STORIA MAPUCHE
La
storia che quest'anno ci regala Luis Sepulveda (qui rifessioni sul suo libro precedente) non è propriamente
una favola, o meglio lo è nel suo impianto fantastico, ma è anche
un racconto ben ancorato alla realtà e alla storia.
Storia
di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà è prima di
tutto il pagamento di un tributo nei confronti di un popolo nativo
americano, i Mapuche*, cui l'autore è legato da una lontana
parentela. I Mapuche sono uno fra i tanti popoli che hanno dovuto
subire gli effetti della cosiddetta civilizzazione e hanno rischiato
di perdere anche la memoria di sé. A questo vuol mettere rimedio
Sepulveda con una storia che divide nettamente i buoni e i cattivi.
A
raccontarla è un cane, un cucciolo di pastore tedesco perduto nella
neve, salvato da un giaguaro e poi consegnato da questi ad un
villaggio di Gente della Terra, i Mapuche, appunto. Qui viene
accolto, gli viene dato nutrimento e un nome, Aufman, e diviene
compagno di un cucciolo d'uomo, Aukaman. I due crescono insieme, fino
al triste giorno, nove anni dopo, in cui gli uomini bianchi scacciano
i Mapuche dalle loro terre e uccidono il saggio Wenchulaf. Prendono
con sé il cane, perché è una bella bestia, che può accompagnarli
nella caccia.
Passano
altri nove anni, che per Aufman, che vuol dire fedele e leale, sono
solo di sofferenza; il suo destino e quello di Aukaman, però,
s'incontrano nuovamente. E' a lui che il branco di uomini dà la
caccia, in quanto uomo libero che lotta per i diritti del suo popolo;
ed è al vecchio cane che il branco di uomini si rivolge perché li
aiuti.
Aufman
deve stanare il fuggitivo, che è stato ferito, ma farà ben altro.
E' una
storia forte dal sapore fiabesco, con un cane che ci racconta con
pazienza le differenze fra gli uomini: chi vive di poco e prende
dalla natura solo ciò che è necessario e chi della natura fa
scempio; chi vive di odio e chi cerca di vivere in pace. E' una
differenza anche linguistica e rendere omaggio ad un popolo vilipeso
significa anche restituirgli la parola, le parole con cui il racconto
si arricchisce. A Sepulveda piace la ripetizione: come nelle leggende
e nelle favole, la situazione, la parola si ripetono e segnano il
ritmo della narrazione. Agli uomini 'bianchi', a noi, o a quella
parte di noi che si identifica nell'idea di dominio del mondo, la
parola viene tolta, non ci sono nomi propri, non c'è traccia di
civiltà.
E' una
storia dura, questa, a vederla nel suo fotografare un dato di fatto
storico; i giovani lettori saranno sicuramente presi dalla storia del
cane Aufman, ma dovranno anche farsi delle domande. Come nei film
western, dovranno decidere con chi stare, i cowboy o gli indiani, se
accettare l'ingiustizia come qualcosa di inevitabile, questo è il
messaggio che il mondo adulto sostiene nel nome del realismo, o se è
più giusto seguire la lealtà e la fedeltà a se stessi e ai propri
ideali, come fanno Aufman e Aukaman.
E' una
storia bella, emozionante e densa di significati, che costringe a
pensare e a discutere; è una storia di parte, dalla parte di chi è
stato, almeno per ora, sconfitto.
Questa
volta Luis ci spiazza, ma è bello raccogliere la sua sfida e
mettersi, col cuore, dalla parte degli indiani.
Eleonora
“Storia
di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà”, L. Sepulveda,
copertina di S. Mulazzani, Guanda 2015
* i
Mapuche sono un popolo amerindo che vive nel Cile meridionale e in
Argentina. Uno dei pochi popoli che è riuscito a resistere alla
dominazione spagnola, per poi soccombere al governo cileno alla fine
dell'ottocento.
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