ELOGIO DELLA NOIA
Un arcobaleno tutto mio, Alessio Di
Simone, Alessandro Di Sorbo
Verbavolant 2017
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
"Oggi papà non c'era, io e
mamma abbiamo pranzato assieme.
Ho mangiato tutto.
Fuori pioveva.
C'era la cotoletta con le patatine.
Ho mangiato una mela per frutta.
Poi mamma è tornata al lavoro e io
mi sono messo a fare i compiti."
È un mercoledì pomeriggio di pioggia.
Da solo: papà è fuori, mamma dopo
pranzo deve tornare a lavorare e come per incanto la casa è tutta
sua. I compiti da fare: matematica e storia e intanto fuori piove.
Piove sempre di più. Grandi nuvoloni all'orizzonte portano un
acquazzone. In quel tempo fatto di niente, quel ragazzino guarda la
pioggia cadere; dalla poltrona la vede e la sente cadere dentro e
fuori la tazza presa dall'acquaio e messa sul balcone. Così, solo
per vedere l'effetto che fa.
A incanto si aggiunge altro incanto
nell'arcobaleno che pare nascere da quel balcone e finire dove tutti
gli arcobaleni finiscono: in una pignatta piena di oro.
È necessario partire, lo zaino è
sempre pronto, per seguirne il percorso, per arrivare alla magia. Ma
poi torna mamma.
Un pomeriggio di
noia, merce rara per bambini e bambine di oggi. In una sorta di
horror vacui, gli adulti temono la noia dei propri figli,
interpretandola come sintomo di una latente e incipiente solitudine
del soggetto annoiato, oppure come mancanza di spirito organizzativo
di che ne amministra le attività. Annoiarsi è da sfigati.
Eppure,
la noia, gli adulti di oggi dovrebbero ricordarsela molto bene. E se
non fossero distratti dalle routine quotidiane, ne concederebbero a
palate anche alle nuove generazioni. Essa, la noia, fornendo il
dovuto riposo alla mente, è spesso portatrice di grandi pensate,
progetti e idee. Perché negarsela e negarla ad altri?
Ad
evidenza Alessio Di Simone il tempo fatto di niente lo ricorda molto
bene se riesce a raccontarlo con tanta precisione. Qui, alla noia di
un pomeriggio solitario, si aggiunge la pioggia, che diventa
immediatamente attraente e oggetto di interesse.
E come
spesso accade, dopo la pioggia arriva il sereno e con lui
l'arcobaleno. Sorta di ponte 'naturale' tra la realtà e la magia,
nessuno può sottrarsi al suo fascino. I sette colori dell'iride
compaiono in un insieme armonico e soprattutto si mostrano senza
annunciarsi.
Gli
arcobaleni fanno così: un certo punto appaiono nel cielo e stan lì
e altrettanto in silenzio spariscono quando meno te lo aspetti.
Esattamente come accade anche in questo libro. In una sorta di
metalinguaggio, pagina dopo pagina, la storia di un pomeriggio
piovoso, si trasforma, colore dopo colore, in un arcobaleno
ricomposto.
Come? Ogni doppia pagina di questo leporello lungo più
di 2 metri porta con sé le sfumature dell'iride: a sinistra rosso,
arancio, giallo, verde, blu e violetto, a destra il testo che, un po'
come eco, ne ripete nella grafica la tonalità cromatica. E sul retro
il grande arcobaleno si dipana in tutta la sua lunghezza.
Ho
imparato e insegno a mia volta a ragionare sui libri mettendo in
chiaro il più possibile i punti di forza e le debolezze che essi
contengono. In questo libro convivono serenamente entrambe: la forza
sta in questa narrazione lieve, autentica nella descrizione di un
pomeriggio di noia di un bambinetto, probabilmente ripescata tra
ricordi personali; sta anche in questa lingua scritta che pare
parlata. E soprattutto sta nell'oggetto in sé che è un bel cimento
per chi ha dovuto allestirlo. Impercettibili, quasi invisibili le
giunte dei fogli, nelle mani di un sapiente quanto caparbio
professionista tipografo.
Bravo,
bravo, bravo.
La
debolezza a me pare una sola, ovvero due che, per combinazione,
aprono e chiudono il libro. All'inizio una copertina 'aliena' dal
resto delle immagini, che non sa dialogare con esse. Su questa si appoggia
un titolo un po' 'spento'. Alla fine, invece, il testo scivola su una
frase a effetto (che si guadagna anche la quarta di
copertina) che, tuttavia, suona altrettanto 'aliena', se
messa in bocca a un bambino.
I bambini vanno verso l'altrove e vivono spesso l'incanto, ma non ne parlano. Una delle differenze tra noi e loro.
I bambini vanno verso l'altrove e vivono spesso l'incanto, ma non ne parlano. Una delle differenze tra noi e loro.
Carla
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