FENOMENOLOGIA FANTASMATICA
Storie di fantasmi per il
dopocena, Jerome K. Jerome, Umberto Mischi
(trad.
e adattamento di Irene Scarpati)
Biancoenero Edizioni 2016
NARRATIVA PER MEDI (dagli
8 anni)
"Era la vigilia di Natale.
E' sempre la Vigilia di
Natale, nelle storie di fantasmi.
La Vigilia di Natale è
la notte di gala dei fantasmi. E' la loro festa annuale.
Una volta l'anno, la
Vigilia di Natale, i fantasmi escono per mostrarsi in pubblico: per
vedere e farsi vedere.
Per mostrare il proprio
lenzuolo da fantasma e per criticare il lenzuolo degli altri."
A
Tooting, quella Vigilia di Natale, a casa dello zio John intorno a un
tavolo sono riuniti sei uomini. Sei gentiluomini. La zia è appena
andata a letto.
Dopo
una cena ottima e dopo aver bevuto vari punch al whisky e uno al
gin, dopo aver giocato a carte, i sei amici cominciano, a turno, a
raccontare le loro storie di fantasmi come richiede la tradizione.
La
Vigilia di Natale è la notte ideale per farlo: fuori fa freddo, c'è
un gran fango sulle strade e tutti sono rintanati in casa tra amici e
parenti. Tutti vivi. Cosa c'è di meglio che evocare tombe,
cadaveri, assassini e sangue in una serata così festosa?
Sarà
per questo che anche da parte dei fantasmi c'è questa predilezione
per uscirsene proprio la sera del 24 dicembre. Anche se, talvolta, si
fanno vivi -ops!- anche in altre ricorrenze particolari: la Vigilia
di Ognissanti, l'anniversario di qualche impiccagione o, più
semplicemente, in occasione della predizione di una qualche prossima
sventura.
A seguito di una introduzione sulla fenomenologia dello spettro, i
quattro racconti di fantasmi che si susseguono quella sera sono a dir
poco emblematici. Apre la lacrimevole storia di Johnson un fantasma,
amante fedele, partito per l'Australia in cerca di fortuna per aver
modo di chiedere in moglie l'amata Emily. Al suo ritorno, dopo
vent'anni, di lei non c'è più traccia; tuttavia un po' di estro,
del buon marmo e uno scalpellino compiacente gli doneranno la pace.
Pace
interiore di cui gli spettri inquieti sono sempre in cerca.
Di
inquietudine, di avarizia, di dabbenaggine si occupa la storia del
cugino Joe che, in sole tre settimane, demolì pezzo dopo pezzo, la
sua nuova bella casa per dar retta al fantasma secco e curvo del
mugnaio che gli appariva ai piedi del letto ogni notte.
Degli
altri fantasmi tacerò.
Ho
cinquantasei anni e ho una certa contezza, maturata nel tempo, di
cosa distingua dal resto del mondo gli abitanti della grande isola
del Mare del Nord, e che riassumerei in un unico fatale aggettivo:
BRITISH.
Già
la sua traduzione in italiano, britannico, lo svilisce di un po'.
E,
affermandolo, sono certa di non impantanarmi in alcun luogo comune.
Sotto
l'etichetta british si cela una comunità fatta di uomini e di
donne dal polso di ferro, orgogliosi conquistatori e consapevoli
'dominatori del mondo' per un bel po' di tempo, finissimi letterati,
guidatori prudenti sull'altra corsia, estimatori entusiasti di
porridge e pudding, distaccati osservatori delle altrui passioni.
Ma
soprattutto, uomini e donne che dell'ironia tagliente hanno bisogno
come dell'aria, per sopravvivere. Umorismo che gela e che 'tutti gli
altri' - i non britannici - definiscono, come per difendersene, humor
inglese.
Jerome
Klapka Jerome è uno dei più distinti utilizzatori di sense of
humor che la letteratura ci abbia regalato.
E,
come se non bastasse, è un fine letterato.
Se il
sanguigno mediterraneo da un lato si sente gelare di fronte alle
raffinate freddure di un inglese, dall'altro ne irrimediabilmente
attratto.
Io
sono fra questi. Per tale motivo, con un lieve tremore ai polsi, anni
fa proposi ai ragazzi con cui lavoravo sul tema del viaggio Tre
uomini in barca. Temevo che me lo avrebbero tirato dietro: la
storia di tre amici e di un cane chiusi in un microcosmo asfittico,
una barchetta che naviga lentamente lungo il Tamigi. Temevo che gli
interminabili battibecchi tra J., George, Harris, sotto gli occhi
pazienti di Montmerency, costruiti su inezie, sfiancassero la
pazienza di lettori alle prime armi. Temevo che il linguaggio
affettato, espressione del noto autocontrollo inglese, fosse lontano
anni luce dall'eloquio pimpante di ragazzini e ragazzine del Duemila.
Mi
sbagliavo, oh quanto mi sbagliavo. Hanno letto e, nel leggere, hanno
riso a crepapelle. E allora gioisco nel pensare che Biancoenero
regali, ovvero ripubblichi (la prima edizione del 2010), un altro
piccolo gioiello 'so british' e che lo faccia, per di più secondo i
criteri dell'alta leggibilità, attraverso un curato adattamento di
Irene Scarpati.
Contravvenendo
alla tradizione delle storie di fantasmi da raccontare soprattutto
nella Christmas Eve, ne consiglio la lettura tutte le sere
dell'anno!
Carla
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