NASO A TERRA
Muschio,
David Cirici, Federico Appel (trad. Francesco Ferrucci)
Il Castoro 2015
NARRATIVA PER MEDI (dai
9 anni)
"Stavo ormai
per rinunciare a cercare quella traccia minuscola quando,
all'improvviso, la trovai ancora alla staccionata di un giardino. Sì!
Era l'odore di Janinka, come se lei avesse passato le mani sulle assi
verticali della staccionata. L'odore di Janinka fluttuava tra l'odore
di legno e di vernice, di muschio ed erba, e l'odore di domenica
pomeriggio e di lavatrice. Dopo, in fondo al mio paesaggio di odori,
percepii il sentore vecchio e rancido, proveniente dall'interno di
una casa, e ancora più indietro, molto lontano, un profumo di dolci
appena sfornati."
Un
vero paesaggio di odori. Una mappa olfattiva di chi, con il naso, è
in grado di decodificare segnali, di individuare tracce: un cane.
Nero,
con il pelo riccio, Muschio è un cane in cerca.
Durante
un tremendo bombardamento che ha distrutto la casa in cui viveva, si
ritrova da solo perché l'intera famiglia è scomparsa sotto le
macerie. Muschio però non si rassegna, non molla e non perde la
speranza che un giorno li ritroverà.
La
sua è una storia di ricerca. Comincia a mettersi dietro le sparute
tracce dei due bambini, i fratelli Janinka e Mirek, al fianco dei
quali aveva trascorso bellissimi momenti, prima che la guerra
scoppiasse. E lo fa come lo fanno i cani: naso a terra a cercare e
inseguire ogni loro possibile segno. Ma gli odori sono molti e sono
labili, volatili.
Preso
a calci, catturato per lavorare in un circo, sempre più affamato,
sporco, pulcioso, Muschio non smette di sperare, di cercare, ma per
sopravvivere si unisce ad altri cani che, come lui, la guerra ha reso
randagi e girovaghi.
Quei
cani dai nomi strani, Pepe, Pisciovecchio, Treny, Vicoletto, Menta,
diventano una banda. Ma piano piano le loro fila si assottigliano.
In
ultimo, imprigionati, Muschio e i superstiti tra i suoi compari
vengono alla fine utilizzati come guardie feroci di un gruppo di
prigionieri in un campo di concentramento.
Solo
Muschio e Menta, grazie al buon cuore e all'astuzia proprio di uno di
quei prigionieri, riescono a mettersi in salvo. E lui con loro.
Il
peggio sembra essere alle spalle e anche la guerra nel frattempo è
finita. A completare la felicità ritrovata di Muschio manca
solamente un tassello: ritrovare i bambini con i quali un tempo
condivideva allegria, gioco e affetto.
La
guerra raccontata da un cane. Attraverso 15 tappe, quanti sono i
capitoli di questo libro premiato con l'Edebé de Literatura Infantil
y Juvenil (un premio indetto dalla omonima casa editrice catalana che
lo ha premiato per la narrativa per lettori dai 7 ai 12 anni), David
Cirici racconta l'orrore ma anche la quotidianità di un conflitto
attraverso una prospettiva insolita, quella di un cane.
Ed
proprio in questo elemento che mi pare si possa cogliere il maggior
valore del libro. In tale prospettiva il racconto scorre leggero,
nonostante la pesantezza del contesto di fondo. Ad eccezione di
qualche piccola sbavatura e qualche ingenuità di intreccio, il
racconto appare convincente e avvincente. Con cura David Cirici
filtra ogni episodio, ogni avventura del gruppo di randagi,
attraverso il loro olfatto, il loro sguardo con meno colori del
nostro, raccontando sempre da una prospettiva 'bassa' ad altezza
ginocchia, quale è appunto quella di un cane.
In
tal senso il libro mantiene dal principio alla fine questa doppia
valenza: da un lato è il racconto molto verosimile di un cane,
dall'altro è il racconto di una guerra terribile. Una guerra che
viene tratteggiata con delicatezza, a tal punto che non mi pare
possibile identificarla. Sebbene ci siano velate allusioni ai campi
di sterminio degli ebrei, sebbene i nomi dei protagonisti alludano
all'Est Europa, tuttavia mi pare evidente che il desiderio di Cirici
non sia quello contestualizzare troppo lo scenario, identificandolo
come la Polonia durante la Seconda Guerra mondiale, quanto piuttosto
quello di rendere ancora più universale l'orrore che una qualsiasi
guerra porta con sé.
Raccontare
la guerra attraverso lo sguardo di un randagio ha un suo
corrispettivo nelle illustrazioni sempre molto comunicative di Federico Appel. In bianco e nero, le immagini si alternano al testo, svolgendo egregiamente il compito di 'alleggerire' un tema, purtroppo, così drammaticamente
autentico e attuale.
Carla
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