venerdì 30 settembre 2011

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


TRAIN DE VIE - UN TRENO PER VIVERE


LA RICERCA DELLA TERRA FELICE, Uri Orlev
Salani, 2011

NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)

" La mamma prese una bella cucchiaiata di chicchi dal vasetto e li masticò. Poi dalla bocca li riversò in una tazza di latta. Ne prese un'altra e di nuovo masticò il grano e lo passò nella tazza. Aspettavamo impazienti di vedere cosa sarebbe successo.
Quando la tazza fu piena, la mamma prese a imboccarci. Ci spiegò che gli uccelli nutrono i loro piccoli in questo modo." (p. 26)


In questo breve brano e racchiusa la sintesi di questo bel libro di Uri Orlev. 
Si tratta del racconto asciutto di quella che fu per molti l'enorme fatica del vivere in periodo di guerra e della forza di volontà estrema di una madre per salvare i propri piccoli. Il racconto prende spunto da una vicenda realmente vissuta da un bambino e dalla sua famiglia,a partire dal 1940 fino al 1947. La storia di una famiglia, quella di Eliusha, ebrea russo-polacca, in fuga verso il Kazakistan e da qui, dopo un lungo e pericoloso viaggio attraverso l'Europa in guerra, verso la successiva e definitiva destinazione: Israele.
Dopo la separazione dal padre, arruolatosi nell'esercito sovietico, i quattro ragazzini e la madre, si inventano - giorno dopo giorno - modi diversi per poter sopravvivere. Eliusha impara a raccogliere lo sterco di vacca da utilizzare come combustibile da riscaldamento, impara a pescare nel ghiaccio, impara a catturare i piccoli di cuculo e a cucinarli in brodo. Grazie allo spirito di sacrificio e all'abnegazione di sua madre, ma anche grazie al coraggio di questo bambino e alla sua intraprendenza, commista a una buona dose di incoscienza, la famiglia riesce a rimanere unita e a sopravvivere alle mille avversità della guerra e ad arrivare a raggiungere finalmente la serenità tanto sognata.
La storia ha sostanzialmente due scenari di fondo: da un lato, il Kazakistan che si identifica nella periodo di lotta più dura per la sopravvivenza, e dall'altro Israele e il kibbutz, ovvero il raggiungimento di una certa serenità, in prospettiva del ricongiungimento finale della famiglia (ad eccezione del padre, morto in guerra, più o meno a metà della narrazione).
Molteplici sono i motivi per cui questo libro può essere consigliato a giovani lettori.
In primo luogo perché racconta senza sconti, e senza retorica, con grande onestà e crudezza cosa può significare vivere in periodo di guerra (e Orlev non è nuovo a questo genere di racconti), in secondo luogo ci racconta con altrettanta asciuttezza come in guerra, i rapporti umani si modificano e, per necessità, anche ai piccoli viene chiesto di essere adulti. Tuttavia, la bellezza del libro risiede anche,e forse di più, nel lucido racconto di come era la vita contadina in una regione remota dell'Unione Sovietica negli anni Quaranta del secolo scorso e di come era organizzato il sistema sociale all'interno dei nascenti kibbutz, in terra di Israele.Tanto in un caso, quanto nell'altro sembra emergere una società solidale, costruita sui valori di una comunità in cui ogni singolo non stenta a riconoscersi, anzi è fiero di farne parte, contribuendo giorno per giorno all'accrescimento del bene comune. Valori che oggi sembrano piuttosto lontani da quelli che ispirano la nostra opulenta società occidentale.
Carla

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