lunedì 20 agosto 2018

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


UN LIBRO ESATTO

I figli del mastro vetraio, Maria Gripe, Harald Gripe
(trad. Laura Cangemi)
Iperborea 2018



NARRATIVA PER MEDI (dai 9 anni)

"Era soprannominata Svolazza perché girava sempre con un pastrano color indaco con la pellegrina, i cui lembi le svolazzavano dietro le spalle come grandi ali. In testa, poi, portava un cappello davvero singolare: una specie di collinetta viola ornata di farfalle, con la testa tutta cosparsa di fiori.
Quanto al Beltempo, la chiamavano così perché si diceva preannunciasse sempre la bella stagione."

Svolazza Beltempo, oltre a sapere quando la primavera è in arrivo, sa leggere il futuro. E quando c'è la fiera lei è lì con la sua tenda per predirlo a chi lo chieda. Non lo fa per soldi, ma per passione. La sua attività principale è però un'altra. Tessere tappeti su cui lei fa nascere tessiture che molto hanno a che fare con le sue previsioni. Insomma, Svolazza è una persona molto particolare e così anche il suo animale da compagnia, un corvo che ha perso un occhio, quello con cui era in grado di vedere il male. Ora la sua vita, quella del corvo, è tutta rose e fiori.


A quella fiera d'autunno che il villaggio di Penuria ospita ogni anno, Svolazza è presente, ma c'è anche l'intera famiglia del mastro vetraio Alberto, la moglie Sofia e i due bambini Chiara e Pietro che nel nome portano il ricordo del mestiere del padre. Di solito, Alberto alla fiera vende poco i suoi bellissimi vasi ma quella sera, un ricco e nobile signore ne compra a sufficienza perché Alberto possa finalmente fare un regalo a Sofia: un anello dalla pietra verde cangiante che lei ha notato due banchetti più in là. Sarebbe potuta essere una sera serena se non fosse stata segnata da brividi e presagi che Alberto e Sofia avvertono intorno a loro. Primo fra tutti il rifiuto di Svolazza di predire loro il futuro e la sua inspiegabile richiesta di quell'anello che Sofia porta al dito...
È alla fiera di primavera, però, che i tristi presagi si realizzano: i due bambini spariscono nel nulla perché quel ricco e nobile signore che aveva comprato i vetri di Alberto li rapisce e li porta con sé a vivere nel Palazzo dei Desideri. Lì, nella cupezza e nel silenzio, vive con la triste consorte e la servitù. Nel lusso, ma nella totale mancanza di affetto, i due bambini crescono lontano dai loro veri genitori, accuditi da una balia enorme e dispotica.
In questa situazione che sembra senza soluzione, sono fondamentali Svolazza, il suo corvo e l'anello. Ma molto deve ancora succedere.

Denso e abbondante. Nell'intreccio dei fatti così come nei temi che tocca. Ha la consistenza di una fiaba che però, lasciata momentaneamente la magia, si avventura in una direzione quasi psicoanalitica, per poi ridiventare fiaba in un finale esatto come un cerchio che si chiude.
Per questa ragione, la lettura è quanto mai stratificata; ovvero ognuno può decidere di cogliere aspetti diversi del racconto. Da una parte ci sono la fiaba e il mito: le figure femminili di Svolazza Beltempo e il suo corvo Savio (il suo occhio mancante ricorda quello di Odino), e di Nana con la sua piccola cacatua muta, o dei due sovrani consorti, che ricordano parecchio i sovrani bisbetici di molte altre fiabe. Gli oggetti che, come già in Andersen, dimostrano di avere una loro anima: i tappeti narranti, i vetri di Alberto, gli specchi che non riflettono, o le bambole-feticcio vestite di velluto. 


Altrimenti ci sono i luoghi: il profondo Nord con il suo popolo, i suoi artigiani, con i suoi carri, i suoi boschi e i suoi castelli solitari e una toponomastica a dir poco simbolica. Altrimenti ancora ci sono le atmosfere: la semplicità della vita della famiglia del mastro vetraio, la cupezza e la solitudine della vita a corte, a cui fa da colonna sonora il delicato soffio del vetro nella bottega di Alberto e il suo stridente infrangersi nelle sale vuote del castello. Non è un caso che spesso l'immaginario della Gripe sia stato paragonato a quello delle sorelle Brontë o di Edgar Allan Poe.


Chi vuole può apprezzarne il lato avventuroso e misterioso:il doloroso distacco tra genitori e figli, per ambedue inspiegabile, e la loro vita in separatezza; lo scontro finale fra il Bene e il Male che le due sorelle ritrovate, Svolazza e Nana, incarnano rispettivamente.
E in ultimo c'è l'indagine introspettiva dei personaggi che assume spesso e volentieri connotati simbolici: in particolare dei grandi di questa storia, ma non solo. Sofia, estremamente vulnerabile e sensibile, che si sente trascurata dal marito e dalla buona sorte, donna avveduta ma perennemente insoddisfatta; Alberto che, al contrario di lei, è un grande sognatore e, nonostante la povertà, dell'esistenza sa sempre cogliere il lato positivo. Oppure i due coniugi a corte, il sovrano e la sovrana, che più di tutti incarnano la difficoltà umana di relazionarsi: l'uno incapace di mettersi nella posizione di ringraziare e l'altra fermamente decisa a non esprimere alcun desiderio o ricordo. E in questo spetta a Svolazza il merito di aver sanato il conflitto tra i due, come avrebbe fatto un bravo psicoanalista. Ma anche i piccoli non sono esenti da una indagine introspettiva che assume un forte significato simbolico, quando - per esempio - si trovano davanti a uno specchio e cercano di capire se sono davanti al loro doppio, o quando la loro immagine scompare e pensano di non esistere più, o ancora quando si vedono cresciuti, e riflettono sul loro triste destino.
E oltre a tutto questo c'è una scrittura felice (che tale rimane nella traduzione), attenta e studiata che alterna, al passato per descrivere la dilatazione della fiaba, alterna il presente per dare corpo all'azione. Contributo non irrilevante è dato dalle figure di Harald Gripe. Prima scenografo e pittore, quindi illustratore di molti libri della moglie, spesso disegnava attraverso la linea bianca incisa su fondo nero che crea l'effetto dell'incisione e rende magnificamente le atmosfere oscure (purtroppo un po' impastate nella porosità della carta) di un tempo al di là del tempo.
Insomma ce n'è per tutti.

Carla

Noterella al margine: Con I figli del mastro vetraio Maria Gripe, autrice che ha ricevuto anche l'ALMA, ha vinto l'Hans Christian Andersen nel 1974. Dal racconto, già pubblicato da Mondadori nel 1988, è stato tratto anche un film nel 1998 intitolato I figli del soffiatore di vetro di Anders Grönros.

Nessun commento:

Posta un commento