IL PARLAR PARLATO
TREDICI FAVOLE BELLE E UNA
BRUTTA, Paolo Nori
Rizzoli, 2012
NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni)
"Io non sono sicuro ma ho come
l'impressione che, l'ho messo anche nel titolo, che dentro questo
libro ci sia finita una favola che doveva star fuori; a me queste
favole piacciono, son belle, secondo me, però ce n'è una che
proprio mi suona che è brutta..."
Nori, in questo suo costante dialogo
immaginato con il lettore, lo chiama dentro, fino all'ultima pagina,
dove si legge quest'invito allettante che suona più o meno così:
Trovala tu, quella che ti sembra brutta e poi scrivimi presso la casa
editrice e io in cambio ti manderò una cosa, ma piccola, perché qui
di cose grandi non ce ne sono.
Tredici storielline di bambini:
Luisella che ha un padre distratto, ma mago; Kevin che vorrebbe tanto
vincere i Blu a pallone, ma onestamente; Mirco al quale
temporaneamente sostituiscono il cervello, ma poi si riprende il suo;
Aurelio, Agnese, Piera, Valerio e gli altri. Tredici storielline che
potrebbero essere state scritte da Nori sotto dettatura dei loro
protagonisti, o quanto meno, dai loro migliori amici.
I bambini sono in ogni riga di questo
libro.
Il linguaggio utilizzato mi pare molto
'bambino' : è quello parlato, parlato da un bambino che lo pratica
da non molto tempo: mille ripetizioni, verbi un po' sbagliati,
lessico ristretto, intrecci e circonvoluzioni ad ogni capoverso.
La lettura del mondo quotidiano che si
trasforma da reale in assurdo in un battito di ciglia, mi pare molto
'bambino'.
Il gusto per l'esagerazione, figlia di
un 'immaginario' senza confini, in continua e illimitata espansione,
mi pare molto 'bambino'.
Il gusto per il 'tormentone', la
ripetizione della ripetizione della ripetizione che diventa quasi una
filastrocca, che via via perde di senso, ma acquista in musicalità,
mi pare molto 'bambino'.
La prospettiva da cui si guarda il
mondo, una prospettiva fatta di ingenuità e tenerezze, mi pare molto
'bambina'.
Per queste cinque principali ragioni so
che ai bambini questo libro piacerà.
Si appassioneranno per le sorti di
Martina, sommersa dai regali che riceve ogni giorno -cicogne rosa
della Sardegna, elefanti di latta azzurro carta da zucchero- e
recuperata grazie ad un'azione combinata di un bobcat noleggiato
dallo zio e dei pompieri che riempiono un intero container con i suoi
giocattoli.
Oppure si immedesimeranno nel povero
Mariolino che, ogni anno, è alle prese con la difficile arte di
saper scegliere il regalo adatto alla sua mamma.
Storie che si muovono in provincia, che
hanno un ritmo da piccola città, dove la gente si parla ancora, dove
ci si accorge l'uni degli altri, dove il tempo non è accelerato e
dove si ride. E tanto.
Tre su tutte sono le cose che mi pare
emergano da questo libro: il linguaggio, la risata e i bambini. Con
un talento quasi bergonzoniano, anche Nori, 'uno che scrive libri'
per grandi di solito, gioca moltissimo con tutti e tre,
intrecciandoli e ottenendo spesso risultati davvero gradevoli.
A parte una storia di tono diverso
dalle altre, molto intima, personale e tenera, quasi commovente per
autenticità, mi pare che Nori per queste sue favole si sia
incamminato lungo la strada rodariana. L'omaggio dichiarato che fa al
maestro, nel citare una sua favola, sembra confermarlo.
Con grande sensibilità e acutezza,
racconta ancora oggi, quegli stessi bambini ai quali Rodari faceva
perdere i pezzi o rendeva invisibili per permettergli di rubare in
pasticceria.
A Rodari e al 'bambino rodariano' Nori
guarda, ma talvolta si fa prender troppo la mano e talvolta pare un
po' perdere quel meraviglioso equilibrio tra fantasia e realtà, tra
parlar scritto e parlar parlato che in Rodari è sempre
calibratissimo e perfetto.
Ma far diventare scritto il linguaggio
parlato è, ad evidenza, un obiettivo di Nori che qui teorizza l'ipotesi
che forse fra trent'anni si scriverà così...
Il libro di Nori è, a mio avviso, una
piacevolissima lettura da fare in condivisione, ad alta voce con un
bambino (d'altronde il libro prima di essere stampato ha passato 'il
collaudo' di sua figlia), ma va fatta necessariamente in piccole
dosi.
Una favola a sera, non di più e non
si rovinerà il gusto gradevole che il libro porta in sé.
Rodari, lui no, si può leggerlo tutto
d'un fiato e poi rileggerlo e ancora e ancora e l'esperienza sarà
sempre bellissima.
Qui, forse, la differenza, seppur
scontata.
Carla
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