IN RICORDO DEI MAGNIFICI E FOLLI
I GATTI DI COPENHAGEN, James Joyce,
Casey Sorrow
Giunti, 2012
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
AHIMÉ!
Non ti posso inviare un
gatto
di Copenhagen perché
a Copenhagen non ci
sono gatti.
Ci sono PESCI e
BICICLETTE in quantità,
ma non ci sono gatti.
Caro nipote mio, qui la
situazione è piuttosto insolita. Neanche l'ombra di un gatto, e
nemmeno poliziotti: sono tutti a letto a fumare sigari e a bere
latticello. In compenso la città pullula di postini in bicicletta,
con la loro bella tuta rossa. Pedalano avanti e indietro per portare
le richieste degli abitanti ai poliziotti pigri. Si tratta
soprattutto di richieste di vecchiette per attraversar la strada,
richieste di bambini per avere dei dolcetti, richieste di ragazze che
si interessano alla luna. Ma non sarebbe più semplice che fossero i
gatti ad aiutare le vecchiette ad attraversar la strada...Tu che ne
pensi, bambino mio?
Così scriveva Joyce al suo
unico nipote, Stephen, dalla tranquilla e amata Danimarca. Durante un
suo soggiorno nel 1936, lo scrittore irlandese scriveva questa
letterina un po' folle ma, nel contempo piena di tenerezza e piena di
riferimenti che alludono evidentemente a un loro 'codice' di
comunicazione molto personale.
Un racconto breve breve che
sfiora l'assurdo ma che testimonia un fatto molto importante: quella
relazione unica e irripetibile che talvolta si instaura tra un nonno
e un nipote.
Mio padre non era Joyce ma a
fantasia non lo batteva nessuno. Lo ricordo molto bene raccontare a
mia figlia margherita nelle loro passeggiate a due, di solito
gitarelle sul treno metropolitano o sotto il grande pino all'angolo
di Largo Damiano Chiesa a raccattar pinoli, l'intera saga dei
Nibelunghi di wagneriana memoria, frammista a passi salienti
dell'Odissea o del Flauto Magico. Mischiava tutto per creare solo per
lei, per le sue orecchie acerbe, una storia nuova, per l'appunto
unica e irripetibile.
Non prendetemi per pazza, o
mitomane, ma quando ho letto questa lettera di Joyce, che ora è un
libro, ho subito pensato a mio padre.
Oggi 2 novembre, è di
sicuro colui il quale mi manca di più; segue a ruota il cane mimmo. Due
cose li accomunavano: erano entrambi magnifici e folli.
Carla
Noterella al margine, ma poi
neanche tanto.
Questo libro, nella sua
edizione irlandese originale, contiene tre gioielli: il testo, la
tipografia (ovvero i caratteri con cui è scritto) e le
illustrazioni.
Il primo si commenta da sé:
è Joyce!
Del secondo va detto che
aggiunge preziosità ad un testo che è già prezioso da sé. Michael Caine, artista del libro e virtuoso della stampa, ha immaginato una
tipografia del tutto originale, ispirata ai caratteri a stampa
italiani e francesi dei primi del Novecento,
e ne ha stampato per la
Ithys Press duecento copie (di cui 26 fatte a mano, 170 copie a
stampa numerate a 450 euro l'una e 4 fuori commercio). Di queste
copie di libro d'artista alcune sono visibili nelle collezioni delle
più importanti biblioteche del mondo che possiedono i maggiori archivi di opere di Joyce. Legatura, copertina, con carta
marmorina fatta a mano, carta utilizzata uso mano, sono ovviamente
all'altezza della preziosità dell'oggetto e sono ad opera di un artista della legatoria, il gallese Christopher Rowlatt.
Il terzo elemento sono le
illustrazioni di Casey Sorrow. Fatte a penna e inchiostro, poi
diventate cliché per la stampa, esse sono percorse dalla stessa vena
di follia che caratterizza il testo. L'autore, geniale fumettista,
illustratore e grafico americano, forse è cresciuto leggendo il
libri del Dr. Seuss?
Va da sé che l'edizione
italiana, come quella greca o quella americana non sono altrettanto
preziose, ma tutti e tre gli editori hanno cercato di conservare
l'originalità e il pregio dell'inarrivabile edizione irlandese.
Giunti, in particolare, ha
introdotto il colore e qualche 'banalità' di progettazione grafica di troppo.
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