ROBA DA FEMMINE?
Il principe Arturo e la principessa Leila, Béa Deru-Renard, Kristien Aertssen
(trad. Tanguy Babled)
Babalibri 2017
"Le fanciulle fanno la
riverenza e la regina Irene annuncia: 'Firulì! Firulì! Firulà! Mio
figlio sposerà la fanciulla che passerà queste tre prove con
facilità! Prima prova: preparargli un buon pranzetto. Seconda prova:
cucirgli un abito perfetto. Terza prova: cantare un dolce minuetto.
Firulà! Firulà! Firulì! Ho deciso così.'"
Un uccellino grigio
racconta che sono in molte le pretendenti: un principe come marito
non è roba di tutti i giorni. Nessuna delle fanciulle giunte davanti
al castello dai quattro angoli del mondo però è in grado di
soddisfare il giovane principe che si rivela piuttosto esigente. Le
ragazze fuggono atterrite, inseguite dalle urla della regina.
Al tramontare del sole, Arturo è pensoso. Dall'altra parte del mondo, dove il sole sta sorgendo, c'è una principessa che si lamenta: incombe su di lei un matrimonio combinato. Tra le due infelicità fa la spola l'uccellino che, sorta di deus ex machina, quando vede scendere pioggia dagli occhi della principessa Leila, le racconta del principe Arturo e le concede tre desideri.
Il primo è per il decollo, il secondo per l'atterraggio e il terzo? Arrivata al cospetto del principe, anche a lei l'aspettano le tre prove che, in sua vece, sarà lo stesso Arturo a portare a termine, perché quella principessa così 'esotica', alla quale nel frattempo è volato via il velo, non gli è indifferente. Finalmente. O quasi: la regina Irene non è d'accordo a un matrimonio con una sconosciuta, per di più straniera! Ecco come spendere il terzo desiderio...
Il nodo della
questione sta proprio in questo: sposarsi dovrebbe fare rima sempre
con innamorarsi. Béa Deru-Renard sceglie il tono e il contesto della
fiaba per arrivare a dimostrare che in fatto d'amore sarebbe meglio
poter decidere in tutta libertà. Da una parte, quella del principe
Arturo (che anche nei tratti ricorda il timido Arturo del Galles,
fratello del possente Enrico VIII) biondino e slavato, c'è una madre
incombente e dilagante, dall'altra, quella della principessa Leila,
che mangia lukum e porta il velo, c'è il consueto matrimonio
combinato.
Questa situazione porta con sé necessariamente un
confronto fra culture che può sfociare in incontro ma anche in
scontro. Anche in questo caso la Béa Deru-Renard gioca sapientemente
con lo stereotipo e ribalta il prevedibile finale. Il principe Arturo
finalmente si attiva per 'forzare' le tre prove, in nome di una
nascente simpatia e intesa con quella principessa volitiva. Lo
vediamo cucinare, sferruzzare e cantare ninne nanne, prendendosi
gioco una volta di più delle convenzioni che vorrebbero che i
fornelli, i ferri da calza e le nenie fossero roba da femmine.Vivace il linguaggio, felicemente tradotto da Tanguy Babled, trova corrispettivo nella tavolozza e nel disegno pieno di movimento. Intesa c'è anche nel tono diretto del racconto e nel registro della fiaba con cui avevamo già visto confrontarsi con maestria la Kristien Aertssen, nella sempre amatissima e richiestissima Regina dei baci (Babalibri, 2007).
Carla
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