HASTA SIEMPRE, COMANDANTE*
Dopo
molte perplessità, l'ho letto: L'estate che conobbi il Che,
di Luigi Garlando.
Ho
pensato, chissà quanta retorica, chissà che travisamenti per
rendere digeribile la figura di Ernesto 'Che' Guevara, medico
rivoluzionario, icona ancora non tramontata dei ruggenti anni Settanta.
E
invece no, il libro di Garlando, all'interno di una finzione
narrativa che nasconde abilmente la biografia del Che, è un libro
profondamente onesto. Credo fosse chiarissima all'autore la distanza
siderale che separa i ragazzini di oggi dalle gesta dei barbudos,
i rivoluzionari cubani guidati da Fidel Castro, cui si unì il
giovane Guevara, medico malato di asma, che aveva attraversato
l'America Latina in motocicletta insieme all'amico Alberto.
Il
gioco letterario consiste nell'immaginarsi un ragazzino di oggi, cui
un nonno malato, con l'immagine del Che tatuata sul braccio, racconta
la storia, davvero straordinaria, di un giovane disposto a giocarsi
tutto per difendere i diritti di tutti.
La sua
storia può essere vista da molti punti di vista, qui è raccontata
come la storia avventurosa di un manipolo di combattenti, sbarcati in
sette sull'isola di Cuba, capaci in due anni di raccogliere
proseliti, di conquistare l'isola, entrando vittoriosi prima a Santa
Clara e poi a L'Avana. Qui ritroviamo i personaggi mitici, il
linguaggio passato alla storia, la semanera, la camicia
destinata a essere portata per una settimana intera, il basco nero
con la stella, entrato nell'iconografia ufficiale.
E'
anche la storia di un uomo particolare, con un rigore morale oggi
impensabile, un'etica quasi religiosa: sentire sulla propria guancia
gli schiaffi che qualsiasi altro uomo sta ricevendo. Capace di dar
vita a un grande progetto di alfabetizzazione della popolazione
contadina già nel corso della guerriglia sulla Sierra Maestra.
Capace di esser duro, senza perdere la tenerezza.
E poi
c'è il presente dei ragazzini di oggi, che vivono un'epoca senza
passioni, senza eroi, senza che nessuno insegni loro a sentire gli
schiaffi subiti da altri sulla propria guancia.
Il
protagonista del romanzo è un ragazzino benestante, figlio di un
manager di un'industria brianzola, appena acquisita dai cinesi e
forse destinata alla chiusura.
Anche
sul presidio operaio davanti alla fabbrica sventola una bandiera con
l'effige del Che.
Molti
miti della sinistra degli anni Settanta sono finiti, giustamente, nella
soffitta della Storia; la storia, l'immagine di Ernesto Guevara,
invece, sono ancora vivi e non solo per questioni di merchandising.
Sicuramente
non è possibile restituire in poche pagine il clima di quegli anni,
l'idea che i popoli del terzo mondo si sarebbero ribellati
all'oppressione politica e militare; l'illusione che nel giro di poco
tempo tutto sarebbe cambiato.
Però
credo che l'autore riesca nella non facile impresa di restituire ai
giovanissimi di oggi la testimonianza storica di un personaggio che
ha ancora molto da dire, che rende ancora possibile la dimensione
eroica, che non conosciamo più, che riempie di senso la parola
indignazione.
Le
ragazzi e i ragazzi di oggi hanno bisogno di eroi? Presumo di sì,
hanno sicuramente bisogno di ricordare che non può darsi la libertà
di uno senza la libertà di tutti, hanno bisogno di sentire ancora
sulla propria guancia gli schiaffi che il mondo globalizzato
distribuisce con grande generosità.
E' una
lettura, per ragazze e ragazzi non omologati a partire dai dodici
anni, che può aprire molti discorsi interessanti, sul nostro
presente e sulle contraddizioni che viviamo. In un passaggio epocale
in cui sembra tutto indistinguibile e grigio, allargare lo sguardo
sul mondo e ricordare chi ha provato a cambiarlo non può fare che
bene.
Eleonora
*Noterella a margine: la canzone Hasta Siempre fu scritta da
Carlos Puebla nel '65, quando Fidel Castro rese nota la decisione del
Che di lasciare Cuba; il testo racconta i momenti salienti della
liberazione di Cuba dal regime di Batista.
“L'estate
che conobbi il Che”, L. Garlando, Rizzoli 2015
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