendenza a dormire rovesciato e avvolto nelle predette ali."
Mi piace pensare che la dolcissima Nalanera (che per sempre è addormentata sotto un pero) cui è dedicato questo libro, sia stato un cane o un gatto o, meglio ancora, un pipistrello, con il quale Alice Umana ha condiviso un tratto di esistenza. E di cui ha riconosciuto e rispettato identità e natura indipendente.
Se fosse così, l'inno alla libertà e nel contempo la critica al gusto, tutto umano, dell'addomesticamento che questo libro lascia intendere al lettore, troverebbe anche una motivazione personale che parte dall'esperienza dell'autrice.
Ma questa è solo una ipotesi sognante.
Torniamo ai fatti e al libro di questi due giovanissimi autori alla loro prima pubblicazione. Secondo Alice Umana, gli ombrelli appartengono alla famiglia dei pipistrelli: la forma e il nome lo confermano. Animali liberi, non certo da compagnia, gli ombrelli vivevano benissimo sugli altipiani del Vuenàl senza l'uomo e passavano le loro giornate cantando con voce melodiosa. Purtroppo però il vento Sifir portò le loro voci troppo lontano: alle orecchie degli uomini, gli abitanti di Ib, che di questo canto si innamorarono. Alla loro richiesta di cantare tutti i giorni, tutto l'anno, gli ombrelli si opposero. Ad essi piaceva farlo solo quando ne sentivano il desiderio. Tale rifiuto generò negli uomini dominatori una gran rabbia e una gran guerra: tutti gli ombrelli, poco avvezzi allo scontro, furono fatti prigionieri, immobilizzati da quel laccetto con bottoncino di metallo che ne impedisce l'apertura. Una volta 'deportati' in città, gli ombrelli però smisero di cantare. Persero la loro melodiosa voce, forse per nostalgia di libertà o per rabbia di schiavitù. Fatto sta che ora gli ombrelli non cantano più e gli uomini ancora oggi, immemori, ne sono gli inconsapevoli carcerieri.
Il senso identitario degli ombrelli, la loro strenua resistenza, la loro capacità di non piegarsi (se non nel manico...) e dall'altro lato la tracotanza miope e bellicosa degli uomini sono i grandi temi che si nascondono dietro questa storiellina ironica ed elegante.
Elegante ed ironico nel testo - divertenti sono i nomi di luoghi e animali - come anche nelle illustrazioni che nella loro originalità composta portano in sé tracce rivisitate di altri grandi illustratori (a me pare di vederci Maggioni o Quarello...)
Non posso non notare che, a proposito dell'atteggiamento che in questo libro dimostrano gli abitanti di Ib, così avvezzi all'addomesticamento, alla prevaricazione, alla mancanza di rispetto delle altre identità, esiste un'affinità con un altro libro che di questo racconta, anche se con una complessità narrativa e di impianto diversa: penso a Gli ultimi giganti di Francois Place edito da Ippocampo Junior nel 2009.
Leggeteli e gustate le illustrazioni di entrambi, ne vale davvero la pena.
Carla
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