DARE VOCE A CHI NON L’HA
Ultimo come data di pubblicazione
italiana, primo come data di pubblicazione originale, ‘Il pavee e
la ragazza’ chiude la collana a lei dedicata dall’editore
Uovonero, che con grande intelligenza ha scelto di tradurre l’opera
di Siobhan Dowd.
La Dowd è stata un personaggio anomalo
nel panorama editoriale, votata com’era a sostenere, con i suoi
romanzi e la sua fondazione, le ragioni di chi non ha voce.
Quello che viene pubblicato ora è un
racconto lungo, illustrato da Emma Shoard, entrato in una antologia
dedicata al razzismo e racconta la situazione di una popolazione
nomade irlandese, i pavee, vicini per stile di vita ai nostri
zingari, termine più rispondente e onnicomprensivo della
molteplicità dei gruppi nomadi.
Dunque, la storia: il protagonista è
Jim, che vive con la famiglia in un accampamento vicino a Dundray,
circondati, ovviamente, dall’ostilità della comunità locale.
Lui e gli altri ragazzi sono costretti
ad andare a scuola, dove ogni pretesto è buono per farli oggetto di
scherno, di insulti, minacce. C’è ovviamente una banda di bulli,
capitanata da Moss Cunningham, che cerca costantemente l’occasione
per dargli una lezione, ma c’è anche Kit, una ragazzina
dall’uniforme troppo larga e con un pessimo padre. Fra Kit e Jim
nasce prima una grande amicizia, lei gli insegna a leggere qualche
parola, poi qualcosa che assomiglia all’amore.
Ma, c’è sempre un ma quando le cose
sembrano filare per il verso giusto, c’è una brutale perquisizione
nel campo, con l’invito esplicito ad andarsene; e una altrettanto
brutale aggressione a Declan, il più piccolo e delicato fra i
ragazzi nomadi. Dunque, non ci vuole molto a decidere fra rimanere e
combattere, o lasciare la verde terra d’Irlanda, imbarcandosi su
una nave.
Nel salutare Kit, Jim le regala un
sasso, scelto fra i tanti bagnati dal mare, simbolo di un legame che
comunque resterà, se non altro nel ricordo.
Due osservazioni su questo libro: in
primo luogo la capacità dell’autrice, che a questo ha dedicato la
vita, di raccontare gli ultimi, quelli che vivono ai margini o forse
sono solo un po’ diversi, senza retorica, senza un preponderante
impegno pedagogico nei confronti della lettrice e del lettore. La
Dowd ci racconta questa diversità, questo mondo che
indiscutibilmente ha luci e ombre, senza contrapporre noi e loro,
loro, i pavee buoni e noi, i buffer, o i gagé, o gaggi, come ci
chiamano i rom, cattivi. La realtà è complicata e talvolta l’unico
modo di continuare a essere se stessi è fuggire.
Il secondo aspetto, collegato al primo,
è la capacità di farci entrare nella testa di questi presunti
‘diversi’, di descriverceli con quel senso di comune umanità che
contraddistingue la Dowd. Ragazzi come tutti gli altri, alla ricerca
di un contatto con un mondo che li respinge ai margini.
Infine, soprattutto in considerazione
del fatto che questo è l’ultimo volume degli scritti di Siobhan
Dowd, un ringraziamento all’editore, Uovonero, che tanta cura e
attenzione ha messo nel tradurre questi testi. Cura, attenzione che
si colgono nella scelta delle parole, nell’accuratezza della
traduzione, nella valorizzazione di un testi che sono diventati un
riferimento nelle letture dei ragazzi di oggi.
Direi che in tempi come questi, in cui
la classifica degli esclusi si allunga ogni giorno di più, consiglio
la lettura in classe per ragazzi e ragazze a partire dagli undici
anni.
Eleonora
“Il pavee e la ragazza”, S. Dowd
con le illustrazioni di E. Shoard, Uovonero 2018
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