martedì 17 novembre 2015

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

ANDARE INCONTRO

Canti dell'attesa, Sabrina Giarratana, Sonia Maria Luce Possentini
Il leone verde piccoli 2015


POESIA

"Piccola nube che sarai goccia
Piccolo mare che sarai roccia
Piccola sabbia che sarai spiaggia
Nulla sta fermo, la vita viaggia
Piccola voce che sarai canto
Piccolo sale che sarai pianto
Piccola goccia che sarai mare
La vita è fatta per trasformare."

L'attesa è fatta anche di aspettativa, di sogno ad occhi aperti. E l'attesa di un figlio che sta per arrivare è fatta di futuro e porta in sé la trasformazione e il divenire. Una madre che aspetta di diventare madre, perché porta un figlio in pancia o perché aspetta di incrociarne lo sguardo in un luogo lontano da casa, sogna. Inevitabilmente sogna e lo sa fare più di chiunque altro. Spera che ciò che è infinitamente piccolo- granello di sale, di sabbia o goccia d'acqua - possa nascondere e conservare in sé una grande potenza: piccola voce che diventa canto, piccola nuvola che sarà pioggia. Ogni madre, augurandosi il divenire e la trasformazione di una vita, con grande naturalezza gli dà forza, gli dà una direzione, gli conferisce futuro.


Poco più di venti tappe, ventuno stati dell'anima più uno, che scandiscono il tempo di attesa di un figlio è il percorso che ha immaginato a parole Sabrina Giarratana e con l'immagine Sonia M.L. Possentini. Tutto comincia con quel primo battito che segna un dialogo interno tra cuori veloci e cuori raccolti, tra cuori che chiamano e cuori che rispondono. Da questo momento è naturale disporsi in attesa - muti come una sdraio rivolta verso la riva del mare - e aspettare quello che la vita potrà riservare. Le mille possibilità che sbocciano segnano un ulteriore passaggio del tempo di attesa, ma confermano la scelta reciproca. Confermano nel cuore di una futura madre che solo lei è quella giusta per quella creatura. 


Come un uccellino che svolazza intorno a un albero perché un richiamo forte lo tiene lì, e saltella sui rami, vola, ma non si allontana. La madre/albero è stata scelta.
Che conforto, per lei saperlo.
In cambio lei offre protezione sono il tuo guscio, sono il tuo guanto, sono il tuo ombrello, sono il tuo manto. E scopre in sé la pazienza che non sapeva di possedere. Per fare qualsiasi cosa occorre il tempo, occorre un lavoro attento. E soprattutto pazientare vuole dire sapere rimanere aperti a un arrivo che non può essere programmato.
Un bambino che cresce nella pancia di una madre è come una spugna: ne assorbe ogni umidità...E la madre è il faro che veglia.


Aspettare, immaginare, sperare, temere, custodire, dubitare sono l'intreccio emotivo di una gravidanza e, tutto sommato, rappresentano ancora la parte facile della narrazione magnifica intorno a una nascita.
Il difficile, il fragile, l'incerto arriva quando, dalla nostra prospettiva di adulti proviamo a immaginare ciò che prova chi è al di là del venire al mondo.
Con una delicatezza già riconosciuta altrove, una volta di più Sabrina Giarratana e Sonia M.L. Possentini, dopo aver raccontato il lato materno del percorso, si avventurano a immaginare il sentire di chi è ancora contenuto nella propria 'culla d'acqua'.
Raccontare sotto metafora i giorni intorno al parto e il parto stesso non è cosa che possono fare tutti.
Le parole chiave sono il raccoglimento, la concentrazione, una via sicura e poca esitazione. Una comunicazione che si fa più intensa, più frequente e più precisa. Il bambino cambia la sua prospettiva e si prepara: a testa in giù, come una balenottera azzurra, sta per cominciare il suo passaggio nello stretto. 

 
Ogni cosa ha il suo tempo giusto: tu non sei pronto, non lo sei ancora, sei in posizione, ma non è ora.
Il momento si annuncia con una grande burrasca che scuote ogni cosa: acque agitate lungo le rotte, una tempesta che scuote contenuto e contenitore. Nessuno deve perdere la calma, nessuno deve remare contro, tutti devono fidarsi e affidarsi perché l'approdo è vicino.
Spunta una testa dal foglio, come nella vita spunterebbe da un corpo.


E quindi il primo respiro, fatto di aria di alberi e fiori, fatto soprattutto qua fuori.
Ed ecco che il cerchio si chiude: quegli sguardi sognati e immaginati, da una parte e - chissà - anche dall'altra, ora sono realtà.
E' il momento di contemplarsi a vicenda. I cercatori di vita sono lì, entrambi, si sono appagati nell'essere insieme ancora, ma questa volta guardandosi negli occhi. Laterale sul foglio, racchiuso nel suo primo abbraccio, il bambino è lì. La madre siamo tutti noi che abbiamo il libro in mano.
Lasciamoli soli, facciamo silenzio, suggerisce in un bisbiglio finale Frédérick Leboyer. E' ora di chiudere il libro.



Io non sono in grado di aggiungere altro, se non constatare ancora una volta quanta sensibilità dimostrino queste due signore e che magnifica armonia le tenga insieme.

Carla

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