CAVALCARE LA TIGRE
La tigre di Anatolio, Guia Risari, Giulia Rossi
La tigre di Anatolio, Guia Risari, Giulia Rossi
Beisler Editore 2018
ILLUSTRATI PER PICCOLI
(dai 5 anni)
"Fin da piccolo
Anatolio era appassionato di tigri. La prima parola che disse fu
'tigre'. Disegnava sempre grandi felini striati e, a volte,
rispondeva con un ruggito. Pensava alle tigri da mattina a sera.
Quanto alla sua, non era un animale immaginario, ma reale. Pesava
duecentocinquanta chili ed era lunga tre metri. Aveva baffi come
corde e una coda irrequieta che frustava l'aria."
Anatolio,
essendo esperto, era anche abile nella gestione del felino. Le aveva
insegnato come ci si comporta al parco, niente cani, bambini e
vecchietti da sgranocchiare. Le aveva insegnato a sorridere e a
scodinzolare per rassicurare i passanti. Insieme facevano una bella
vita: si raccontavano a vicenda storie, si facevano effusioni
affettuose, leccatine e grattatine. Anatolio era abile anche nel
saper mantenere un buon livello di igiene personale della tigre,
perché il suo lato selvatico non risultasse sgradito agli altri.
A
parte il giovedì che era giorno di bagno, il resto del tempo lo
passavano, inseparabili, esplorando il mondo. Una città può
rassomigliare a una giungla, a saper guardare...
Bambini
e tigri. Non è la prima volta che si incontrano sulle pagine di un
libro per l'infanzia. Capostipite Mowgli fino al piccolo
Babaji (L'ippocampo 2008) e l'ineguagliato principe tigre (Babalibri, 2005). In tutti questi esempi,
tuttavia, le tigri sono a casa loro. Qui, nel racconto di Guia
Risari, la tigre invece è un'eccezione, un fuori programma, in una
città qualsiasi, lontana da scenari asiatici.
C'è
da chiedersi, potrebbe essere amica o parente di una tigre che
compare all'ora del tè? Potrebbe. Non a caso con quella di Judith Kerr (Mondadori 2016) che suona il campanello, depreda il frigo e beve tranquilla il
tè con la bambina a sua madre, questa di Anatolio condivide più di
una analogia. La prima: spunta dal nulla e da un momento all'altro
diventa assolutamente normale per chi la vede (con una sola eccezione
per il dobermann) che lei sia lì. Come quella della Kerr, la tigre
di Anatolio non teme lo sguardo degli adulti. Come quella della Kerr
è una tigre al cento per cento, con usi e costumi propri della
specie. Ed è proprio su questo che, come la Kerr, anche Guia Risari
sembra voler giocare: ovvero innestare un elemento totalmente alieno
e assurdo in un contesto che appaia il più quotidiano e consueto
possibile.
Così nasce la risata.
Secondo
passo, si potrebbe dire, necessario: mettere l'assurdo nelle mani di
un bambino e stare a vedere che cosa succede. Anatolio, come già è
capitato ad Anna nei confronti dei gorilla (Anthony Browne, Gorilla, Orecchio acerbo 2017), ama a dismisura le tigri
e non pensa ad altro. Questo è il pretesto narrativo per
materializzarne una sul suo tappeto e per mettere quel bambino nella
felice posizione di poterla avere come animale da compagnia. In assoluta nonchalance.
Se
si legge il solo testo, in maiuscolo per andare incontro alle prime
esperienze di lettura autonoma da parte di bambinetti e bambinette di
tra i 5 e i 7 anni, si aprono svariati scenari possibili perché
ovviamente è costruito su un buon numero di gap, altrimenti detti
'non detti'. Il primo ed esemplificativo si riassume in meno di una
riga: Quanto alla sua, non era un animale immaginario, ma reale.
Non una parola in più viene spesa al proposito. E chi legge non
può fare altro che adeguarsi e far partire la propria immaginazione.
Immediatamente dopo, come ad attestare il registro intrapreso, l'assurdo, della tigre vengono elencate le caratteristiche fisiche e di comportamento che sono assolutamente ancorate alla realtà: baffoni, codona, peso cospicuo e certa ferocia. Naturalmente tutto quello che segue assume il tono esilarante dell'improbabile. E l'alternanza tra realtà e assurdo prosegue. Stando al testo, apparentemente fino alla fine (ma allora che ci fa il gatto di casa a riportare tutto alla normalità?)
Immediatamente dopo, come ad attestare il registro intrapreso, l'assurdo, della tigre vengono elencate le caratteristiche fisiche e di comportamento che sono assolutamente ancorate alla realtà: baffoni, codona, peso cospicuo e certa ferocia. Naturalmente tutto quello che segue assume il tono esilarante dell'improbabile. E l'alternanza tra realtà e assurdo prosegue. Stando al testo, apparentemente fino alla fine (ma allora che ci fa il gatto di casa a riportare tutto alla normalità?)
Ebbene
un libro che ha tutte queste potenzialità narrative, date da un
silenzio programmatico che si è imposto di non voler spiegare
troppo, si asciuga nel suo aspetto illustrativo. In simmetrica
controtendenza, nei disegni tutto appare molto descritto, rigido, normalizzato, e a un passo dallo stereotipo.
Più felici e liberi sono gli sfondi architettonici di città, e arborei di parchi e 'giungla'. Innegabile l'equilibrio compositivo delle pagine, con alcune soluzioni divertenti. Tuttavia, Anatolio e la sua tigre sembrano, al contrario, bamboleggiare davanti al lettore, come se si sentissero osservati e si irrigidissero, perdendo di spontaneità e di piacevolezza per chi guarda. E anche, purtroppo, del necessario stupore.
Ancora un po' di strada deve essere fatta...
Più felici e liberi sono gli sfondi architettonici di città, e arborei di parchi e 'giungla'. Innegabile l'equilibrio compositivo delle pagine, con alcune soluzioni divertenti. Tuttavia, Anatolio e la sua tigre sembrano, al contrario, bamboleggiare davanti al lettore, come se si sentissero osservati e si irrigidissero, perdendo di spontaneità e di piacevolezza per chi guarda. E anche, purtroppo, del necessario stupore.
Ancora un po' di strada deve essere fatta...
Carla
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