PIÙ SI È MEGLIO È
Il piccolo re,
Taro Miura (trad. Elena Barboni)
Fatatrac 2016
ILLUSTRATI PER PICCOLI
(dai 4 anni)
"Il tavolo da
pranzo del Piccolo Re era grande grande.
Ogni giorno il cibo
veniva servito in quantità su questo tavolo lunghissimo e il Piccolo
Re non riusciva mai a finire tutto.
Il mezzo di
trasporto ideale del Piccolo Re era un cavallo bianco grande grande.
Come avrebbe mai potuto cavalcarlo?
E ogni volta che ci
provava, il Piccolo Re veniva spazzato via dalla coda dell'animale."
Il
Piccolo Re è piccolo, nonostante i suoi baffi bianchi e la sua
corona giallo oro, tutto gli è abbondante: il castello, i soldati,
la vasca da bagno, il letto. Tutto è grande grande per lui così
minuto. Soldati alti e minacciosi, letti e vasche da bagno in cui è
facile smarrirsi, cibo che non si riesce a finire sono tutte le cose
che quotidianamente lo preoccupano un po'. Il Piccolo Re non si perde
d'animo e capisce che la soluzione è a portata di mano (di manina).
Si
sposa una bella principessa grande grande. Con lei vicino non è più
solo e non è più perduto. Con lei mette su una famiglia grande
grande con ben 10 bambini e lo spazio si riduce magicamente a tal
punto dal farlo decidere di rimandare a casa tutti i suoi soldati
(ben felici di farlo). Ora il castello è tutto per loro, il tavolo e
il cibo sono finalmente proporzionati e anche il letto con la Grande
Regina da un lato e tutti i suoi bambini in mezzo è perfetto per
fare sogni d'oro.
Taro
Miura qui abbandona l'ambito più consueto in cui in Italia è
conosciuto: il design applicato all'illustrazione (Ton,
Corraini 2004; Arnesi,
Corraini 2005; Lavori in corso,
Corraini 2007; Workman Stencil,
Corraini 2014). E veste i panni del narratore di storie. In perfetta
coerenza editoriale abbandona Corraini per Fatatrac.
La
creazione sulla pagina di oggetti e personaggi attraverso la
scomposizione e giustapposizione di forme geometriche, di silhouette
riassuntive che ricordano quelle della segnaletica stradale, di
immagini che alludono immediatamente al loro significato e che si
imprimono altrettanto rapidamente nella memoria visiva di ciascuno:
questo è il repertorio cui ha abituato i suoi lettori Taro Miura
nei libri Corraini.
Qui
cambia qualcosa e Il piccolo re
pare essere un unicum, un diversivo a tutti gli effetti, sebbene
esista un suo corrispettivo al femminile, ben meno bello, che si
intitola The Big Princess
(Walker 2014).
A
un autore, che finora ha dimostrato di preferire il segno alle parole
e alle sequenze narrative, è venuta voglia di cimentarsi con una
storia da scrivere e da illustrare.
Il
registro scelto è la fiaba, narrazione per eccellenza che però
permette di mantenere il gusto per la sintesi nei nessi temporali
serrati e improbabili, necessari a tenere sempre alta l'attenzione di
chi ascolta a scapito di ogni criterio oggettivo di realtà.
Come
in ogni fiaba che meriti questo nome, anche qui si saltano le
lungaggini delle connessioni e si privilegiano i fatti salienti. E se
questo comporta un pizzico di magia, ben venga.
A
ogni tema è ascritta una grande tavola. A parte la prima, in cui in
un nero profondo galleggia solo soletto il Piccolo Re, tutte le altre
sono dedicate alle singole 'stazioni' e sono sempre molto movimentate
: il castello, le truppe, il pranzo, il cavallo e così via. In
ognuna di queste il piccolo re rimane minuscolo: alle prime, distinte
dal fondo nero che allude alla sua inquietudine, fanno seguito quelle
coloratissime che segnano la svolta affettiva e in cui compare la
gigantesca principessa, di lì a poco regina, e a seguire i dieci
marmocchi enumerati con precisione.
Elementi
grafici e costruzioni geometriche riempiono le pagine e danno forma
al racconto. I piccoli inserti fotografici sono una gioia per chi ama
spigolare nelle immagini: nella copertina per esempio una gambetta
del re è un raffinato gancio allusivo alla conclusione felice della
fiaba. Oppure le mani che, sempre disegnate come cerchi rosa,
diventano pugni serrati nel brandire le spade e le alabarde o
pugnetti chiusi che tengono il lembo del lenzuolo.
Potere
del segno! E Taro Miura è sempre Taro Miura, anche se il nitore dei
libri con Corraini qui viene meno.
I
colori sono primari e piatti e hanno la prerogativa di dare ulteriore
risalto ai rari inserti fotografici o a china o ancora calcografici.
Dietro
tutto questo si nasconde una fiaba che per alcuni tratti salienti
ricorda quella raccolta dalla tradizione nordica di Pollicino
che sposò la Grande Principessa,
presente nella Grande Enciclopedia della Favola curata da Gianni
Rodari (Editori Riuniti 2002). Sebbene qui manchi il finale
tragicomico della prima, in cui il povero Pollicino affoga per
ingordigia in una tazza di crema il giorno dello sposalizio, tuttavia
rimane in piedi il gioco del minuscolo e del gigantesco che insieme
fanno ridere. Inevitabilmente.
Voler
vedere a tutti i costi che la morale della storia sia quella per cui
nella famiglia si trova la soluzione di ogni problema, circostanza
che alcuni critici hanno rilevato, a me pare tutto sommato marginale
rispetto ad altri significati effettivamente più condivisibili,
quali per esempio l'allontanamento dei soldati che fanno luogo ai
giochi dei bambini, o ancora di più la condivisione della ricchezza
di cibo e materassi.
Carla
Nessun commento:
Posta un commento