VANGO
La lettura di Vango
è sicuramente complessa: sia nel primo volume che nel secondo,
uscito da poco, si intrecciano diversi piani temporali, con una
tecnica di scrittura che contraddistingue Timothée de Fombelle. In
entrambi i volumi, che raccontano la storia movimentata di un giovane
rampollo dei Romanov, si accavallano le vicende di molti personaggi,
alcuni ben definiti altri appena abbozzati, che si muovono
freneticamente fra Parigi e New York, fra l’isola di Salina e
l’Inghilterra. Molti dei nostri giovani lettori indietreggiano di
fronte a due difficoltà: una, come si è detto, è data dalla
complessità della trama, dal dover andare avanti e indietro nel
tempo e nello spazio, l’altra riguarda l’ambientazione storica
scelta, fra la rivoluzione russa e le seconda guerra mondiale.
Detto questo, rendiamo
onore al merito: c’è, nel nostro autore, una grande padronanza
della narrazione, che nel secondo volume si snoda con chiarezza;
abbiamo di fronte un romanzo corale, in cui ciascun personaggio,
compreso Iosif Vissarionovich Dzugasvili, detto Stalin, acquista la
sua giusta collocazione in un mosaico di intrighi, avventure,
passioni, amori sottaciuti, segreti.
Nel dipanarsi della
vicenda, che passa dalla prima guerra mondiale alla Resistenza nella
Francia occupata dai nazisti, perde importanza l’interrogativo che
chiudeva il primo volume, cioè chi fosse Vango, che legami avesse
con la Russia; e diventa sempre più importante la vicenda umana che
lega il protagonista a Ethel o a Mademoiselle, a padre Zefiro o alla
Talpa. Ciascun personaggio porta nel cuore un dolore, una perdita,
una separazione; ognuno di loro per difendere i propri affetti, per
mantenere le proprie promesse deve conservare il segreto, deve
fuggire e nascondersi, deve ingannare un nemico onnipresente e alla
fine sconfitto.
De Fombelle ha delle
grandi capacità narrative, riesce a creare immagini che illuminano
stati d’animo, situazioni, emozioni; la scrittura è scorrevole e
il lessico curato e va dato merito alla traduttrice Maria Bastanzetti
di aver conservato questa ricchezza; infine ha una grande padronanza
del meccanismo narrativo, grazie anche, credo, al suo lavoro di
autore teatrale e sceneggiatore, con un ritmo serrato e un intreccio
costante dei piani narrativi. La parte finale del romanzo è geniale,
nel riconnettere tutti fili, nel ricongiungere i personaggi che nel
frattempo sono diventati qualcosa di diverso, nello spiazzare il
lettore, convinto fino a poche pagine prima che il centro narrativo
sia davvero scoprire chi sono i genitori del protagonista. A maggior
ragione dispiace constatare la resistenza che i giovani lettori
dimostrano nei confronti di questa romanzo, fuori dai consueti canoni
della narrativa di genere.
Eleonora
“Vango. Un principe
senza regno”, T. De Fombelle, San Paolo 2012
“Vango. Tra cielo e
terra”, T. De Fombelle, San Paolo 2011
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