UN'OMBRA DA MASCHIACCIO
Un
illustrato con una storia molto lunga, che l'editore italiano
Settenove racconta nella sua pagina web:
Storia di Giulia che aveva un'ombra da bambino è stata
scritta una prima volta da Christian Bruel nel 1974, altri tempi,
altre consapevolezze, e riproposto a più riprese fino all'edizione
del 2014 delle Editions Thierry Magnier, con le illustrazioni di Anne
Bozellec.
Premetto
che nutro una certa diffidenza nei confronti delle storie a tema, con
intenti più o meno didascalici. E questa sicuramente non sfugge al
limite di piegare gli intenti narrativi all'esplicitazione di una
problematica. Devo dire, tuttavia, che la semplicità del testo e la
complicità delle immagini rendono fluida la lettura.
Dunque,
la storia parla di Giulia, una bambina un po' speciale, che ama
comportarsi, a volte, come un maschio: non è vezzosa, le piacciono i
giochi in cui allegramente ci si sporca, alla fine si vede riflessa
in un'ombra da maschio, una sorta di alter ego, che incarna a modo
suo la libertà di essere diversa. Se l'accusa di essere un maschio
mancato la umilia, la sua ombra la spaventa. Così fugge, si nasconde
al mondo per non essere giudicata e incontra un ragazzino, anche lui
in fuga dal giudizio altrui, perché considerato troppo sensibile e
femminile. Questo incontro di diversità consente ai due bambini di
acquisire la forza di accettarsi per come sono, un po' diversi, ma
non più di tanto.
Chiarissimo
l'intento direi 'politico': sottolineare il diritto di ciascuno e di
ciascuna di essere se stessi, di uscire dagli stereotipi e di
declinare la propria femminilità, o maschilità, come meglio crede.
Il diritto alla singolarità, all'essere unici e irripetibili. Senza
essere ingabbiati in un ruolo che diventa una prigione.
Teoricamente
inattaccabile, questo principio incontra infinite difficoltà, poiché
viviamo in un mondo fortemente normativo, al di là delle apparenze,
che definisce l'appartenenza ad un genere come l'adesione ad un
modello di comportamento sociale, orientato consumisticamente. Cosa
deve essere una bambina lo decidono prima di tutto i produttori che
devono aumentare i consumi, creando bisogni inesistenti. Il potere
della marca applicato all'identità dei più piccoli, dei più
fragili. Dalle merendine alle scarpe, chi è fuori è fuori.
I
luoghi comuni e gli stereotipi sono molto più resistenti di quanto
non si possa immaginare: ne è stata prova evidente il livello di
dibattito politico degli ultimi venti anni e tuttora, sentendo
parlare le testimoni della genealogia femminile, mamme, nonne e
bambine, ci sentiamo spesso proiettate nel passato, come ho avuto
modo di lamentare più volte.
Che
dire: se i maschi sono lontani dall'accettare le proprie sensibilità,
le donne lo sono altrettanto nell'accettare le diverse declinazioni
della femminilità.
Se, in
cuor mio, continuo a preferire Pippi o Lena, devo rendere merito alla
piccola Giulia per aver reso giustizia a tutte quelle 'cattive
ragazze' che, come la sottoscritta, si sono trovate benissimo a
cavallo di due mondi.
Consiglio
la lettura condivisa per bambine discole, dai sette, otto anni,
insieme a mamme un po' anticonformiste.
Eleonora
“Storia
di Giulia che aveva un'ombra da maschiaccio”, C. Bruel e A.
Bozellec, Settenove 2015
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