RE PER UN CASO
Luigi
I Re delle pecore, Olivier Tallec (trad. Chiara Stancati)
Lapis
2016
ILLUSTRATI
PER PICCOLI (dai 4 anni)
"E fu così che in un giorno di vento, Luigi la pecora
divenne Luigi I, re delle pecore.
Un re deve avere uno scettro per governare, PENSÒ per prima cosa
Luigi I.
E un trono per amministrare la giustizia, perché è importante,
la giustizia..."
La corona è portata dal vento, come molte cose nella vita vera.
Luigi, come molti nella vita vera, semplicemente approfitta
dell'occasione.
Dall'avere una corona in testa a essere re, nella mente di una
pecora, il passo è breve. Così Luigi, incoronatosi, comincia a
comportarsi da re.
Scettro, trono, letto regale sono simboli
importanti per poter far crescere tra i sudditi il consenso e il
rispetto. Per accrescere il culto della propria immagine sarà
necessario riprodurla a ogni buona occasione: nelle statue, nelle
siepi dei giardini del palazzo reale. Un buon re, soprattutto di
questi tempi, deve essere un buon comunicatore.
Un buon re coltiva le
arti e quindi a palazzo giungeranno i migliori artisti ad esibirsi.
Nelle giornate di noia un buon re troverà svago nella caccia grossa
e se le prede adatte non sono autoctone, le si dovrà fare arrivare
da fuori. La diplomazia è un altro aspetto non trascurabile. Ma ciò
che non può essere assolutamente procrastinato è l'ordine nel
regno. E per questo serve un esercito compatto che marci unito, a
passo di pecora.
Si sa, non è sempre facile mantenere l'equilibrio quando si ha tanto
potere, così anche a Luigi scappa un po' di mano la situazione...ma,
come molte cose nella vita vera, ci pensa il vento a cambiare di
nuovo la prospettiva...
Tallec non sembra voler rinunciare al lupo, ma questa volta l'ombra
allungata del suo lungo muso si profila solo qua e là, e il
palcoscenico è tutto delle pecore.
Pecore alle prese con il caso, sotto forma di vento, pecore alle
prese con il potere, sotto forma di corona.
Se
il tema del 'caso' che prende la forma del vento lo ha 'inventato'
Pamela Travers con la sua Mary Poppins che arriva e se ne va volando,
anche il tema del 're per un giorno' non è esattamente una novità
nell'ambito dei libri illustrati (e non solo). E penso alle
differenti declinazioni che compaiono in La regina delle
rane di Davide Calì e Marco
Somà, oppure in C'era tante volte una foresta
di Élisa Géhin o ancora in Nuno
di Mario Ramos. Tuttavia mi pare interessante, come sempre, la
prospettiva dalla quale Tallec osserva la vicenda.
Sembra un po' un assurdo dire che l'autore della vicenda sia
contemporaneamente il suo osservatore esterno. Eppure, e questo è
uno dei più grandi meriti che va ascritto a Tallec, le cose stanno
pressappoco così. Pochissimo della storia sembra essere concesso a quello che
potrebbe essere un giudizio, una visione d'autore. Tallec si deve
essere piazzato su uno dei tanti alberi sotto cui le pecore pascolano
e con un buon binocolo osserva ciò che accade. O forse ha indossato
i panni del lupo e solo in un caso, pensando di non essere visto, si
mischia alla folla acclamante nel comizio? Forse in attesa che il
caso, prima o poi, sfiori anche lui.
Se così è, credo sia utile andare a cercare quel 'pochissimo' che
fa di un albo, un albo di Tallec.
Primo dettaglio: il cambio di passo. Da una doppia tavola che
'fotografa' la situazione di partenza si passa a una tavola in cui
tutto avviene con una sequenza concitata, quattro collinette che
vedono la pecora Luigi diventare Luigi I, quindi si ritorna al
respiro della doppia tavola per tutto il libro. Salvo poi
riaccelerare per la deposizione di re Luigi I ridiventato pecora
comune.
A chiudere, in perfetta simmetria con l'inizio, l'ultima tavola
doppia per il coup de théâtre finale.
Secondo
dettaglio: l'indifferenza generale dei primi momenti di governo. Essa
è frutto della velata ironia di Tallec, che gioca sulla
contrapposizione con l'entusiasmo, la passione e certo dover
essere del nuovo re.
Terzo dettaglio: il consenso che cresce. Lentamente, ma
inesorabilmente le pecore al principio disinteressate, diventano
parte attiva. Un caso per tutti: le pecore-cani per la battuta di
caccia grossa. Come a dire, sorride Tallec, che il consenso, tra le
pecore!, si costruisce attraverso una buona gestione dell'immagine
pubblica.
Quarto dettaglio: il lupo qua e là. Lo si nota solo dopo, ma lui è
lì fin dal principio, forse a testimoniare che nella vita non si può
mai abbassare la guardia. Tallec è grande maestro del finale
incompiuto e anche in questo albo la presenza del lupo mi pare
contribuisca a lasciare aperto un canale di interpretazione non
indifferente.
Quinto dettaglio: l'uso raffinatissimo (assecondato con grazia nella
traduzione) della lingua, per dire senza dichiarare. Il passaggio
dall'indicativo al condizionale segna una linea di confine tra ciò
che è e ciò che ci piacerebbe che fosse. Ma tra desiderio e realtà
siamo noi a dondolarci, non le pecore. Ed ecco che il modo e il tempo
di un verbo ci suggerisce, senza dirlo, chi si nasconda
effettivamente sotto il vello morbido di quel gregge.
Ci siete caduti anche voi: quel pochissimo è in realtà tantissimo.
Un gigante, come al solito,Tallec.
Carla
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