UN LUNGHISSIMO CAPELLO...
L'UOMO DELLA
NEBBIA, Tomi Ungerer
Electa Kids, 2012
ILLUSTRATI PER PICCOLI
(dai 5 anni)
"'Non
allontanatevi mai dalla baia - si raccomandò - e state lontani
dall'Isola della Nebbia!. È un luogo dannato e spaventoso,
circondato da correnti pericolose. Nessuno di quelli che si sono
avventurati fin laggiù è mai tornato indietro!'"
Queste
son le parole che mettono in guardia i due fratelli Finn e Cara ai
quali il padre ha appena costruito una barca fatta di canne incurvate
e tela catramata.
Finn,
più grande, quasi un ragazzo, e Cara, una bambina, vivono in una
fattoria sulla ventosa costa d'Irlanda. Si occupano del gregge di
pecore, della raccolta della torba per scaldarsi la sera. Il loro
orizzonte visivo è la scogliera e un mare scuro. Solo acqua a perdita d'occhio. Tranne quello sperone di roccia, un dente piantato in
mezzo al mare: l'Isola della Nebbia.
E quella mattina fu proprio la
Nebbia a tradirli e, senza saperlo, la loro barca sempre di più si
allontanò dalla costa. Approdarono così a notte fatta sull'Isola
della Nebbia. Illuminata la baia da una provvidenziale luna piena, i
due fratelli videro una ripida scala scavata nella roccia che si
inerpicava. Salirono e, arrivati, bussarono al grande portone. Un
uomo vecchio e pieno di rughe, vestito dei suoi propri lunghissimi
capelli, aprì e li invitò ad entrare. Lui era l'Uomo della
Nebbia...
Potrebbe
essere un crudele stregone o un mago saggio e gentile.
Ha
il sapore della fiaba, questa storia che Ungerer dedica alla terra
d'Irlanda. Gli ingredienti ci sono tutti. Un viaggio iniziatico, la
scoperta del magico, una prova da superare, il ritorno al punto di
partenza con la conclusione canonica del 'vissero tutti felici e
contenti'. Ma Ungerer fa qualcosa di più. Impasta gli ingredienti
della fiaba della tradizione in un contesto ambientale molto forte,
fissa, come chiodi che tengono aperta davanti agli occhi del lettore
la mappa dell'Irlanda, due o tre punti fondamentali per descrivere
quella terra e quella gente: il mare, il grigio della nebbia, l'umido
che copre ogni cosa, la torba, le pecore, l'operosità, la dignitosa
povertà, la festosità, il forte senso di comunità e accoglienza.
Questo
è ciò che si porta dietro chiunque sia stato almeno una volta in
giro per la campagna irlandese.
Dal
mio viaggio di maturità, un viaggio iniziatico anche quello, fatto
in Irlanda ho riportato come ricordo indelebile l'oceano e la
sensazione di essere arrivata al mio personale Finis terrae. Ricordo
i colori plumbei del mare in tempesta e delle rocce sempre lucide di
umidità, ricordo la terra marrone scuro e ricchissima, ricordo gli
irlandesi che salutano per strada chiunque incroci il loro sguardo
(il mio compreso), ricordo la loro accoglienza (ho piantato la mia
tenda nei giardini tra le petunie o nelle fattorie tra mucche
mansuete) la loro gentilezza nell'offrirmi passaggi in macchina anche
a costo di lunghe deviazioni. Ricordo i loro venerdì sera annaffiati
da birra scura e da autentica allegria.
Tutto
questo Ungerer lo riesce a raccontare in poche ma essenziali parole e
in immagini indelebili per gli occhi.
Grande
protagonista del racconto è la Nebbia che, secondo un topos
letterario ben consolidato, svolge il suo ruolo: lei è lì a segnare
un limite, un confine che può essere valicato ma che ti porta verso
l'ignoto. Non si vede ciò che c'è al di là. Chi riesce a valicarlo
due volte, in andata e in ritorno, una volta al di qua faticherà ad essere creduto. La nebbia è confine tra realtà e magia. Ma la magia non è per tutti, perché non tutti hanno
occhi attenti per saperla cogliere anche in quegli angoli dove meno
te l'aspetti (che cosa si nasconde nell'angolo di quel pub pieno di
gente festante?)... Ma i bambini, si sa, che con il meraviglioso
hanno una buona dimestichezza; loro hanno un filo lunghisimo come un
capello lunghissimo, che li tiene legati al nebbioso al di là...
Libro
da non perdere.
Carla
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