TAGLIENTE COME UNA LAMA AFFILATA
Joyce
Carol Oates è una scrittrice americana molto prolifica, capace di
disegnare efficacemente il lato oscuro della società americana; in
Due o tre cose che avrei dovuto dirti..., ci regala un
ritratto duro, impietoso, tagliente di un gruppo di adolescenti,
tutte in grande sofferenza e difficoltà nel rapporto con se stesse e
il proprio corpo.
La
centralità del corpo è la chiave di questo romanzo: corpo offeso,
malato, corpo torturato per raggiungere l'impossibile perfezione che
il mondo sembra chiedere loro.
C'è
Merissa, che racconta in prima persona, ragazza perfetta, con un
padre lontano e anaffettivo e una madre già sconfitta: lei, prima
della classe, ammessa in una università prestigiosa, perennemente a
dieta, traduce la sua disperata solitudine nel tagliuzzarsi
ossessivamente. Lo scorrere del sangue placa la sua inquietudine. C'è
Nadia, al contrario, bruttina, grassottella, che cerca di farsi
accettare mostrandosi più ingenua e disponibile; subisce degli abusi
sessuali da parte di un gruppo di ragazzi, ma rimuove questa
terribile esperienza, perdendosi nell'amore impossibile per
l'insegnante di scienze.
E,
perennemente presente, c'è Tinni, l'ultima arrivata del gruppo di
amiche, ma quella con la personalità più forte, figlia di
un'attrice di soap televisive e drasticamente anticonformista.
Perennemente presente, nonostante sia morta suicida, dopo aver
mandato un sms di scuse al gruppo di amiche, le Tinni & co.
La vita
continua, certo, ma l'improvvisa, drammatica uscita di scena
dell'amica più originale, più carismatica mette in discussione gli
equilibri già fragili di queste ragazze. Tinni sempre presente, con
il ricordo e con alcune decisive apparizioni, che forse però sono
solo immaginate, in grado di salvare la vita di queste adolescenti
incapaci di dare un senso al proprio dolore, ai rimpianti, al rimorso
di non aver capito, al senso di tradimento che una morte prematura
porta con sé.
L'autrice
ne fa un ritratto impietoso: competitive, arriviste, deboli,
smarrite, perse dietro obbiettivi di successo sociale
irraggiungibili. Lontane anni luce da quella spensieratezza, da
quella leggerezza con cui, con inutile ottimismo, vogliamo vederle.
Certo, personaggi al limite della verosimiglianza, non tanto lontani,
però, da quello che talvolta si legge nelle pagine di cronaca o
nelle analisi dei sociologi. Ancora più impietoso il ritratto del
mondo adulto: dei genitori, presi dalle loro carriere e dai loro
problemi personali, e che desiderano solamente potersi specchiare nei
successi delle figlie. Ciechi davanti a tutti i segnali di
sofferenza, di disagio. E degli insegnanti, sotto il cui naso succede
di tutto.
E poi i
segreti, i non detti, le verità inconfessabili, compresa quella che
spiegherà un gesto all'apparenza incomprensibile.
Siamo
di fronte ad un romanzo molto duro, con un linguaggio esplicito e
diretto, per niente indulgente con il mondo di oggi e i suoi
dis-valori; un ritratto desolante della cultura del successo, al cui
centro, per le giovani ragazze, c'è il controllo del corpo, la sua
manipolazione ossessiva. Il mito della presunta perfezione
adolescenziale, cui devono sottostare anche le madri.
E' un
romanzo scritto con maestria, che tiene incollata la lettrice, o il
lettore, alla pagina, con questo ritratto a più voci di una
generazione alla ricerca di se stessa.
Solo il
finale, sorprendente, riaccende la speranza delle protagoniste e di
chi legge, puntando su quello che più di tutto può cambiare la
vita: la solidarietà e l'amicizia.
Da
quanto detto, si comprende come sia una lettura per ragazze,
soprattutto, ma anche ragazzi, con una certa maturità personale, a
partire dai quattordici anni. Ma è una bella, coinvolgente lettura
anche per noi che cerchiamo di comprendere il mondo dei più giovani.
Eleonora
“Due
o tre cose che avrei dovuto dirti..”, J.C. Oates, Mondadori 2016
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