venerdì 29 giugno 2018

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


ELOGIO DELLA NOIA
Un arcobaleno tutto mio, Alessio Di Simone, Alessandro Di Sorbo
Verbavolant 2017



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Oggi papà non c'era, io e mamma abbiamo pranzato assieme.
Ho mangiato tutto.
Fuori pioveva.
C'era la cotoletta con le patatine. Ho mangiato una mela per frutta.
Poi mamma è tornata al lavoro e io mi sono messo a fare i compiti."

È un mercoledì pomeriggio di pioggia.
Da solo: papà è fuori, mamma dopo pranzo deve tornare a lavorare e come per incanto la casa è tutta sua. I compiti da fare: matematica e storia e intanto fuori piove. Piove sempre di più. Grandi nuvoloni all'orizzonte portano un acquazzone. In quel tempo fatto di niente, quel ragazzino guarda la pioggia cadere; dalla poltrona la vede e la sente cadere dentro e fuori la tazza presa dall'acquaio e messa sul balcone. Così, solo per vedere l'effetto che fa.


A incanto si aggiunge altro incanto nell'arcobaleno che pare nascere da quel balcone e finire dove tutti gli arcobaleni finiscono: in una pignatta piena di oro.
È necessario partire, lo zaino è sempre pronto, per seguirne il percorso, per arrivare alla magia. Ma poi torna mamma.

Un pomeriggio di noia, merce rara per bambini e bambine di oggi. In una sorta di horror vacui, gli adulti temono la noia dei propri figli, interpretandola come sintomo di una latente e incipiente solitudine del soggetto annoiato, oppure come mancanza di spirito organizzativo di che ne amministra le attività. Annoiarsi è da sfigati.
Eppure, la noia, gli adulti di oggi dovrebbero ricordarsela molto bene. E se non fossero distratti dalle routine quotidiane, ne concederebbero a palate anche alle nuove generazioni. Essa, la noia, fornendo il dovuto riposo alla mente, è spesso portatrice di grandi pensate, progetti e idee. Perché negarsela e negarla ad altri?


Ad evidenza Alessio Di Simone il tempo fatto di niente lo ricorda molto bene se riesce a raccontarlo con tanta precisione. Qui, alla noia di un pomeriggio solitario, si aggiunge la pioggia, che diventa immediatamente attraente e oggetto di interesse.
E come spesso accade, dopo la pioggia arriva il sereno e con lui l'arcobaleno. Sorta di ponte 'naturale' tra la realtà e la magia, nessuno può sottrarsi al suo fascino. I sette colori dell'iride compaiono in un insieme armonico e soprattutto si mostrano senza annunciarsi.
Gli arcobaleni fanno così: un certo punto appaiono nel cielo e stan lì e altrettanto in silenzio spariscono quando meno te lo aspetti. Esattamente come accade anche in questo libro. In una sorta di metalinguaggio, pagina dopo pagina, la storia di un pomeriggio piovoso, si trasforma, colore dopo colore, in un arcobaleno ricomposto. 


Come? Ogni doppia pagina di questo leporello lungo più di 2 metri porta con sé le sfumature dell'iride: a sinistra rosso, arancio, giallo, verde, blu e violetto, a destra il testo che, un po' come eco, ne ripete nella grafica la tonalità cromatica. E sul retro il grande arcobaleno si dipana in tutta la sua lunghezza. 

 
Ho imparato e insegno a mia volta a ragionare sui libri mettendo in chiaro il più possibile i punti di forza e le debolezze che essi contengono. In questo libro convivono serenamente entrambe: la forza sta in questa narrazione lieve, autentica nella descrizione di un pomeriggio di noia di un bambinetto, probabilmente ripescata tra ricordi personali; sta anche in questa lingua scritta che pare parlata. E soprattutto sta nell'oggetto in sé che è un bel cimento per chi ha dovuto allestirlo. Impercettibili, quasi invisibili le giunte dei fogli, nelle mani di un sapiente quanto caparbio professionista tipografo.
Bravo, bravo, bravo.
La debolezza a me pare una sola, ovvero due che, per combinazione, aprono e chiudono il libro. All'inizio una copertina 'aliena' dal resto delle immagini, che non sa dialogare con esse. Su questa si appoggia un titolo un po' 'spento'. Alla fine, invece, il testo scivola su una frase a effetto (che si guadagna anche la quarta di copertina) che, tuttavia, suona altrettanto 'aliena', se messa in bocca a un bambino. 
I bambini vanno verso l'altrove e vivono spesso l'incanto, ma non ne parlano. Una delle differenze tra noi e loro.

Carla

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