UN
REGALO DEL CIELO,
Gustavo Martín Garzo, Elena Odriozola
SM,
2007
ILLUSTRATI
"No
es normal que se pierda un bebé.
Es
verdad que las mamás suelen ponerse
un
poco nerviosa cuando lo tienen, y pierden el bolso, el teléfono
móvil o hasta la cabeza,
mas
raras veces a su bebé."
Ma
quel giorno era un giorno speciale. Ben due mamme persero il loro
piccolino: una mamma umana e una mamma pecora. Il fatto era che,
così stanche per il gran lavoro che avere un bambino comporta,
entrambe si erano addormentate. Alla mamma umana, assopitasi su una
panchina del parco, sfuggì la carrozzina che scivolò nel ruscello e
cominciò a navigare con la corrente. La mamma pecora, invece, si
addormentò tra i giunchi e il suo piccolo si allontanò inseguendo
una libellula che lo condusse fino alle porte della città.
Le
mamme, svegliatesi entrambe di soprassalto, ebbero un bello spavento
nel non veder più i loro piccoli. Li cercarono dappertutto, in lungo
e in largo, ma il caso volle che ciascuna ritrovò solo il piccino dell'altra: la
mamma umana trovò l'agnellino, la mamma pecora, il bambino. Dei
rispettivi figli, nessuna traccia.
Ma
un piccolo fa comunque tenerezza; così, entrambe, a gran distanza
l'una dall'altra, decisero che per consolazione si sarebbero tenute
il cucciolo. L'agnellino, nella casa di città, era molto contento
della sua nuova mamma quanto il bambino, nel prato di erba alfa alfa,
era felice con la sua mamma pecora.
Questa
è la prova provata che piccoli e mamme sono fatti per stare assieme,
non importa la specie, la razza cui appartengono. E sarebbe bello che
più spesso capitassero questi scambi. Per esempio il piccolo della
mucca potrebbe ben passare qualche giorno con mamma elefante e il
micetto con mamma scrofa, un passero con un gruccione tutto colorato.
Se ciò succedesse, ciascuno potrebbe capir meglio come vivono gli
altri. Però passar del tempo lontano dal proprio piccolo è ben
altra cosa che darlo via per sempre...
Infatti,
un bel giorno un pastore che vide la pecora con il bambino chiamò
subito la mamma umana perché se lo venisse a riprendere e quando
questa li incontrò si rese conto che il piccolo agnello che lei
aveva allevato altri non era che il cucciolo di quella pecora che si era dimostrata tanto
premurosa con il suo bebè.
Prima
di separarsi e di riprendersi i rispettivi figli, le due mamme si
ripromisero di vedersi ancora, ma le vite così diverse le tennero in
realtà lontane...
Ci
si chiede allora se con il tempo si dimenticarono dei loro altri
bambini, quelli che avevano allevato con amore per un po'...
No,
non lo fecero: ai piccoli 'prestati' mandavano spesso un pensiero e
con malinconia si dicevano fra sé che con loro se ne era andato
anche un pezzo del proprio cuore, questo perché tutti i bambini del
mondo sono un regalo del cielo. E nelle stanze di una casa di città
si poteva udire, talvolta: "Che carino che sei, hai gli occhi
dolci come un agnellino....", mentre nell'ovile si poteva
sentire: "Che meraviglia, sembra proprio che sorrida come un
bambino..."
Ulteriore
tappa del mio viaggio estivo 'solo immaginato' tra gli scaffali
'solo immaginati' delle librerie di Spagna (chi si contenta,
gode...).
Questo
strepitoso albo mi colpì anni fa nello stand di SM a Bologna e,
visto che non c'era possibilità di acquistarlo lì seduta stante, me
lo sono comprato altrove, in Spagna (per i più sedentari c'è sempre
Amazon).
Lo
considero un capolavoro di albo illustrato. Testo e immagini,
entrambi i codici espressivi, si fondono, si compenetrano, si
arricchiscono a vicenda e ciò che ne risulta è un libro di grande pregio.
Il
valore di quanto racconta il testo: il senso assoluto della maternità
e della cura dei grandi nei confronti dei piccoli, quali che siano;
l'importanza di 'andare a vedere' chi siano veramente gli altri;
l'amore che vince attraverso il ricordo su lontananza e tempo sono
tre dei temi che con estrema levità e sintesi felice Gustavo Martín
Garzo affida al lettore. Ma l'illustrazione di Elena Odriozola,
grandissima interprete di testi e maestra insuperata di leggerezza,
sintesi e delicatissimi equilibri, dati da un continuo 'togliere' il
superfluo, si insinua negli spazi 'bianchi' lasciati dal racconto.
E
allora molto di più che nel testo si può leggere nelle immagini:
con ironia la Odriozola gioca con il testo e la distrazione di una
mamma umana fa sì che lei porti il suo piccolo come una borsetta.
Con poesia racconta, attraverso il vuoto, la solitudine di una
carrozzina che galleggia in una pagina tutta bianca (unici testimoni,
un pesciolino rosso e una foglia caduta).
Racconta lo spasmo della
perdita, mettendo una mamma di vedetta sopra un ramo di un albero in
un parco silenzioso e ancora tanto vuoto. La malinconia della perdita
e la consolazione di un altro piccolo da accudire la si legge in un
ritratto appeso alla parete, in un peluche abbandonato sulla
poltroncina in un pagliaccetto caduto a terra e svuotato del bebé, in una pallina e un libro abbandonati, come pure, dall'altro versante della storia, nell'affannosa
produzione 'a maglia' della pecora solerte che lascia tutti un po'
interdetti, o in una carrozzina in un pascolo invernale.
La Odriozola
racconta il ricordo che non ci lascia nel gesto di un bambino che
'riconosce' in un paltò molto lanoso, il caldo vello che lo scaldò
da piccino, o ancora nella sciarpa rossa che avvolge e difende dal
freddo la mamma umana e che pare proprio esser stata lavorata un
giorno dalla zelante pecora.
Ma
è nell'ultima immagine che l'immaginario dell'illustratrice prende
il volo, è proprio il caso di dirlo e va aldilà del testo stesso:
ancora una volta in un'atmosfera aerea, una mamma passera veglia sui
sonni che si intrecciano nel suo nido fatto a maglia, dove non un
gruccione, ma un cucciolo di volpe, si stringe amorevolmente ad un
implume passerotto.
Carla
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