Tutto il giorno a ragionare su un libro - e non vi dico qual è - con disegni strepitosi che sembrano una texture assurda piena di personaggi astrusi e oggetti diversissimi che, nei loro profili, si incastrano gli uni negli altri e che sono un vero inno all'immaginazione. E poi arriva tra le mie mani il libro di Tessaro, che proprio di questo va a parlare
Il Castoro, 2013
"Puoi disegnare un cavallo.
Due cavalli, tre cavalli, quattro
cavalli,
cinque cavalli, ma anche sette
cavalli, facciamo quattordici cavalli, anzi quindici
e se a questo punto te la senti,
cinquantasei cavalli.
Potrebbero essere addirittura cento,
un'intera mandria che galoppa nel vento,
e tu sei un ladro di bestiame felice
e contento."
Che a Gek Tessaro fin da piccolo
piacesse disegnare è cosa nota. Disegnare cavalli, ancora di più.
E così è lui a intonare questo inno,
in rima, che ha lo scopo di indagare il senso ultimo del disegno, del
gusto che si prova nel prendere una matita in mano e cominciare a
riprodurre la realtà, ma anche e forse ancora di più, la fantasia.
Puoi disegnare quello che ti va: questo
è il punto di partenza.
Puoi disegnare tutto quello che ti
passa per la testa: puoi fare grande ciò che in verità è
piccolino. Puoi disegnare una storia che comincia, puoi farla andare
dove vuoi, puoi disegnare giocando con le parole, puoi disegnare quel
che non si vede, puoi disegnare giocando con lo spazio del foglio,
riempiendolo di mille cose o piegando il collo della giraffa troppo
alta.
Se sei stanco puoi mollare il tuo a disegno a metà e la capra
non si risentirà.
Insomma, conclude Gek il suo discorso,
si può disegnare tutto e anche di più perché chi ha la matita in
mano guida il gioco.
In una sorta di confessione finale il
lettore apprende che disegnare per Tessaro è stato un modo per
raccogliere sulla carta tutto ciò che gli piaceva e che gli occhi
non potevano memorizzare per sempre. Con la matita e i colori lui ha
trasportato dal cuore sulla carta ciò che non voleva dimenticare o
perdere.
E lo ha fatto attraverso un linguaggio che è il più
universale di tutti.
Non sempre i libri di Gek Tessaro mi
hanno convinto: alle volte, leggendoli, i testi mi parevano deboli
nella scrittura forzata dalla rima, altre volte i suoi disegni mi
sono sembrati esercizi di stile poco comunicativi. Ed è per questo
che sono sempre prudente quando vedo un suo libro. Ma Io sono un
ladro di bestiame felice mi
pare funzioni in ogni sua parte. Scorre bene la rima, il disegno,
racchiuso in una pagina quasi quadrata, è molto coerente.
Bello, soprattutto,
il senso ultimo dell'intero libro.
Io
sono un ladro di bestiame felice andrebbe
adottato come libro di testo nelle scuole medie, dove ho visto la
timidezza di ragazze e ragazzi di fronte alla pagina bianca diventare
quasi un'ossessione.
Carla
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