mercoledì 6 settembre 2017

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


I ❤ GLASER

SE le mele avessero i denti, Milton e Shirley Glaser 
(trad. Giuseppe Solinas)
Corraini 2017


ILLUSTRATI

SE le mele avessero i denti, sarebbero loro a mordere te.
SE i serpenti fossero salati, sarebbero come pretzel acciambellati.
SE le angurie avessero piume e piumini, sarebbero morbidi cuscini.
SE come le galline avessero le zampette, le tartarughe sarebbero veloci come saette.
SE i cetriolini venissero accarezzati, sarebbero meno acidi e più spensierati.


È un gioco, un gioco tra marito e moglie, su un treno.
All'Accademia di Bologna, allievo di Morandi, Milton Glaser si gode la sua borsa di studio Fulbright e durante uno dei tanti viaggi con Shirley gioca a 'SE' per passare del buon tempo e per tenere in allenamento le loro due fervide teste.
Lui, forse il designer più famoso al mondo, lei, una fotografa eccellente, entrambi usciti dalla Cooper Union di New York, si sposano nel 1956 e per due anni fanno base a Bologna e nel frattempo girano in lungo e in largo la vecchia Europa. 
Milton Glaser oggi, dall'alto dei suoi ottantotto anni, può dirsi senza falsa modestia un pilastro del design, della grafica e del visuale. Non basterebbero due pagine per elencare i premi e i riconoscimenti e i grandi nomi che hanno avuto la fortuna e il merito di affiancarlo in molte delle sue esperienze creative.
Frutto della sua arte sono alcune delle icone del design di sempre, le più citate sono il logo di I NY o il famoso profilo nero di Dylan, poster che ha venduto 6 milioni di copie, che sopravvivono al tempo.

M. Glaser, Man undressing 1990, Piero della Francesca mostra

Permeabile e sensibile all'arte classica europea, a partire da Piero della Francesca di cui è stato fine e acuto studioso, Glaser ha saputo elaborare un'etica e un'estetica che mi pare costituisca robusto fondamento per tutta la sua sconfinata e variegata produzione artistica.
Anche in questo libro che ha il sapore del divertissement mi pare si possa riconoscere una mano sapiente nel disegno e nella composizione dello spazio e nella sensibilità per il colore. 


Quest'ultimo è figlio di un'epoca precisa in cui l'effetto ottico della tavolozza doveva essere indelebile: rosa, verde, turchese, giallo acceso. 

Push Pin Studio

Basta ricordare un altro libro che da quegli stessi anni e da quello stesso studio, il Push pin Studio di Manhattan, arriva Libri!, illustrato da John Alcorn (Topipittori 2012), per capire a cosa alludo.
Sebbene il segno sia pop, tuttavia non si può fare a meno di notare il volume di un pesce sdraiato nel piatto, la decorazione delle piume di una gallina che si intreccia con un carapace da tartaruga, la scabrosità di un rinoceronte con il pullover.


E non posso non pensare guardando queste figure a Beni Montresor e a Sendak.
In una delle sue più recenti pubblicazioni, sorta di libro/catalogo delle sue opere, Drawing is Thinking (Nuages 2008), Glaser ragiona sul senso ultimo del disegno e, in particolare, dell'atto di disegnare. Dice testualmente: disegnare può essere considerata una forma di meditazione. La meditazione coinvolge lo sguardo sul mondo senza giudizio, permettendo a ciò che ci sta di fronte di diventare comprensibile. E a proposito della funzione dell'arte, prosegue dicendo: Credo che l'arte sia una forma di meditazione per creatore e testimone e, come la meditazione, l'arte ci renda attenti.
In questa prospettiva diventa chiaro quanto sia importante il disegno, sorta di maieutica per la comprensione del mondo che ci circonda.
Disegnare per capire. Il passo successivo del suo ragionamento si concentra sull'importanza del disegnare fedelmente. Il cervello progredisce attraverso la ripetizione, ovvero se si fa qualcosa di giusto più volte il cervello si rafforza, in caso contrario si indebolisce. Da qui si deduce che per esprimere un'idea occorre avere le dovute capacità.

 
M. Glaser, Figure in profile, studio per un manifesto School of Visual arts

 Torniamo indietro di un passo, ovvero all'attenzione. Cosa è secondo Glaser che attiva la nostra attenzione? Cosa muove la mente? Per più di sessant'anni della sua vita Glaser ha avuto come obiettivo quello di attivare l'attenzione di chi guardava un suo manifesto, una sua copertina di disco o di libro, una sua locandina di teatro, o una sua vetrina, o una sua pagina su una rivista o su un quotidiano. Lui se ne intende, come dire.


La sua risposta è articolata, ma ancora una volta profonda e sapiente: da un lato spetta all'ambiguità di certe immagini, di certi segni, accendere l'interesse dello spettatore, dall'altra questo tipo di arte, l'unica che secondo Glaser merita questo nome, è quella che cancella preconcetti e stereotipi e nel contempo ha il dono di risvegliare le menti da quel torpore, Glaser lo definisce immunità all'esperienza, che ci aiuta a non soccombere di fronte agli stimoli della realtà.
Quindi di fronte a un'opera d'arte nella sua ambiguità - quadro, poesia, pezzo di teatro che sia - noi ci svegliamo (spegniamo il pilota automatico) e ci rendiamo conto di essere al mondo: la nostra mente si è mossa.
Ebbene tutto questo mi sembra si possa leggere in trasparenza anche in SE le mele avessero i denti. 

 
In primo luogo l'ambiguità, l'incertezza che quel SE rappresenta in una felice sintesi, in secondo luogo il colpo di spugna nei confronti di ogni tipo di convenzione e preconcetto addormentatori di menti, nel mettere insieme serpenti e pretzel, rinoceronti e pullover, elefanti e aspirapolvere, angurie e piume. Last but not least un disegno, un segno apparentemente semplificato, in un ricercato gusto pop, che nasconde un'abilità nel tenere la matita in mano, frutto di un dono di natura, ma anche di tanto esercizio nel provare e riprovare.
SE, nella sua stretta relazione tra figura e lettering (la copertina ne è manifesto), nel disegno volumetrico, nell'equilibrio compositivo delle pagine, nei colori, nel divertimento assurdo del testo è un po' come il pulcino ancora chiuso nell'uovo: porta in sé il seme di una vita. 


Una radiosa vita da designer.


Carla

Noterella al margine: applausi al traduttore che ha inserito le rime, arricchendo se possibile, l'originale che non le aveva previste.

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