ANDARE INCONTRO
Canti dell'attesa, Sabrina Giarratana,
Sonia Maria Luce Possentini
Il leone verde piccoli 2015
POESIA
"Piccola nube che sarai goccia
Piccolo mare che sarai roccia
Piccola sabbia che sarai spiaggia
Nulla sta fermo, la vita viaggia
Piccola voce che sarai canto
Piccolo sale che sarai pianto
Piccola goccia che sarai mare
La vita è fatta per trasformare."
L'attesa è fatta anche di aspettativa,
di sogno ad occhi aperti. E l'attesa di un figlio che sta per
arrivare è fatta di futuro e porta in sé la trasformazione e il
divenire. Una madre che aspetta di diventare madre, perché porta un
figlio in pancia o perché aspetta di incrociarne lo sguardo in un
luogo lontano da casa, sogna. Inevitabilmente sogna e lo sa fare più
di chiunque altro. Spera che ciò che è infinitamente piccolo-
granello di sale, di sabbia o goccia d'acqua - possa nascondere e
conservare in sé una grande potenza: piccola voce che diventa canto,
piccola nuvola che sarà pioggia. Ogni madre, augurandosi il divenire
e la trasformazione di una vita, con grande naturalezza gli dà
forza, gli dà una direzione, gli conferisce futuro.
Poco più di venti tappe, ventuno stati
dell'anima più uno, che scandiscono il tempo di attesa di un figlio
è il percorso che ha immaginato a parole Sabrina Giarratana e con
l'immagine Sonia M.L. Possentini. Tutto comincia con quel primo
battito che segna un dialogo interno tra cuori veloci e cuori
raccolti, tra cuori che chiamano e cuori che rispondono. Da questo
momento è naturale disporsi in attesa - muti come una sdraio rivolta
verso la riva del mare - e aspettare quello che la vita potrà
riservare. Le mille possibilità che sbocciano segnano un ulteriore
passaggio del tempo di attesa, ma confermano la scelta reciproca.
Confermano nel cuore di una futura madre che solo lei è quella
giusta per quella creatura.
Come un uccellino che svolazza intorno a
un albero perché un richiamo forte lo tiene lì, e saltella sui
rami, vola, ma non si allontana. La madre/albero è stata scelta.
Che conforto, per lei saperlo.
In cambio lei offre protezione sono
il tuo guscio, sono il tuo guanto, sono il tuo ombrello, sono il tuo
manto. E scopre in sé la
pazienza che non sapeva di possedere. Per fare qualsiasi cosa occorre
il tempo, occorre un lavoro attento. E soprattutto pazientare vuole
dire sapere rimanere aperti a un arrivo che non può essere
programmato.
Un
bambino che cresce nella pancia di una madre è come una spugna: ne
assorbe ogni umidità...E la madre è il faro che veglia.
Aspettare,
immaginare, sperare, temere, custodire, dubitare sono l'intreccio
emotivo di una gravidanza e, tutto sommato, rappresentano ancora la
parte facile della narrazione magnifica intorno a una nascita.
Il
difficile, il fragile, l'incerto arriva quando, dalla nostra
prospettiva di adulti proviamo a immaginare ciò che prova chi è al
di là del venire al mondo.
Con
una delicatezza già riconosciuta altrove, una volta di più Sabrina
Giarratana e Sonia M.L. Possentini, dopo aver raccontato il lato
materno del percorso, si avventurano a immaginare il sentire di chi
è ancora contenuto nella propria 'culla d'acqua'.
Raccontare
sotto metafora i giorni intorno al parto e il parto stesso non è
cosa che possono fare tutti.
Le
parole chiave sono il raccoglimento, la concentrazione, una via
sicura e poca esitazione. Una comunicazione che si fa più intensa,
più frequente e più precisa. Il bambino cambia la sua prospettiva e
si prepara: a testa in giù, come una balenottera azzurra, sta per
cominciare il suo passaggio nello stretto.
Ogni
cosa ha il suo tempo giusto: tu non sei pronto, non lo sei
ancora, sei in posizione, ma non è ora.
Il momento si
annuncia con una grande burrasca che scuote ogni cosa: acque
agitate lungo le rotte, una tempesta che scuote contenuto e
contenitore. Nessuno deve perdere la calma, nessuno deve remare
contro, tutti devono fidarsi e affidarsi perché l'approdo è vicino.
Spunta una testa
dal foglio, come nella vita spunterebbe da un corpo.
E quindi il primo
respiro, fatto di aria di alberi e fiori, fatto soprattutto qua
fuori.
Ed ecco che il
cerchio si chiude: quegli sguardi sognati e immaginati, da una parte
e - chissà - anche dall'altra, ora sono realtà.
E' il momento di
contemplarsi a vicenda. I cercatori di vita sono lì, entrambi, si
sono appagati nell'essere insieme ancora, ma questa volta guardandosi
negli occhi. Laterale sul foglio, racchiuso nel suo primo
abbraccio, il bambino è lì. La madre siamo tutti noi che abbiamo il
libro in mano.
Lasciamoli soli,
facciamo silenzio, suggerisce in un bisbiglio finale Frédérick
Leboyer. E' ora di chiudere il libro.
Io non sono in
grado di aggiungere altro, se non constatare ancora una volta quanta
sensibilità dimostrino queste due signore e che magnifica armonia le
tenga insieme.
Carla
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