Das Löwenmädchen, Kim Fupz Aakeson, Julie Völk
Gerstenberg, 2014
I leoni – simbolo di audacia sin
dall’antichità - hanno sempre popolato l’immaginario infantile.
Ne ha fatto una bella carrellata tempo fa sul suo blog Anna
Castagnoli a proposito dell’albo di Beatrice Alemagna Un leone a Parigi.
Di questo filone fa parte anche l’albo
uscito quest’anno in Germania Das Löwenmädchen (La bambina leone)
del danese Kim Fupz Aakeson, apprezzato autore di romanzi, fumetti,
libri per bambini e sceneggiature cinematografiche (fra le quali
quella dell’ironico noir diretto da Hans Petter Moland In ordine di
sparizione, che forse qualcuno di voi ha avuto modo di vedere al
cinema).
Questo suo testo per bambini risale a
dieci anni fa. Uscì in Danimarca illustrato da Hanne Bartholin, ma
di questa prima edizione ho potuto vedere soltanto la copertina, che
non mi ha particolarmente colpito, e quindi mi è impossibile darne
un giudizio o fare dei paragoni. Il titolo originale era: Una
bambina, un leone, un grande cacciatore.
A colpirmi sono state invece le
illustrazioni della nuova edizione tedesca. E questo effetto non
l’hanno fatto solo a me, se all’ultima Fiera di Francoforte la
giovane Julie Völk è riuscita ad aggiudicarsi per questo suo primo
albo il premio “Serafina” per illustratori esordienti della
Deutsche Akademie für Kinder- und Jugendliteratur. D’altra parte è
proprio grazie al particolare fascino emanato dal suo stile che è
nato l’intero progetto del libro.
Quando Daniela Filthaut di Gerstenberg
ha notato i lavori di questa giovane artista di origine viennese in
una mostra degli studenti della rinomata Hochschule für angewandte
Wissenschaften di Amburgo si è entusiasmata a tal punto da proporle
di illustrare un libro per la sua casa editrice. Su suggerimento
della sua editor Kathrin Jockusch ha scelto di affidarle il poetico
testo di Kim Fupz Aakeson.
Ma veniamo alla storia: Louise ha un
leone tutto suo che la segue ovunque.
La cosa è molto pratica, perché così
nessuno la disturba durante la ricreazione. I compagni la ignorano
come se fosse invisibile e da parte sua Louise dimentica persino i
loro nomi.
Anche il maestro non la interroga mai,
perché forse ha paura del leone. E la mamma rincasa tardi,
probabilmente per non incrociare l’amico felino della figlia.
Lavora tutto il giorno e lascia a Louise il pranzo da scaldare in
cucina con due parole di saluto scritte su un biglietto. Insomma, se
si è in compagnia di un leone nessuno osa attaccar briga o bottone,
né i compagni, né il maestro e tanto meno la mamma.
Sì, certo, ogni tanto il leone è
preso dal mal d’Africa e vorrebbe tornare tra i suoi simili, ma
Louise sa consolarlo con qualche canzoncina e tutto torna come prima.
Senonché un giorno accade qualcosa.
Sotto casa di Louise si ferma un camion dei traslochi e tra le
suppellettili la bambina scorge dei fucili. Non c’è dubbio: il
nuovo vicino dev’essere un cacciatore, un cacciatore di leoni!
Qualche giorno più tardi il vicino
suona alla sua porta con il “pretesto” di volersi presentare.
Svelta Louise nasconde il suo amico nell’armadio e non apre.
Ma da quel giorno, temendo per
l’incolumità del leone, preferisce non farlo più uscire di casa e
si mette a girare da sola. In assenza della sua “guardia del corpo”
accade però che sempre più spesso i compagni, il maestro e la mamma
l’avvicinino e le parlino. A quel punto, pur con mille timori, la
bambina si decide ad accogliere in casa anche il vicino, che le
assicura di non essere assolutamente malintenzionato e di essere in
ogni caso disarmato.
Udito questo Louise apre l’armadio
pensando di aizzare il leone contro l’infido quanto incauto
cacciatore, ma il suo amico è sparito. Alla sorpresa segue la
confessione di tutte le sue paure: paura degli altri bambini, di cui
non conosce neanche il nome, del maestro e soprattutto di lui che è
un estraneo. «Io mi chiamo Martin» si presenta allora prontamente
il vicino per rompere definitivamente il ghiaccio. Nel mentre la
mamma è tornata a casa, ha preparato una cioccolata calda, il suo
profumo si diffonde per la casa e così Louise e Martin si siedono a
berla sul balcone. Dopodiché la bambina inizia a guardare fiduciosa
il mondo che la circonda, a cominciare dai bambini che scorrazzano
sotto al suo balcone e le fanno ciao.
Julie Völk ha illustrato con
particolare grazia questa storia in cui il piano dell’immaginario
si sovrappone poeticamente a quello della realtà, in cui una bambina
abbandona gradualmente il suo mondo fantastico che le dona sicurezza,
ma che allo stesso tempo la isola dagli altri, per trovare un nuovo
amico, questa volta in carne ed ossa. Le tavole dal lieve tratto a
matita, in cui spiccano soffuse macchie di colore (solo colori
primari: giallo, blu e rosso), trasmettono un’atmosfera onirica
speciale e sono al contempo capaci di trasporre graficamente con
grande abilità il significato metaforico della storia. Alla fine il
caldo giallo del felino, che infondeva a Louise coraggio, diventa il
calore della casa illuminata, in cui compare finalmente anche la
mamma.
Anna (Becchi)
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