IMPASTANDO...IMPASTANDO
Dopo 24 ore la pasta molliccia si è ricoperta di bolle: l’acqua di fermentazione della mela ha fatto il suo compito.
Ora bisogna aggiungere una tazza di farina e mescolare l’impasto, che sarà ancora molto morbido, con il cucchiaio. Una volta incorporata perfettamente la farina, occorre staccare cinque cucchiaiate del nostro impasto e metterle in un barattolo di vetro. In questa maniera abbiamo messo da parte il lievito che sarà la “madre” del nostro prossimo pane.
Intanto aggiungete alla pasta restante un cucchiaino di sale e tanta farina quanta è sufficiente a impastare il tutto senza che il composto si appiccichi alle mani. Se ne avete messa troppa aggiungete qualche cucchiaiata di acqua tiepida.
Lavorate l’impasto per dieci minuti: dovete premerlo con i palmi sulla superficie del tavolo, staccare dei pezzi e poi ricomporli; dovete appoggiarlo su una mano e con l’altra colpirlo con dei pugni. Insomma, impastare il pane è un ottimo esercizio per sfogare il nervosismo in maniera positiva e costruttiva.
Al termine dell’impasto date al composto una forma, potete farne un panino rotondo come quello che ho fatto io.
Con il coltello incidete la superficie in modo da facilitare la lievitazione. Io l’ho decorato imprimendo gli aghi di un timbro da pane che proviene dall’Uzbekistan. Ha forma di fiore e viene usato come segno di riconoscimento quando il pane di molte famiglie è cotto nello stesso forno comune. L’uso dei marchi (o pintaderas) in terracotta per contrassegnare il pane risale alla protostoria.
Il mio pane ora è in cucina protetto da un panno umido. Lieviterà tutta la notte e domani mattina, prima di uscire per andare al lavoro lo cuocerò in forno a 200°C per quaranta minuti.
Nel frattempo la “madre” mettetela in frigorifero. Domani vi darò le indicazioni per mantenerla in vita.
Lulli
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