UN COLORITO BATTIBECCO
Signorina attaccabrighe, Jane Austen, Andrea Joseph
(trad. Bianca Lazzaro)
ILLUSTRATI PER MEDI (dai 9 anni)
Tutto comincia durante il ballo in
maschera a palazzo Johnson, dato in occasione del compleanno del
capofamiglia.
I Johnson, ospiti affabili e gioviali, sono conosciuti tuttavia per il loro spiccato debole per gli alcolici e per ogni tipo di gioco d'azzardo. Così anche quella sera scorrono litri di rosso a confondere le menti degli invitati: sette invitati nascosti dietro le loro maschere e i padroni di casa, riconoscibili per la bottiglia di vino da cui non si separano mai.
I Johnson, ospiti affabili e gioviali, sono conosciuti tuttavia per il loro spiccato debole per gli alcolici e per ogni tipo di gioco d'azzardo. Così anche quella sera scorrono litri di rosso a confondere le menti degli invitati: sette invitati nascosti dietro le loro maschere e i padroni di casa, riconoscibili per la bottiglia di vino da cui non si separano mai.
Alice Johnson, figlia del festeggiato, in occasione del ballo, si scopre innamorata del bellissimo Charles. Le pene di un amore, il primo, ad evidenza non corrisposto, la conducono, sbronza come al solito, a casa di Lady Williams dalla quale cerca conforto. Confessione dopo confessione, le due signore arrivano a discutere animatamente sul colore 'troppo rosso' delle gote di tale Lady Watkins. A ben vedere sembrerebbe piuttosto che il 'troppo rosso' è quello che ha bevuto la giovane innamorata. Di scaramuccia, in riappacificazione, di bicchiere in bicchiere la storia si intreccia con l'entrata in scena di altre fanciulle dal destino sfortunato. Per intanto, la povera Alice non riamata dal vanitoso e superbo Adams si consola con molteplici cicchetti che l'aiutano a dimenticare.
E mentre gli amori sbocciano e finiscono e le vendette si puniscono, nell'ombra l'avvenente Charles Williams ha deciso di mettere testa a partito e di capitolare davanti al sacramento del matrimonio.
All'altare, ma con chi?
Qui è Jane Austen a quindici anni in
uno dei racconti degli Juvenilia dal titolo Jack and Alice,
che scrisse tra il 1787 e il 1793.
Anche se acerba, dentro questo
brevissimo racconto, che ha comunque incredibilmente la medesima
godibilità di un romanzo, c'è già tutta Jane Austen che, con somma
e raffinata ironia, fa il verso a se stessa.
Intrighi, amori non corrisposti, buon senso femminile, vanagloria maschile, apparenze ingannevoli, convenzioni sentimentali, bugie, tante bugie, insomma 'ragioni e sentimenti', 'orgogli e pregiudizi', sempre annaffiati e colorati da ottimi vini francesi.
Una mappa perfetta per orientarsi nel mondo complesso dei suoi romanzi da grandi, o dovrei dire dei suoi grandi romanzi?; un assaggio gustoso del suo stile letterario, un piccolo saggio di come il racconto sia, a così alti livelli, un vero e proprio romanzo in miniatura.
Testo e immagini sebbene organizzati in uno schema 'classico' duettano piacevolmente: dal principio alla fine.
Ogni disegno porta in sé, oltre a un talento enorme nella riproduzione degli oggetti dal vero, siano essi tavoli da back gammon o tappi di sughero usati, una vena caustica che non arriva subito, ma a scoppio ritardato. Al pari di molte parti del testo.
Le carte da gioco ritoccate a dovere, o il rocchetto di filo di cotone da ricamo che apre il libro e che giustifica la sua apparizione solo nella penultima pagina, le innumerevoli tracce di fondi di bottiglie di vino che accompagnano l'intera lettura. E poi, quasi invisibili, una serie di piccoli dettagli che, al pari del testo, appaiono qua e là con il compito di gratificare lettori e lettrici più attenti e sensibili della media.
E su ogni cosa il colore del vino.
Imperdibile.
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