UN FURBO IN CUCINA
ZUPPA DI NIENTE, Darabuc, Rashin Kheiriyeh
Logos, 2011
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)
Nella vita vera, detesto i furbi e gli imbroglioni.
Nelle fiabe, è un'altra cosa. Lì, faccio un'eccezione per tutti quei furbi che puniscono la stupidità. Altro difetto che tollero poco. Per questa ragione, adoro i due sarti che mettono in mutande l'imperatore, adoro il Piccolo Claus che imbroglia il Grande Claus e, più in generale, mi schiero dalla parte dei piccoletti e poveretti che nella scaltrezza trovano l'unica loro arma contro i più grandi e i più ricchi e i più potenti.
Ed ecco perché vi propongo questa storiellina che con la fiaba della tradizione popolare ha molto a che fare.
"Con più polvere sulle scarpe che denari nel borsello, bussarono alla porta del palazzo Mariavolpe e Piergatto. - Signore, avrebbe qualcosa da darci...? Un tozzo di pane, una tazza di brodo...? - Macché niente. Sono povero come un cesto senza pane e una pentola senza brodo - mentì Giantopo."
Così si incontrarono due furbacchioni e uno sciocco avaro.
Mariavolpe e Piergatto, probabilmente reduci dal loro ultimo colpaccio ai danni di un burattino di legno e non ancora dismessi i loro abiti da mafiosi americani anni Trenta, sono in cerca di cibo a sbafo. E cosa c'è di meglio che ottenerlo con l'inganno da un topetto taccagno che pensa di essere furbo?
Il gioco è semplice. Basta avere due sassi in tasca, un po' di faccia tosta e, naturalmente, una buona idea.
Come già nella fiaba della tradizione brasiliana intitolata Zuppa di pietre (F. Lazzarato, Il pappagallo che fa cra-cra, Mondadori 1995) il furbo Pedro Malazarte ottenne da una vecchia avara una squisita zuppa, mettendoci di suo solo due sassi, così Mariavolpe e Piergatto preparano con i succulenti ingredienti, ottenuti senza parere dallo sciocco topo, un'ottima minestra. Tuttavia la cattiveria non ha limiti e, se almeno Pedro condivise con la vecchia la zuppa, qui Giantopo deve accontentarsi di sgranocchiare la parte più tenera dello stufato, ovvero i sassi.
Come nella migliore tradizione dei libri Logos (collana Oqo. Ve ne ho già accennato in altri post...), anche qui si ritrova un testo divertente, al limite della filastrocca nel suo ripetersi, che Darabuc aveva già proposto, per es. in Occhiobrusco (ill. Maurizio A.C. Quarello, Logos 2009). A questo si aggiunge l'ironia dei disegni della giovane e pluripremiata illustratrice iraniana Rashin Kheiriyeh. Le sue tavole prendono corpo attraverso l'uso alternato di tecniche quali la texture con pastosi colori a olio dalle tinte pastello, il collage e il tratto leggero di una matita. Il tutto organizzato con tagli di prospettiva insoliti e mai banali.
Ecco dunque un altro libro Logos che valeva la pena di aspettare.
Tuttavia, con tutto questo scrivere di zuppe e di sassi, non posso non citare quello che io considero, nella tradizione del genere, un Libro con la L maiuscola: Zuppa di sasso (scritto e magistralmente illustrato da Anais Vaugelade e pubblicato da Babalibri nel 2001).
E' uno di quei libri che - dico sempre ai bambini - se non lo hai letto potrai diventare alto, ma non crescere, diventare grande...(di solito dopo questa mia sentenza rimangono perplessi, eh eh).
Protagonista un lupo vecchio e senza denti che, in un sacco sulla spalla, porta a fatica un pesante sasso. Gallina, maiale, cavallo, oca, pecora capra e cane, dapprima sospettosi, ma in seguito ben contenti dello stare in compagnia, contribuiscono inconsapevolmente a creare un gustoso minestrone secondo la sconosciuta ricetta del lupo. Zuppa di sasso mi è sempre piaciuto per questa sua atmosfera sospesa, ribadita secondo me dal piccolo disegno finale che non vi svelo. Sguardi perplessi e atmosfera sospesa, in cui ciascuno sta un po' a guardare quello che fanno gli altri e poi vi si adatta. A parte il lato thriller che io ci trovo, quel che resta in testa, una volta chiuso il libro, al di là della furbizia del lupo e della dabbenaggine degli altri, è la sensazione che tutti abbiano comunque passato del buon tempo assieme, compreso tu che sei il lettore.
E questo fa la differenza.
carla
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