Maggio 2016
perché:
"Raccontare che per raggiungere un risultato occorre impegnarsi duramente (per poi magari, non arrivarci neanche mai).
E quindi raccontare il proprio limite, la propria sconfitta per manifesta 'piccolezza', tutto questo può essere terreno di discussione con bambini e bambine che lo vivono sulla loro pelle quasi quotidianamente. E che bel terreno per farlo: una giungla di Rosseau sullo sfondo in cui i piccoli (più piccoli e meno piccoli) agiscono in un mondo che sembra tutto loro."
Il Piccolo Regno. Una storia d'estate, Wu Ming 4, Bompiani 2016
perché:
"è un romanzo esemplare. Racconta, come pochi sanno fare, quel passaggio cruciale, quel momento preciso, magari proprio quell'estate, in cui un evento particolare sancisce la fine di una stagione della vita.
Prima
di quel momento, la Gente Bassa, i bambini, hanno vissuto nel loro
Regno, fatto di piccole e grandi avventure, di segreti, di patti
inviolabili, di un linguaggio vicino al mondo animale, di luoghi
proibiti alla Gente Alta, gli adulti, che sorvegliano da lontano lo
svolgersi del racconto dei piccoli."
Giugno 2016
perché:
perché:
"È impossibile
resistere alla chimica perfetta che tiene insieme questi due
personaggi così diversi tra loro, eppure così complementari. Sono
come due pezzi di puzzle: uno ha un profilo 'sporgente' con un ego
esuberante e l'altro un profilo 'cavo', dato dalle timidezze, che si
rivela sempre accogliente per il primo.
L'incastro tra i
due, alla fine di ogni storiellina (sono sette in totale), è
perfetto.
Forse è per questo
invisibile quid, un flusso osmotico tra l'uno e l'altro, che la loro amicizia non teme scossoni e anche se
arriva al limite estremo, trova sempre una buona ragione per
ricomporsi."
"E' un romanzo dalle diverse valenze, scritto con grande
naturalezza e un grande gusto per l'avventura: prende il lettore o la
lettrice desiderosi di immergersi in una storia appassionante, ma
nello stesso tempo avvicina i più giovani alle atmosfere di un'epoca
nemmeno troppo lontana, che ha ispirato scrittori e registi di
Hollywood.
Mi
sembra davvero una bella prova d'autore."
Luglio 2016
perché:
"Un
libro prezioso, per imparare e imparare a fare, due momenti che
dovrebbero andare di pari passo; un ulteriore sviluppo di
quell'approccio attivo all'arte e al sapere che si era già visto
nella precedente collana, dedicata proprio all'arte dei maestri.
Di
libri che fossero dei manuali per naturalisti se ne erano già visti,
magari provvisti di un piccolo kit per la cattura, vogliamo sperare
incruenta, degli insetti; quello che è sicuramente nuovo e
stimolante è coniugare arte e scienza."
perché:
" Biagio, il pulcino mascherato,
rappresenta forse la miglior sintesi di quello che secondo Ponti è
il pensiero, il modo di leggere il mondo, di un bambino o di una
bambina.
Se
partiamo da questo ultimo punto, direi nodale, per capire a fondo i
libri di Ponti, non possiamo non soffermarci su un particolare
essenziale: la maschera che Biagio indossa. È lui stesso -in una
rarissima, forse unica, intervista rilasciata in occasione del libro
celebrativo dei 20 anni di carriera di Ponti (uscito solo in Francia
per L'ecole des loisirs nel 2006), che ci svela una chiave importante
per capire il senso di quella maschera: c'est
le poussin qui met le masque qui devient Blaise.
Lo sospettavo: dunque non esiste un unico Biagio, ma ogni pulcino che la indossa è Biagio per un po'!"
Agosto 2016
perché:
"la vita canina
raccontata in prima persona dai protagonisti a quattro zampe consente
al giovane lettore di vedere le cose da un altro punto di vista e la
presenza anarchica, con tutta la sua carica liberatoria, degli amici
pelosi acquisisce tutta un'altra valenza. Il mondo ad altezza del
naso di un cane ha un ordine di valori diverso, che è bene capire
prima di essere travolti dalle improvvisazioni del nostro compagno di
strada."
perché:
"Il carattere di
eccezionalità di questo libro si ritrova in diversi aspetti.
Provo a elencarli in
ordine crescente di importanza.
Il primo è la sua
lunghezza e il suo rapporto tra testo e immagine, laddove il primo si
prende la libertà di un respiro più ampio: è un albo di quasi 50
pagine.
Il secondo sta nel
'dream team' che lo ha concepito: Eoin Colfer e Oliver Jeffers. Due
giganti che duettano alla pari in un'intesa assoluta, che forse
deriva da una consolidata amicizia o, più probabilmente, da una
radice di pensiero e sentire comune che è l'Irlanda. A questo si
aggiunga il terzo grande calibro che è la traduttrice dell'edizione
italiana, Chiara Carminati, che si rivela voce perfetta nell'aver
saputo cogliere la leggerezza e la poesia con cui i due irlandesi
raccontano il senso ultimo dell'essere amici, veri o immaginati che
siano."
[continua]
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