I ❤ GLASER
SE le mele avessero i denti,
Milton e Shirley Glaser
(trad. Giuseppe Solinas)
Corraini 2017
ILLUSTRATI
SE le mele
avessero i denti, sarebbero loro a mordere te.
SE i serpenti
fossero salati, sarebbero come pretzel acciambellati.
SE le angurie
avessero piume e piumini, sarebbero morbidi cuscini.
SE come le
galline avessero le zampette, le tartarughe sarebbero veloci come
saette.
SE i cetriolini
venissero accarezzati, sarebbero meno acidi e più spensierati.
È un gioco, un gioco tra marito e moglie, su un treno.
All'Accademia di Bologna, allievo di Morandi, Milton Glaser si gode
la sua borsa di studio Fulbright e durante uno dei tanti viaggi con
Shirley gioca a 'SE' per passare del buon tempo e per tenere in
allenamento le loro due fervide teste.
Lui, forse il designer più famoso al mondo, lei, una fotografa
eccellente, entrambi usciti dalla Cooper Union di New York, si
sposano nel 1956 e per due anni fanno base a Bologna e nel frattempo
girano in lungo e in largo la vecchia Europa.
Milton Glaser oggi, dall'alto dei suoi ottantotto anni, può dirsi
senza falsa modestia un pilastro del design, della grafica e del
visuale. Non basterebbero due pagine per elencare i premi e i
riconoscimenti e i grandi nomi che hanno avuto la fortuna e il merito
di affiancarlo in molte delle sue esperienze creative.
Frutto della sua arte sono alcune delle icone del design di sempre,
le più citate sono il logo di I ❤
NY o il famoso profilo nero
di Dylan, poster che ha venduto 6 milioni di copie, che sopravvivono
al tempo.
M. Glaser, Man undressing 1990, Piero della Francesca mostra |
Permeabile e sensibile all'arte
classica europea, a partire da Piero della Francesca di cui è stato
fine e acuto studioso, Glaser ha saputo elaborare un'etica e
un'estetica che mi pare costituisca robusto fondamento per tutta la
sua sconfinata e variegata produzione artistica.
Anche in questo libro che ha il
sapore del divertissement mi pare si possa riconoscere una mano
sapiente nel disegno e nella composizione dello spazio e nella
sensibilità per il colore.
Quest'ultimo è figlio di un'epoca
precisa in cui l'effetto ottico della tavolozza doveva essere
indelebile: rosa, verde, turchese, giallo acceso.
Push Pin Studio |
Basta ricordare un
altro libro che da quegli stessi anni e da quello stesso studio, il
Push pin Studio di Manhattan, arriva Libri!,
illustrato da John Alcorn
(Topipittori 2012), per capire a cosa alludo.
Sebbene il segno sia pop, tuttavia
non si può fare a meno di notare il volume di un pesce sdraiato nel
piatto, la decorazione delle piume di una gallina che si intreccia
con un carapace da tartaruga, la scabrosità di un rinoceronte con il
pullover.
E non posso non pensare guardando queste figure a Beni Montresor e a Sendak.
In una delle sue più recenti
pubblicazioni, sorta di libro/catalogo delle sue opere, Drawing
is Thinking (Nuages
2008), Glaser ragiona sul senso ultimo del disegno e, in particolare,
dell'atto di disegnare. Dice testualmente: disegnare
può essere considerata una forma di meditazione. La meditazione
coinvolge lo sguardo sul mondo senza giudizio, permettendo a ciò che
ci sta di fronte di diventare comprensibile.
E a proposito della funzione dell'arte, prosegue dicendo: Credo
che l'arte sia una forma di meditazione per creatore e testimone e,
come la meditazione, l'arte ci renda attenti.
In questa prospettiva diventa chiaro
quanto sia importante il disegno, sorta di maieutica per la
comprensione del mondo che ci circonda.
Disegnare per capire. Il passo
successivo del suo ragionamento si concentra sull'importanza del
disegnare fedelmente. Il
cervello progredisce attraverso la ripetizione, ovvero se si fa
qualcosa di giusto più volte il cervello si rafforza, in caso
contrario si indebolisce. Da
qui si deduce che per esprimere un'idea occorre avere le dovute
capacità.
Torniamo indietro di un passo, ovvero all'attenzione. Cosa
è secondo Glaser che attiva la nostra attenzione? Cosa muove la
mente? Per più di sessant'anni della sua vita Glaser ha avuto come
obiettivo quello di attivare l'attenzione di chi guardava un suo
manifesto, una sua copertina di disco o di libro, una sua locandina
di teatro, o una sua vetrina, o una sua pagina su una rivista o su un
quotidiano. Lui se ne intende, come dire.
La sua risposta è articolata, ma
ancora una volta profonda e sapiente: da un lato spetta all'ambiguità
di certe immagini, di certi segni, accendere l'interesse dello
spettatore, dall'altra questo tipo di arte, l'unica che secondo
Glaser merita questo nome, è quella che cancella preconcetti e
stereotipi e nel contempo ha il dono di risvegliare le menti da quel
torpore, Glaser lo definisce immunità
all'esperienza, che ci
aiuta a non soccombere di fronte agli stimoli della realtà.
Quindi di fronte a un'opera d'arte
nella sua ambiguità - quadro, poesia, pezzo di teatro che sia - noi
ci svegliamo (spegniamo il pilota automatico) e ci rendiamo conto di
essere al mondo: la nostra mente si è mossa.
Ebbene tutto questo mi sembra si
possa leggere in trasparenza anche in SE
le mele avessero i denti.
In primo luogo l'ambiguità,
l'incertezza che quel SE rappresenta in una felice sintesi, in
secondo luogo il colpo di spugna nei confronti di ogni tipo di
convenzione e preconcetto addormentatori di menti, nel mettere
insieme serpenti e pretzel, rinoceronti e pullover, elefanti e
aspirapolvere, angurie e piume. Last but not least un disegno, un
segno apparentemente semplificato, in un ricercato gusto pop, che
nasconde un'abilità nel tenere la matita in mano, frutto di un dono
di natura, ma anche di tanto esercizio nel provare e riprovare.
SE, nella sua stretta relazione tra
figura e lettering (la copertina ne è manifesto), nel disegno
volumetrico, nell'equilibrio compositivo delle pagine, nei colori,
nel divertimento assurdo del testo è un po' come il pulcino ancora
chiuso nell'uovo: porta in sé il seme di una vita.
Una radiosa vita
da designer.
Carla
Noterella al margine: applausi al
traduttore che ha inserito le rime, arricchendo se possibile,
l'originale che non le aveva previste.
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