I Brutti nei guai, Philip Ardagh, Axel Scheffler (trad. Giovanna Pecoraro)
Il Castoro 2016
Complici le api, disturbate dall'ennesima goffata della signora Brutti, Sunny incrocia gli occhi della giovane Mimì, lustrascarpe al servizio del terribile Lord Grande, losco discendente di una famiglia di imbroglioni e fa amicizia con Larry Piccoli, temporaneamente appeso per la cintura alla cancellata della villa.
Tra piani di vendetta
ed elefanti da traino, tra circhi con animali che si esibiscono
facendo solo quel che sanno fare, la storia rotola rumorosamente
verso un finale pirotecnico e catartico.
A parte un'unica eccezione, ovvero un cattivo che è cattivo dal principio alla fine del racconto, tutti gli altri sembrano nascondere dietro un'apparenza caricaturale una grande varietà di bella umanità.
Una scrittura libera, in una traduzione scoppiettante, che ha come fine quello di essere liberatoria per il giovane lettore. Philip Ardagh scrive così.
Il confronto con Dahl è
prevedibile e legittimo, forse anche per il fatto che il Premio Roald
Dahl Funny Prize lui lo ha vinto veramente.
E in particolare con il
Dahl degli Sporcelli. I coniugi Brutti sembrano essere loro diretti
discendenti e forse addirittura rappresentano un dichiarato omaggio
di Ardagh nei confronti del loro inarrivabile autore.
Degli Sporcelli resta certo gusto per la sciatteria umana che dimostrano anche i Brutti nelle cose di tutti i giorni. Ma gli Sporcelli, accanto alla trasandatezza, erano definitivamente cattivi. I Brutti, no. Sono tremendi nelle loro abitudini, ma hanno un nucleo interiore ben diverso: si amano tra loro e, soprattutto, sono capaci di amare gli altri, primo fra tutti il piccolo Sunny (che a ben vedere hanno sottratto a due genitori ancora peggiori).
Il riferimento a Dahl si ritrova anche nella scelta di farli abitare in un carrozzone come già fece Danny e suo padre e in molti altri piccoli dettagli, ma di Dahl manca l'altissima qualità della scrittura, che dà voce al GGG, manca il coraggio che per primo gli ha fatto trasformare un ragazzino in topo senza più ritorno, manca l'ironia della normalità che fa progettare a Matilde crudeli vendette fra le mura domestiche, manca il registro visionario che a Willy Wonka ha pemesso di costruire la sua fabbrica.
Basta prendere atto di questo, ovvero che Ardagh non può e non vuole essere il successore di Dahl, e i Brutti appariranno immediatamente liberi dal peso di una eredità troppo faticosa da sostenere.
D'altronde ad Ardagh, come già a Dahl, va riconosciuto il grande merito di aver saputo raccontare l'infanzia come cosa aliena al mondo degli adulti. Con tutto quel che ne consegue (il motto che è scritto sulla maglietta di Larry Piccoli mi pare illuminante).
E di averlo fatto attraverso
un registro narrativo a dir poco esilarante.
Se Dahl e Blake sono
come pane e burro, perfetti insieme, come è la reazione tra Ardagh e
Scheffler? Altrettanto armonica.
Tuttavia, se Ardagh non mi pare sia l'erede diretto di Dahl, come sarà il rapporto genealogico tra Blake e Scheffler? L'equilibrio dei calibri mi pare analogo a quello tra i due scrittori.
Anche nell'illustrazione, mutatis mutandis, Scheffler e Blake hanno diversi punti di contatto, ma anche Scheffler arriva per secondo. E anche a lui manca la potenza del segno.
Potenza che nasce, a mio modesto parere, dall'essere arrivati prima di altri in cima a una montagna. Di aver aperto la strada a quelli che verranno.
Nessun commento:
Posta un commento