venerdì 2 novembre 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

IN RICORDO DEI MAGNIFICI E FOLLI

I GATTI DI COPENHAGEN, James Joyce, Casey Sorrow
Giunti, 2012


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

AHIMÉ!
Non ti posso inviare un gatto
di Copenhagen perché
a Copenhagen non ci sono gatti.

Ci sono PESCI e BICICLETTE in quantità,
ma non ci sono gatti.


Caro nipote mio, qui la situazione è piuttosto insolita. Neanche l'ombra di un gatto, e nemmeno poliziotti: sono tutti a letto a fumare sigari e a bere latticello. In compenso la città pullula di postini in bicicletta, con la loro bella tuta rossa. Pedalano avanti e indietro per portare le richieste degli abitanti ai poliziotti pigri. Si tratta soprattutto di richieste di vecchiette per attraversar la strada, richieste di bambini per avere dei dolcetti, richieste di ragazze che si interessano alla luna. Ma non sarebbe più semplice che fossero i gatti ad aiutare le vecchiette ad attraversar la strada...Tu che ne pensi, bambino mio?


Così scriveva Joyce al suo unico nipote, Stephen, dalla tranquilla e amata Danimarca. Durante un suo soggiorno nel 1936, lo scrittore irlandese scriveva questa letterina un po' folle ma, nel contempo piena di tenerezza e piena di riferimenti che alludono evidentemente a un loro 'codice' di comunicazione molto personale.
Un racconto breve breve che sfiora l'assurdo ma che testimonia un fatto molto importante: quella relazione unica e irripetibile che talvolta si instaura tra un nonno e un nipote.
Mio padre non era Joyce ma a fantasia non lo batteva nessuno. Lo ricordo molto bene raccontare a mia figlia margherita nelle loro passeggiate a due, di solito gitarelle sul treno metropolitano o sotto il grande pino all'angolo di Largo Damiano Chiesa a raccattar pinoli, l'intera saga dei Nibelunghi di wagneriana memoria, frammista a passi salienti dell'Odissea o del Flauto Magico. Mischiava tutto per creare solo per lei, per le sue orecchie acerbe, una storia nuova, per l'appunto unica e irripetibile.
Non prendetemi per pazza, o mitomane, ma quando ho letto questa lettera di Joyce, che ora è un libro, ho subito pensato a mio padre.
Oggi 2 novembre, è di sicuro colui il quale mi manca di più; segue a ruota il cane mimmo. Due cose li accomunavano: erano entrambi magnifici e folli.


Carla

Noterella al margine, ma poi neanche tanto.
Questo libro, nella sua edizione irlandese originale, contiene tre gioielli: il testo, la tipografia (ovvero i caratteri con cui è scritto) e le illustrazioni.
Il primo si commenta da sé: è Joyce!
Del secondo va detto che aggiunge preziosità ad un testo che è già prezioso da sé. Michael Caine, artista del libro e virtuoso della stampa, ha immaginato una tipografia del tutto originale, ispirata ai caratteri a stampa italiani e francesi dei primi del Novecento, 


e ne ha stampato per la Ithys Press duecento copie (di cui 26 fatte a mano, 170 copie a stampa numerate a 450 euro l'una e 4 fuori commercio). Di queste copie di libro d'artista alcune sono visibili nelle collezioni delle più importanti biblioteche del mondo che possiedono i maggiori archivi di opere di Joyce. Legatura, copertina, con carta marmorina fatta a mano, carta utilizzata uso mano, sono ovviamente all'altezza della preziosità dell'oggetto e sono ad opera di un artista della legatoria, il gallese Christopher Rowlatt.
Il terzo elemento sono le illustrazioni di Casey Sorrow. Fatte a penna e inchiostro, poi diventate cliché per la stampa, esse sono percorse dalla stessa vena di follia che caratterizza il testo. L'autore, geniale fumettista, illustratore e grafico americano, forse è cresciuto leggendo il libri del Dr. Seuss?
Va da sé che l'edizione italiana, come quella greca o quella americana non sono altrettanto preziose, ma tutti e tre gli editori hanno cercato di conservare l'originalità e il pregio dell'inarrivabile edizione irlandese.
Giunti, in particolare, ha introdotto il colore e qualche 'banalità' di progettazione grafica di troppo.

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