I FANTASMI DI SNOW CASTLE
La parola che meglio può definire il
nuovo romanzo di Sonya Hartnett, ‘I figli del Re’, pubblicato da
Rizzoli, è ‘complessità’. Complessità della trama, che vede
due narrazioni parallele, una al presente, un presente ambientato nel
1940 in Inghilterra, e l’altra, che si incastra nella prima sotto
forma di racconto leggendario, ambientato negli stessi luoghi ma
cinque secoli prima. Complessità dei personaggi, che accogliamo
all’inizio con una certa impressione di vacuità e che acquistano
una forte caratterizzazione nel corso della narrazione. Complessità
del tema, che sottende il racconto vero e proprio: la guerra, il
coraggio, il diventare grandi. E, ancora una volta, l’abbandono
dell’infanzia, segnato da un evento traumatico.
Andiamo con ordine; intanto la trama,
che parte da una Londra impaurita, in attesa dei primi bombardamenti;
qui vive la famiglia, facoltosa e importante, di Cecily e Jeremy.
Partono insieme alla madre e ad una piccola sfollata, destinazione la
tenuta dello zio Peregrine, nel lontano Nord. In questa tenuta ci
sono anche le rovine di un antico castello, Snow Castle.
Jeremy, un quattordicenne intriso della
retorica del ceto cui appartiene, freme per partecipare in qualche
modo allo sforzo bellico, mentre la sorella più piccola è impegnata
a dimostrare la sua importanza a scapito della piccola sfollata May,
il cui padre è morto in Francia, sul campo. Heloise, da brava
signora dell’alta società, pensa di avere tutto sotto controllo e
di gestire la vita dei figli ancora ‘bambini’.
Su tutti veglia lo zio Peregrine, con
un grande lutto alle spalle e una gamba poliomielitica che gli ha
impedito di partecipare alla guerra. Le giornate trascorrono
relativamente tranquille, mentre le bambine scorrazzano in libertà,
seguite dal terranova dello zio. Nel corso di queste incursioni, le
due bambine perlustrano le rovine di Snow Castle, imbattendosi in due
ragazzi dall’aspetto inconsueto.
Negli stessi giorni lo zio Peregrine
comincia a raccontare la storia delle rovine, storia che ha a che
vedere con l’affermazione della casata Tudor nella lotta per la
corona d’Inghilterra. Si parla di omicidi, tradimenti e soprattutto
della segregazione di due ragazzi, di cui il più grande legittimo
erede al trono di Inghilterra. La vicenda mi sembra corrispondere
all’ascesa al trono di Riccardo III nel 1483. La vicenda in realtà
si svolse a Londra e il giovane erede al trono insieme al fratello
furono reclusi nella Torre di Londra. Una storia truce, piena di
crudeltà e che vide la lunga prigionia e poi la morte di due
innocenti.
I due ragazzi incontrati da Cecily e
May sono dunque due fantasmi imprigionati nel loro destino?
Nel frattempo Jeremy fugge, per
dimostrare a se stesso e al mondo di essere in grado di affrontare la
sua prova di coraggio. Il suo obbiettivo è raggiungere Londra, ormai
oggetto di quotidiani bombardamenti nemici.
Qui diventa necessario soffermarsi sui
personaggi, che mutano improvvisamente ruolo al momento della
scomparsa di Jeremy: Heloise, da gran dama altezzosa e distante si
trasforma in una madre come tante altre, che, nel difendere la vita
del figlio, esprime il suo disprezzo per la guerra e per chi la vuole
a tutti i costi, mettendo in dubbio l’etica che dovrebbe
giustificarla. Cecily è accecata dalla paura e scaglia le sue ire
su May, che si dimostra la più forte, la più fiera figura di
resistente. Infine Jeremy stesso, travolto dalla sua idea romantica
di eroe, che torna dalla sua avventura londinese vittorioso e
sconfitto nello stesso tempo. Cecily e Jeremy scoprono la realtà del
loro padre mitizzato come un eroe, in realtà un normale banale
borghese che utilizza i suoi privilegi. Vedere i genitori per quello
che sono è uno degli aspetti del diventare grandi, lasciandosi alle
spalle il mondo infantile fatto di eroi e regine. Così come vedere
direttamente la furia distruttrice della guerra ne demolisce il
fascino romantico.
Ho cercato di ragionare sulla funzione
che nella narrazione è svolta dal racconto di Snow Castle, i cui
evanescenti abitatori svaniscono alla fine del libro. Questi
incontri, fra le due bambine e i due fratelli, al limite fra
immaginazione e realtà, servono soprattutto ad introdurre un
racconto che è una descrizione amara del potere, di ciò che le
persone fanno in nome di esso e delle conseguenze che ne derivano.
C’è molto da discutere in questo romanzo: una descrizione molto
dura della borghesia, dei privilegiati che si dibattono in dilemmi
etici quando gli altri combattono e muoiono; ma nello stesso tempo
un’idea disincantata della crescita, che alla fine non è altro che
allinearsi alle idee degli altri e corrispondere al futuro che altri
hanno immaginato; e la figura un po’ troppo frivola e superficiale
di Cecily, che a dodici anni riveste il ruolo di ‘bambina’
viziata.
E’ quindi una lettura che richiede
impegno e attenzione e che consiglierei a partire dai tredici anni.
Eleonora
“I figli del Re”, S. Hartnett,
Rizzoli 2018
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