LA MORTE È QUESTIONE VITALE
Il grande regalo
di Tasso, Susan Varley (trad. Sara Marconi)
Il Castoro, 2018
ILLUSTRATI PER PICCOLI
"Tasso era così
vecchio che sapeva che presto sarebbe morto. Tasso non aveva paura
della morte. Morire voleva dire solamente abbandonare il corpo e,
dato che il suo corpo non funzionava più così bene come una volta,
la cosa non lo preoccupava troppo."
Più
di qualcuno però si sta preoccupando: tutti gli amici di Tasso
davanti alla sua porta aspettano che lui esca a salutare, come ogni
mattina. Quel giorno però la porta non si apre ed è la Volpe a dare
la triste notizia, Tasso è morto, e a leggere la lettera che lui ha
lasciato per tutti loro e che, con tono sereno, annuncia di aver
imboccato la Lunga Galleria.
La
tristezza stringe loro il cuore, in particolare quello di Talpa è
pieno di solitudine e smarrimento. Arriva l'inverno e ognuno per sé
nel tepore di casa tenta di non essere triste. Senza grande successo.
Fino al momento del disgelo quando tutti si rivedono e cominciano a
parlare di lui e delle cose che Tasso ha insegnato loro: ritagliare i
festoni, pattinare sul ghiaccio, o farsi il nodo alla cravatta o fare
un'ottima frolla per i biscotti. Ricordo dopo ricordo, arriva il
disgelo, anche nei loro cuori, e quando pensano a lui non spuntano
più le lacrime ma dei sorrisi nel ricordarlo e nel constatare quanto
importanti siano stati i regali che lui ha fatto a ciascuno di loro.
E
anche il giovane e inconsolabile Talpa prova a suo modo a dirgli
grazie, a bassa voce. E non resta inascoltato.
Basta
guardare il cielo. È in quella direzione che Talpa punta il suo
naso morbido ed è infatti in quella direzione spesso si dirigono gli
occhi e i pensieri quando vogliamo 'parlare' con chi non c'è più. E
tutto questo non ha niente a che fare con il paradiso, quanto
piuttosto con l'orizzonte e la lontananza.
Tasso
è morto e la questione è vitale. E lo è talmente che è finita su
un libro per bambini, un bel libro per bambini.
La
caratteristica più che consueta che tiene insieme i già pochi libri
(per la quasi totalità d'importazione) che sull'argomento dibattono,
è la retorica.
Si
contano sulla punta delle dita i libri sulla morte che per esempio la
chiamino con il suo nome, morte, senza tema di essere rimessi sugli
scaffali delle librerie e non comprati (perché tristi). E ancora
meno sono quelli che dicono che si sta male da 'morire' quando
qualcuno muore. E ancora meno sono quelli che descrivono con la
lucidità dovuta i passaggi doverosi della mente e del cuore per
elaborare il lutto.
Di
tutto questo mi pare ci sia dovizia in questo libro, che per fama
mondiale e per anzianità (1984), può considerarsi un classico.
Un
classico sembra esserlo anche a guardare come è costruito: a destra
grandi tavole incorniciate a piena pagina, mentre a sinistra un testo
che si prende i suoi tempi e i suoi spazi ed è sormontato da un
piccolo disegno scontornato. Perfetto sarebbe stato con una carta uso
mano che ne avesse' impastato' un po' i toni. Ma pazienza.
Classico
e molto 'britannico', il tipo di segno della Varley: tanto tratteggio
a china e acquerello. Bellissime alcune inquadrature: una su tutte
quella Volpe che se ne va camminando pensierosa nella neve con le
zampe (?) dietro la schiena.
Classico
è ancora l'uso di antropomorfizzare tutti gli abitanti del bosco che
sfoggiano cravatte regimental, crinoline, maniche e pantaloni a
sbuffo e un extravagante giubbotto jeans che a qualcosa allude di
certo. Beatrix Potter rules.
Un
ulteriore merito del libro sta nell'asciuttezza dei passaggi
narrativi che la bella traduzione di Sara Marconi rispetta e
qualifica grazie a un coraggioso ripetersi di congiuntivi sistemati a
dovere.
È
dunque un bel libro sulla morte che la lega all'idea di regalo,
ovvero a un concetto positivo. Il regalo che Tasso fa a ciascuno di
loro sta nel suo intento di accendere passioni e coltivare
attitudini.
È
certo che parlare e ragionare di morte in termini accademici risulta
complicato, molto meglio farlo attingendo al vissuto di ciascuno. E
così ogni amico di Tasso cerca un proprio personale legame con lui
che lo tenga stretto a sé nella memoria. Una delle funzioni di non
dimenticare è proprio questa: tenere unito il presente al passato.
L'altro passaggio è il parlarne assieme, perché parlandone la morte
fa molta meno paura (se lo capissero una buona volta gli adulti che i
libri tristi li rimettono a scaffale...).
L'esperienza
personale in tal senso lo conferma. Per mesi non ho fatto altro che
raccontare, e quindi in qualche modo evocare, mio padre agli altri.
Per mia madre invece ho attraversato gli oggetti che le
appartenevano. In entrambi i casi, dopo un po' è sceso un sano
silenzio e, come Talpa, ho avviato con entrambi un dialogo a due.
Che, guardando il cielo, continua, all'occorrenza.
Ben
vengano libri tanto onesti.
Carla
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